5.9.08

Precarie in 'strip-conferenza' su YouTube per il diritto al lavoro

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Precarie nude contro i licenziamenti. E' su youtube la protesta delle ex centraliniste dell'ospedale di Legano

"Venerdi' saro' nuda come tutti i precari, venerdi' saro' nuda come tutte le lavoratrici senza sicurezza, venerdi' saro' nuda perche' nessun Governo mi ha vestito di diritti, venerdi' saro' nuda perche' non ho reddito di cittadinanza, venerdi' saro' nuda come mi ha lasciato la legge Biagi": una dopo l'altra, tutte in kimono, le 11 precarie licenziate dall'ospedale di Legnano tornano su You Tube per lanciare l'invito alla 'strip-conferenza' di domani.

L'appuntamento, fissato alle 11 al teatro della Cooperativa di Milano, sara' mandato in diretta, ovviamente web, da c6.tv. Nell'occasione, le precarie che, dopo aver perso il lavoro, tre giorni fa si erano messe all'asta sempre su You Tube, lanceranno uno sciopero generale di tutte le precarie e i precari per il 19 settembre.

"Venerdi' mattina sara' possibile vederci senza veli, non abbiamo paura di mettere in gioco i nostri corpi - dichiara Ornella Cameran, collega delle licenziate e rappresentante Rdb-Cub di Legnano - gia' siamo gia' state spogliate dei diritti". Oltre a giornalisti, tv e fotografi, le precarie invitano alla conferenza anche eventuali nuovi datori di lavoro.

Precaria per sempre

5/9/2008
La storia di Luisa Prisco, una delle 400 rimaste senza posto a Napoli, dove insegnerà solo chi è di ruolo
FLAVIA AMABILE



A Napoli quest’anno i maestri precari restano precari.
Non ce ne è uno che abbia avuto una supplenza annuale: quando pochi giorni fa sono state pubblicate le tabelle con le assegnazioni nelle scuole primarie, c'era da rimanere senza parole: nemmeno un posto, nemmeno mezzo. Precari erano, precari resteranno. Erano 400 nel 2007: avevano avuto un incarico da settembre a giugno ma avevano lavorato. «Ora nulla, tutti e 400 resteremo a casa».

Luisa Prisco è una di loro. Ha 35 anni, vive a Somma Vesuviana, hinterland napoletano. In dieci anni di precariato è riuscita a mettere al mondo due figli, la prima di 8 anni, il secondo di 2. All’improvviso il suo stipendio si è volatilizzato. «Per fortuna almeno mio marito lavora, ma non è giusto cancellarci così come se non esistessimo. Persino quando si è trattato di fare le ultime correzioni alle liste hanno preferito trasferire chi non era a Napoli, e per i precari ancora una volta nulla».

Luisa e le altre maestre e maestri cancellati dagli elenchi si rendono conto di non avere speranze e che l’anno prossimo andrà ancora peggio, e fra due anni pure. «Ora arriva il maestro unico: se prima erano tre, ne resta uno. E gli altri due? E’ chiaro che ci saranno sempre meno posti, è chiaro che si andrà verso il blocco delle assunzioni. E io e tutti gli altri che cosa dobbiamo fare? Cambiare lavoro?»

Un’alternativa ci sarebbe, Luisa lo sa perché già una volta ha fatto le valigie ed è andata a insegnare al nord. Era l’autunno del 2004. «Mia figlia aveva tre anni e mezzo, per fortuna andava all’asilo. Ogni domenica la salutavo e partivo. Lei restava con mia mamma dopo l’asilo, e poi con mio marito quando lui tornava a casa dal lavoro. Non è stato facile sparire così dalla vita di una bambina ancora così piccola. E alla fine i soldi li spendevo tutti per viaggiare e per vivere. Perché sono andata? Perché me lo avevano consigliato: se resti qui, stavolta non hai l’incarico. E così sono partita».

Sarebbe stato più logico trasferirsi tutti e sperare di diventare di ruolo come hanno fatto buona parte dei nuovi docenti catapultati nelle scuole materne di Napoli. Molte di loro sono donne, giovani, probabilmente senza figli, hanno insegnato nelle scuole del nord quanto bastava per entrare nell’organico definitivo. Quest’anno hanno chiesto il trasferimento e potranno insegnare nelle scuole della loro città. «Anche se hanno molti anni di insegnamento in meno rispetto a me e rispetto a tante altre di noi. Noi non potevamo partire: ma mio marito aveva un lavoro, qui abbiamo la casa, non ce la siamo sentita».

E’ anche così che si diventa precari e si finisce in una casella vuota. Pensi ai tuoi figli, a tuo marito, fai un po’ di conti e nel frattempo lo Stato, più veloce, ti sconvolge i calcoli e ti toglie lo stipendio. Sono lontani gli Stati Uniti, Sarah Palin, le donne che devono avere ‘pari opportunità, senza eccezioni’. E se in Alaska l’unica differenza fra una hockey mom e un pitbull è il rossetto, a Somma Vesuviana dove l’hockey non è considerato uno degli sport più praticati e il rossetto può diventare un lusso eccessivo, sembra di veder andare in giro solo pitbull sotto forma di mamme in lotta con la vita.

Quest’anno nessuno le aveva avvertite Lucia e le altre. Si sentivano abbastanza tranquille. «L’anno scorso ho insegnato in una quarta elementare. Matematica, inglese e musica per 22 ore la settimana più altre due di programmazione. Si erano affezionati a me i miei alunni». Ma il distacco, quello almeno, è messo nel conto del maestro precario. Lo sa che deve imparare i nomi di tutti a settembre e dimenticarli a giugno. I problemi iniziano quando il settembre successivo non ha più nomi da imparare.

Luisa ha girato tante scuole dell’hinterland napoletano. «Ho iniziato in una scuola paritaria ma ci sono restata solo per un anno. Avevo tutti i requisiti per entrare in graduatoria e diventare di ruolo, sono passata alle scuole pubbliche». Ha insegnato ai bambini di Ponticelli, zona ad alto tasso di camorra, dove a maggio per risolvere il problema dei rom hanno pensato bene di dare fuoco al loro campo. Ha insegnato a San Giuseppe Vesuviano e anche a Ischia. «Quando si ha a che fare con classi di questo tipo ci si fa un’esperienza che nessun punteggio potrà mai valutare».

E adesso? «Potremmo fare ricorso ma passerebbero anni prima di ottenere una sentenza. Qualcuno ci dice che esiste un progetto pubblico da 30 mila euro che permetterebbe a molti di noi di lavorare ma ho grossi dubbi che possa andare in porto. Per ora sto facendo dei tentativi nelle scuole paritarie. Ma chi toglierebbe il posto a qualcuno per darlo a me?».

11.7.08

Nel 2010 in Cina ci saranno 797 milioni di lavoratori: il più grande mercato del lavoro al mondo

Giorgio Mele
Per gentile concessione di "Limes, rivista di geopolitica"

da Liberazione dell'11 luglio 2008

Giorgio Mele
Per gentile concessione di "Limes, rivista di geopolitica"
Nel 2010 in Cina ci saranno 797 milioni di lavoratori: il più grande mercato del lavoro al mondo. Un mercato con poche regole e pochi diritti, selvaggio e complesso, che sta cambiando drasticamente gli equilibri geopolitici ed economici del pianeta, a cui guardano con at- tenzione, avidità e talvolta con una certa preoccupazione tutte le economie occi- dentali. Fino alla morte di Mao la Cina non aveva un vero mercato del lavoro. Era direttamente il Partito comunista cinese a programmare le assunzioni nei diversi comparti e a stabilire in mancanza di relazioni industriali e contrattuali i trattamenti economici e normativi. Subito dopo la morte di Mao, il gruppo dirigente del Pcc avvia con cautela e determinazione un'apertura alle logiche di mercato.
Il processo di riforma dell'economia cinese inizia nel 1978 con la riforma delle aree rurali, cui seguirà nel 1984 quella delle aree urbane. Obiettivo: incentivare una maggiore mobilità del lavoro e superare il monopolio statale dell'allocazione delle risorse al fine di creare per la prima volta un mercato del lavoro meno vincolato, più efficiente e decentrato.
Nel 1992, dopo quasi dieci anni di riforme tese a stabilizzare una economia socialista di mercato, il governo si propone di ridefinire gli assi principali dell'economia incoraggiando lo sviluppo di elementi economici diversificati; la creazione di un moderno sistema di impresa per rispondere alle necessità di un'economia di mercato, un sistema di mercato unificato e aperto in tutta la Cina per mettere in collegamento il mercato interno con quello internazionale.
Viene inoltre avviata la trasformazione del management per stabilire un controllo complessivo sull'evoluzione del sistema e incoraggiare aree e gruppi di impresa. Al contempo, viene formulato un piano di sicurezza e stabilità sociale sia per i residenti delle aree rurali che per quelli delle aree urbane, così da promuovere sviluppo economico insieme a sicurezza e stabilità sociale. Con queste riforme il sistema socialista di mercato si trasforma completamente, a causa del ruolo assolutamente preponderante assunto dal capitale privato interno e internazionale, pur nel contesto di un saldo controllo pubblico del macrosistema.

In questi anni la Cina è diventata il sogno e la meta ideale di ogni capitalista dell'orbe terracqueo, l'Eldorado dove tutto è possibile, in primo luogo arricchimenti e profitti come non se ne vedevano in Occidente dal 1847.
Ed è stata corsa spasmodica per accaparrarsi i posti migliori, nei distretti intorno a Shenzhen, nella fascia costiera del Sud-Est o altrove: Nike, Adidas, Mattel, Walt Disney e altre centinaia di migliaia di imprese americane ed europee, comprese quelle di casa nostra.
La base su cui si regge questo Eldorado sono le condizioni misere dei lavoratori e della classe operaia cinesi. Tutti gli osservatori e gli analisti sono concordi nell'affermare che il programma di protezione sociale è stato completamente disatteso ed è venuta emergendo una colossale questione sociale fatta di abbandono forzato delle campagne, migrazioni di massa verso le città, bassi salari, sfacciato arbitrio padronale, mancanza di diritti sindacali, sfruttamento della manodopera femminile e di quella infantile. Quanti giocattoli della Disney sono stati costruiti dalle mani martoriate dei bambini cinesi? Per confezionare un paio di Timberland che in Europa costano oltre 150 euro nella città di Zhongshan un ragazzo di 14 anni guadagna 45 centesimi di euro. Il salario medio si aggira attorno ai 900 yuan al mese per un orario che per i ragazzi può toccare le 15 ore al giorno.
Le condizioni di lavoro sono molto pesanti sia nelle imprese pubbliche che in quelle private locali o occidentali. Spesso manca qualsiasi protezione, non vi sono misure adeguate di prevenzione. Infatti il numero degli incidenti sul lavoro è molto elevato. Molti lavoratori vengono dalle campagne e spesso dormono e vivono ammassandosi in 10 o 12 per stanza in edifici di proprietà dell'azienda. Non è raro che per questo «servizio» vedano decurtato il proprio salario mensile del 40%.
Le gravose condizioni di lavoro hanno prodotto, a partire dalla fine degli anni Ottanta, una diffusa tensione sociale a cui il governo ha risposto nel tempo con provvedimenti parziali e spesso con la repressione. All'inizio degli anni Novanta, con l'abolizione della quota programmata di assunzioni da parte delle imprese pubbliche scompariva un ammortizzatore sociale che aveva nel passato garantito stabilità, standard retributivi uniformi. Con il decentramento e la progressiva liberalizzazione delle logiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro si innescano le prime tensioni sul mercato del lavoro che il governo gestisce con l'introduzione di un primo sussidio di disoccupazione per i lavoratori delle aree urbane.

Il governo cinese ha risposto varando una serie di provvedimenti legislativi tesi a regolare i rapporti di lavoro e i contratti collettivi di lavoro. Nel 1992 viene approvata la Trade Union Law, in cui si afferma che le organizzazioni sindacali possono firmare contratti collettivi di lavoro con le direzioni delle aziende. È la prima volta che i contratti collettivi vengono menzionati nella legislazione cinese sul lavoro.
Il provvedimento più importante del decennio Novanta è stata la Labour Law del 1994, con cui i contratti collettivi diventano una possibilità reale. Con questo provvedimento si interviene con maggiore precisione sulla natura e sugli obiettivi dei contratti collettivi di lavoro. La legge permette - ma solo nelle aziende con almeno 25 addetti - ai lavoratori e alle imprese di poter siglare contratti collettivi o particolari accordi su salari, orario di lavoro, sicurezza, ferie, salute, assicurazioni e welfare. La legge afferma, anche qui per la prima volta, il carattere pienamente legale dei contratti collettivi, ulteriormente ribadito da una circolare del ministro del Lavoro del dicembre dello stesso anno in cui si indicano le linee guida di implementazione del sistema dei contratti collettivi. La legge stabilisce che i contratti collettivi possono essere siglati da sindacati rappresentativi, ma laddove il sindacato non esiste essi possono essere firmati da rappresentanze scelte dai lavoratori e dalle imprese. Con il successivo documento Regulations on Collective Contracts, emanato dal ministro del Lavoro, viene stabilito che i lavoratori possono eleggere i loro rappresentanti. Se in un'azienda non vi è un sindacato, i lavoratori possono nominare la loro rappresentanza, che deve ottenere il voto favorevole della maggioranza dei lavoratori di quell'azienda.
In Cina, ancora oggi, l'unico sindacato riconosciuto per legge è la All China Federation of Trade Union (Acftu), che detiene il monopolio della rappresentanza. Tale monopolio fino alla fine degli anni Ottanta era assoluto e si esercitava nel far rispettare nei luoghi di lavoro le direttive del partito. Dagli inizi degli anni Novanta però, con i processi di privatizzazione, il panorama delle relazioni all'interno alle aziende comincia a diversificarsi e lo sviluppo dei primi veri conflitti sui luoghi di lavoro mette in difficoltà l'Acftu, che nel congresso nazionale dell'ottobre 1993 deve riconsiderare e allargare il proprio ruolo. (...)

Subito dopo l'approvazione della Labour Law il ministero e il sindacato affermano priorità differenti. Il principale obiettivo del ministero è promuovere contratti individuali all'interno delle imprese, mente l'Acftu concentra il suo impegno sui contratti collettivi. Questa diversità di intenti non deve far pensare a un conflitto acuto con il governo o con il partito. Come sottolinea il China Labour Bulletin , l'Acftu è sempre stato legato strettamente al Partito comunista ed è credibile che i dirigenti del sindacato abbiano avuto un via libera dal partito prima di impegnarsi per la promozione dei contratti collettivi. Se tale permesso non fosse arrivato la autonoma promozione del sistema di contrattazione collettiva da parte dell'Acftu sarebbe stato seriamente compromesso.
Alla fine del 1995 infatti su 2,5 milioni di imprese solo 48.431 hanno sottoscritto un contratto collettivo. Per molte organizzazioni sindacali locali la promozione del sistema di consultazione collettiva «non era qualcosa che potesse essere fatto semplicemente per il desiderio del sindacato (attraverso una spontanea e libera contrattazione); esso richiedeva la stretta collaborazione delle direzioni aziendali, il riconoscimento delle agenzie del governo, un alto livello di supporto dai dipartimenti impegnati nella riforma del sistema, il sostegno e la comprensione dell'opinione pubblica».
In alcune aziende le rappresentanze sindacali locali costituiscono gruppi di lavoro composti da lavoratori e funzionari del partito per studiare e promuovere il sistema di contrattazione collettiva. Questi gruppi di lavoro elaborano un modello contrattuale fondato su un processo di concertazione con tutti i soggetti sociali e istituzionali nelle singole aree più che su una genuina e libera dialettica contrattuale aziendale. Ne scaturisce un processo che promuove la contrattazione a partire dall'alto, con uno schema che si applica a cascata a tutte le realtà produttive.
Questo è lo schema con cui l'Acftu promuove su larga scala, dopo il 1996, il sistema di contrattazione collettiva. Infatti a partire da quella data i contratti collettivi sono promossi attraverso una concertazione tripartita tra sindacato, ministero del Lavoro e associazione nazionale delle imprese.

L'Acftu si decide allora a impegnarsi attivamente nella campagna per l'estensione dei contratti collettivi a partire dalle aziende di Stato. Tuttavia incontra grandi ostacoli, perché proprio in quegli anni il governo mette in atto il programma di privatizzazione di massa delle aziende pubbliche, durante il quale centinaia di migliaia di queste aziende vengono chiuse, fuse, rilevate o liquidate, e milioni di lavoratori vengono licenziati. (...)
I contratti collettivi normano, oltre al salario, altri temi specifici del mondo della produzione. Ad esempio i contratti specifici sui diritti delle donne lavoratrici, specialmente nelle imprese di servizio dove c'è la più grande concentrazione di occupazione femminile. I contratti riguardano per lo più i congedi di maternità, esami ginecologici, ma mai casi di molestie sessuali o di sfruttamento. (...)

Il giudizio negativo sull'efficacia dei contrati regionali lo si può estendere a quasi tutti gli accordi stipulati in questi anni. Le condizioni delle maestranze nella Repubblica Popolare Cinese rimangono pesanti, salvo alcune nicchie di alcuni comparti dei settori alti della produzione, in cui anche i salari sono notevolmente aumentati. Il processo di sindacalizzazione non ha prodotto ancora un progresso significativo per i lavoratori cinesi né in termini di potere d'acquisto né in termini di diritti.
Come sottolinea il China Labour Bulletin condizioni del rapporto tra lavoratori e aziende è come quello nel periodo iniziale della rivoluzione industriale. L'impatto di questa situazione sui diritti e sulle condizioni dei lavoratori è drammatico.
Si è perciò avuto in questi anni un considerevole aumento delle proteste operaie con scioperi, cortei, sit-in. È cresciuto il numero delle vertenze rilevate presso i vari Labour Dispute Arbitration Committee (Ldac). Le vertenze e le proteste investono sia le aziende nazionali che quelle con investimenti provenienti da Taiwan e Hong Kong - concentrate nella fascia costiera del Sud-Est - sia le grandi industrie occidentali. La maggioranza dei lavoratori di queste compagnie sono migranti dalle terre più povere e meno sviluppate della Cina che hanno deciso di non sopportare più le drammatiche condizioni in cui erano costretti a vivere. (...)
Le proteste aumentano negli anni successivi. Il 2007 è caratterizzato da un incremento considerevole degli scioperi operai, specialmente nella zona del Dogguan.
È importante ricordare alcune battaglie sindacali condotte direttamente dall'Acftu con alcuni colossi occidentali, come il braccio di ferro con Wal-Mart, il gigante americano della grande distribuzione, costretto ad accettare l'ingresso dei sindacati nei suoi ipermercati in Cina.

Nel quadro piuttosto grigio che abbiamo finora descritto, si è insomma aperto e sviluppato un ciclo di lotte di un certo peso, specie negli ultimi anni. Sicché il governo cinese è stato costretto a dare un segnale di risposta alla crescente insofferenza delle classi lavoratrici. Alla fine del 2005 sono stati innalzati i minimi salariali e nel 2006 è stata approvata una legge che stabilisce l'innalzamento degli standard del welfare nelle aree urbane.
Sempre nel 2006 la dirigenza del Partito comunista cinese ha deciso di proporre una nuova legge sui contratti di lavoro che avesse l'obiettivo di migliorare i diritti dei lavoratori. La tutela dei lavoratori rientrava in una correzione di rotta più vasta imposta dal presidente Hu Jintao. Diversamente dal suo predecessore Jiang Zemin, che passava per «americano», Hu Jintao ha manifestato simpatia per una sorta di modello socialdemocratico che si ispira al capitalismo sociale di alcuni paesi europei. In molti discorsi Hu Jintao e il suo premier Wen Jiabao hanno messo l'accento sulla stabilità sociale dello sviluppo. Altre parole d'ordine di questa nuova politica sono la tutela dell'ambiente, la lotta alla corruzione, il riequilibrio della crescita a favore delle zone più arretrate, la costruzione di un Welfare State (pensioni e sanità). (...)
La legge è stata approvata nel giugno del 2007 ed è entrata in vigore il 1°gennaio del 2008, accogliendo alcune delle richieste delle grandi corporations occidentali, il cui atteggiamento dimostra quanto sia falsa la loro preoccupazione per i diritti umani, specialmente quando si parla di lavoro e di profitto. Negli ultimi mesi del 2007 molte aziende hanno messo in campo mille espedienti per eludere la nuova normativa: alcune hanno tentato di licenziare e poi riassumere i loro dipendenti che avevano maturato un'anzianità in base alla quale avrebbero potuto avanzare nuovi diritti in forza delle nuove norme.
Per i sindacati europei, che in questi anni hanno accresciuto i loro rapporti con il mondo sindacale cinese e sono impegnati direttamente in corsi di sindacalizzazioni in varie aziende a capitale straniero, la legge è formalmente un significativo passo avanti nella legislazione sul diritto del lavoro. Essi sottolineano che la nuova normativa è valida per tutti i luoghi di lavoro, sia pubblici che privati. Ciò potrebbe avviare la regolarizzazione della situazione di milioni di lavoratori, donne e uomini sottoposti a pesante sfruttamento, in primo luogo quei migranti che hanno lasciato la loro terra e coloro che hanno subito l'emarginazione dal ciclo produttivo a causa delle privatizzazioni.
Secondo la legge, tutti i lavoratori devono avere un contratto scritto e se un imprenditore si sottrae a questo obbligo qualunque rapporto si intende a tempo indeterminato. I lavoratori possono dimettersi entro 30 giorni e non sono tenuti al preavviso se il loro datore di lavoro è inadempiente nei loro confronti. Si prevedono sanzioni nei confronti dei funzionari che non fanno rispettare le norme sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Viene in parte scoraggiata la pratica dei contratti a tempo determinato, che possono essere rinnovati solo due volte. Vengono introdotti alcuni limiti ai licenziamenti. Viene rafforzato il ruolo dei sindacati, che devono essere consultati sui regolamenti aziendali, per la conclusione dei contratti, in caso di dismissioni per ragioni economiche. (...)
La speranza dei sindacati europei è che questa legge possa aprire un'epoca di allargamento dei diritti per tutti i lavoratori cinesi. Il limite più grande è che ancora non viene riconosciuta la libera dialettica sindacale e la costituzione di altri sindacati, quindi permane il rischio che le cose continuino come negli anni precedenti. Ma da quando la legge è entrata in vigore sono cresciuti i casi di contenzioso e il risultato è stato finora quasi sempre a favore dei lavoratori. È comunque evidente che la gestione di questi conflitti ha bisogno di più democrazia, di un quadro legislativo più avanzato, di una maggiore e più vera dialettica sindacale.

Bologna Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna

Bologna
Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna

Benedetta Aledda
Bologna
Sciopero a sorpresa all'inaugurazione del McDonald's della stazione di Bologna. Davanti all'esercizio, riaperto ieri dopo una ristrutturazione, hanno protestato tutta la mattina alcune decine di lavoratori. Chi fa il tempo pieno ha iniziato il turno alle 5 del mattino, ha fatto le prime 4 ore e poi, dopo la pausa obbligata (da 2 fino a 4 ore), a sorpresa non si è ripresentato. Si sono fatti notare così i dipendenti di Cigar, la ditta che gestisce tutti i punti di ristorazione della stazione, compreso il fast food, ora riuniti nello stabile sul lato est di piazza Medaglie d'oro. Dopo la rottura delle trattative sindacali, hanno deciso di scioperare su tutte le 23 ore di apertura. «Con la scusa del rinnovo dei locali hanno licenziato 3 magazzinieri e cercano di portarci tutti a fare il part time o ad andarcene», denunciano i lavoratori. «Facevo il magazziniere da 23 anni - racconta uno di loro, 45 anni e un mutuo da pagare - mi hanno licenziato in tronco perché dicono che il magazzino non serve più». «Ora chiederanno a noi di trasportare la merce, perché non può arrivare da sola sui banchi!», protesta una delle banconiere rimaste in servizio; con i colleghi invita i passanti a non consumare al McDonald's.
A marzo l'azienda ha aperto una procedura di mobilità per 23 dipendenti full time. «Aggiungendo i tempi determinati, si arriva a 52 persone in meno», chiarisce Giuseppina Cupaiolo della Fisascat-Cisl. Da allora Cigar ha assunto per periodi di 3 o 9 mesi molti dei ragazzi che ieri, insieme ai responsabili, hanno tenuto aperto il McDonald's.
«Eravamo disponibili anche a fare il turno continuato», spiega Grazia De Siena, banconista e delegata della Filcams-Cgil, «ma l'azienda ha insistito con il turno spezzato, ha allungato l'apertura da 12 a 23 ore e a molti ha comunicato che dovranno fare anche altre mansioni». E' capitato a una cassiera dei vecchi bar, uscita in lacrime dopo le prime 4 ore di lavoro: «Faccio la cassiera da 28 anni e mi hanno messo all'improvviso a fare le pizze», racconta con gli occhi lucidi. «Vogliono farci sentire a disagio - interviene una collega assunta 33 anni fa - così ci licenziamo e loro assumono i ragazzini con contratti precari». Coi nuovi turni, comunicati pochi giorni fa, tra chi fa il tempo pieno c'è chi entra alle 17 ed esce alle 21, poi stacca e riprende dalle 24 alle 3.
Al fast food, invece, ormai sono tutti part time; la metà stranieri, quindi più ricattabili, assunti con contratti a termine e di inserimento quando già Cigar aveva dichiarato gli esuberi. «Questo vuol dire che l'azienda non è in crisi ma che sta approfittando del rinnovo dei locali per ristrutturare il personale», denuncia il consigliere comunale del Prc Roberto Sconciaforni, arrivato a portare solidarietà, come hanno fatto i suoi colleghi dell'Altra Sinistra. «Il sindaco Cofferati deve dire se questo comportamento è compatibile coi progetti di rinnovo della stazione», incalza Sconciaforni.
Cgil Cisl Uil di categoria, insieme a Ugl, sono pronte a denunciare l'azienda per comportamento antisindacale.


Liberazione 11/07/2008

16.6.08

Precari del Sant'Andrea occupano la direzione generale


ROMA - Dopo il blocco di oggi di via di Grottarossa e l'occupazione della Direzione generale, il Coordinamento dei lavoratori Fantasma del Sant'Andrea fa sapere che lo stato di agitazione non si ferma e annuncia per domani iniziative a sorpresa ("vi stupiremo con effetti speciali"). L'appuntamento è alle 8.30 sul piazzale dell'ospedale.

"Sono tre anni che portiamo avanti una lotta dura e faticosa per la stabilizzazione. Abbiamo ottenuto due leggi regionali, una delibera di Giunta, e una del Direttore generale- ricorda il Coordinamento- Ci manca soltanto l'autorizzazione a partire da parte della Regione. Il presidente Marrazzo ha ritirato la delega all'assessore Battaglia e ora sono i suoi uffici a dover dare questa autorizzazione. Non siamo disposti ad aspettare ancora né ad essere ostaggio degli equilibri politici della Regione. Rispettate le leggi! Assunzione dei primi 200 esternalizzati entro giugno come previsto in delibera".

16 giugno 2008

6.6.08

Precari a tempo indeterminato

Precariato Sono sempre meno ma hanno stipendi da fame, si tratta dei lavoratori precari, diminuiti di 20 mila unità nel 2007. 830 mila precari che guadagnano in media 8.800 euro l’anno, questo l’identikit tracciato dall’ultima ricerca dell’Ires-Cgil.
Non solo, una gran parte dei lavoratori rimane “intrappolata” nel lavoro atipico: sei precari su dieci per due anni di seguito e oltre il 37% per tre anni (la ricerca prende in considerazione il triennio 2005-2007). “Il dato positivo - ha sottolineato il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni - è che il trend ascendente ha subito un rallentamento. Significa che volendo si può intervenire, come ha fatto con atti concreti il precedente governo, e bisogna continuare ad intervenire. Tuttavia il numero complessivo resta altissimo e rappresenta una anomalia in Europa”.

Per precari si intendono quei lavoratori atipici con una collaborazione a reddito esclusivo su cui si è focalizzato il Ministero del Lavoro con una lotta alle false collaborazioni. Un aiuto considerevole alla riduzione del precariato è arrivato anche dall’aumento del contributo pensionistico di 5 punti percentuali rispetto al reddito che ha reso meno conveniente per le aziende il ricorso alle collaborazioni.

Identikit del precario
Sono giovani ma non troppo i precari di oggi con un’età media di 34 anni e un contratto medio dura circa sette mesi. A livello territoriale la maggiore concentrazione si riscontra in Calabria e nel Lazio, dove sono precari tre parasubordinati su quattro. Per quanto riguarda i redditi, la ricerca evidenzia come per i precari la media si attesti nel 2007 a 8.800 euro l’anno, con un incremento rispetto al 2005 del 4,8%, pari a 405 euro.

RAI: accordo sui precari

TELEVISIONE

RAI, ACCORDO SUI PRECARI.
CAPPON: «SODDISFATTO»
«Dare un futuro certo ai precari Rai è una soddisfazione prima di tutto per l’Azienda. L’aver raggiunto, nell’arco di pochi giorni, due accordi fondamentali con i lavoratori che da tempo collaborano con la Rai (il riferimento è all'accordo firmato con il sindacato giornalisti, ndr) è il risultato migliore che potessimo ottenere in chiusura di mandato ed è un risultato frutto di una strategia attuata sin dall’inizio con determinazione, correttezza e trasparenza».

«Dare un futuro certo ai precari Rai è una soddisfazione prima di tutto per l’Azienda. L’aver raggiunto, nell’arco di pochi giorni, due accordi fondamentali con i lavoratori che da tempo collaborano con la Rai è il risultato migliore che potessimo ottenere in chiusura di mandato ed è un risultato frutto di una strategia attuata sin dall’inizio con determinazione, correttezza e trasparenza».
É soddisfatto Claudio Cappon, direttore generale della Rai, per l’intesa raggiunta con i sindacati per la stabilizzazione dei lavoratori precari, intesa che giunge a due settimane da quella analoga siglata con le rappresentanze sindacali dei giornalisti. «Sin dall’inizio, il mio obiettivo è stato quello di cessare con la "fabbrica" dei precari, di non illudere nessuno, di essere chiaro con tutti: per questo, da quando sono arrivato, ho chiesto che venissero bloccati i cosiddetti primi utilizzi, quei contratti che andavano solo ad ampliare la platea dei precari, giornalisti e non. Abbiamo chiuso il "rubinetto" che alimentava un sistema destinato a crollare per la sua insostenibilità. Da oggi chi lavora per la Rai, anche a tempo determinato, ha un percorso professionale tracciato e definito e anche l’Azienda sa esattamente ciò a cui andrà incontro in termini di organico», ha aggiunto Cappon. Il Direttore Generale rivendica i due accordi siglati e «il primo concorso per neolaureati tenuto nel 2007 in Rai dopo 10 anni». «Da oggi la Rai è una casa più trasparente, più corretta con i suoi lavoratori e con chi paga il canone. E questo, lasciatemelo dire, grazie anche e soprattutto all’impegno della Direzione Risorse Umane che ha lavorato duramente e coerentemente su un progetto condiviso con la Direzione Generale sin dal primo momento», ha concluso Cappon.

Anagni: dipendenti videocon bloccano Casilina e Autosole

Cronaca - 06 giugno 2008 12:20
Omniroma-ANAGNI, CGIL: DIPENDENTI VIDEOCON BLOCCANO CASILINA E AUTOSOLE

(OMNIROMA) Roma, 06 giu - "È in corso uno sciopero dei dipendenti dell'Azienda multinazionale Videocon di Anagni, CHE hanno bloccato la Casilina e l'Autosole. In questo sito sono a rischio licenziamento 1.200 lavoratori (con l'indotto si arriva a 2.000). La proprietà, dopo aver avuto sostegni economici e l'inserimento del sito di Anagni nell'accordo di programma (ed anche finanziamenti dalla Comunità Europea per lo stabilimento della Campania), ora tenta di abbandonare il sito". Lo comunica, in una nota, la Filcem Cgil Roma e Lazio.

29.5.08

Precari, sempre precari…

Se ne parla da così tanto tempo che qualcuno potrebbe essere indotto a pensare che i precari siano nati con la stessa Rai. Non è proprio così ma la situazione, dopo anni, è lontana dall’essere risolta.

Rimane in sospeso (chissà fino a quando) l’infinita questione dei precari Rai. Stiamo parlando di almeno 1.500 lavoratori dei quali la Tv di Stato ha bisogno per realizzare i suoi programmi, nonostante l’enorme “battaglione” di dipendenti a contratto, ben 13.000 circa. I rinnovi contrattuali dei precari Rai ora sono a rischio (ironia della sorte) a causa della nuova legge del Welfare che, tentando di regolarizzare proprio i precari, prevede che i lavoratori siano assunti a titolo definitivo dopo 36 mesi di contratti a termine. Dopo i 36 mesi può esserci solo un ultimo contratto a termine (con accordo delle parti), poi l’assunzione.

Secondo i calcoli effettuati, la Rai dovrebbe iniziare ad assumere, applicando la legge, da aprile 2009 all’incirca 1185 lavoratori tra quadri, impiegati e operai che hanno raggiunto i 36 mesi di contratto a termine. Altri 416 dovrebbero raggiungere la meta nella primavera del 2009.
Una situazione intricata e dall’esito incerto, perché a quel punto l’azienda tende a non rinnovare i contratti dei precari, per non doverli assumere, provocando ‘terrore’ in questi ultimi, che magari lavorano per la Rai (e lavorano sul serio) da molti anni. La Rai ha bisogno dei precari per realizzare quotidianamente i suoi programmi ma non può “permettersi di assumerli”, quindi tende al “congelamento” dei contratti o a dare spazio ad altri precari; del resto, senza questi lavoratori (e anche la loro esperienza’!) molti programmi sono a rischio (e questo nonostante le molte migliaia di dipendenti ricordate prima).

Un primo risultato è invece stato raggiunto per i giornalisti, che possono probabilmente contare su un sindacato più forte. La Rai in questo caso è addivenuta ad accordi impegnandosi ad assumere in via definitiva circa 160 redattori che fino ad ora hanno avuto contratti a termine; ma le assunzioni saranno graduali e si concluderanno nel 2013. Nel frattempo i 160 avranno ancora dei contratti a termine.

Per gli altri precari, nonostante l’incontro dei rappresentanti Rai con i sindacati la soluzione è ancora in stallo. Se ne riparlerà a breve.

13.5.08

La rivolta dei concorrenti dei reality

È iniziato tutto in Francia, dove lo scorso febbraio 3 ex partecipanti a Temptation Island – uno dei tanti reality show che deliziano gli amanti del genere – hanno fatto causa a Glem, il produttore dello show televisivo, sussidiario del broadcaster televisivo francese TF1.

Ad animare i concorrenti sono state le pessime condizioni di lavoro cui sono stati costretti durante lo spettacolo, spesso obbligati a bere alcolici per amplificare reazioni e comportamenti, privati del sonno e forzati a “stare in scena” 24 ore su 24, in nome del reality e senza retribuzione. I protagonisti di Temptation Island hanno chiesto al tribunale di essere considerati come veri dipendenti, e come tali di poter ricevere uno stipendio per il lavoro svolto. E la corte ha dato loro ragione, stabilendo che Glem paghi gli arretrati per la loro prestazione, corrispondenti a circa 27 mila euro.

Ovviamente la società ha fatto ricorso in appello, ma l’iniziativa dei 3 concorrenti è stata seguita da altri concorrenti di vari reality francesi - oltre un centinaio – che si sono rivolti al medesimo avvocato per rivendicare gli stessi diritti. A quanto pare il caso sta avendo ripercussioni anche a livello internazionale, dal momento che l’ufficio legale che segue le varie cause è stato contattato da avvocati americani, tedeschi e anche italiani, interessati a difendere questa nuova categoria di lavoratori anche nel proprio Paese.

Un portavoce di Endemol (produttore, tra gli altri, del Grande Fratello) ha commentato dicendo che in fin dei conti si tratta di un gioco, e che chi partecipa accetta di mettere in piazza la propria vita sperando di vincere ma sapendo di poter perdere. Perché mai si lamentano dunque?

12.5.08

Cepu, i precari si ribellano


10-05-2008

Antonio Sciotto

Li potremmo prendere a paradigma degli sfruttari italiani, almeno di quelli che hanno passato anni a studiare: alta scolarizzazione, contratto cocoprò, retribuzione di pochi euro l'ora, zero diritti e tutele, mentre intanto il padrone di Cepu e Grandi Scuole - gli istituti che ti promettono la promozione assicurata - macina lauti profitti. I due marchi - molto pubblicizzati, conosciuti in passato anche per gli spot di Alex Del Piero - sono stati fondati da Francesco Polidori: nel 1969 aveva dato vita alla Marcon - casa editrice di materiale didattico per il recupero degli anni scolastici - evolutasi poi in Grandi Scuole nel 1986, a cui nel 1991 si affiancò la Cepu (e tra l'altro nel 1995 il gruppo acquisì la storica Scuola Radio Elettra di Torino). Ebbene, oggi l'azienda di Polidori macina 120 milioni di fatturato annui, ha 120 sedi e 3200 collaboratori a servizio.
Tutti lavoratori super-sfruttati, ovviamente: rigorosamente cocoprò (tranne le receptionist, a termine rinnovate ogni anno, con pause di qualche mese), guadagnano circa 11 euro l'ora, ma la «tariffa» riconosciuta per la prestazione è variabile; cambia a seconda delle città, o della materia che insegni (quelle scientifiche, tipo matematica o fisica, possono arrivare anche a 15 euro). Il recupero di Grandi Scuole - riservato agli istituti superiori - vede corsi con 4-7 studenti per classe, tutti tenuti in sede: ma se gli studenti non si presentano, l'ora non ti viene retribuita; lo stesso quando sei malato, e pure da giugno a settembre, quando la scuola è chiusa, e con essa il tuo contratto.
La Cepu, che opera con gli universitari, invece offre lezioni individuali, e il meccanismo di pagamento è più «perverso»: un pacchetto di ore per la preparazione all'esame ti viene retribuito 310 euro in tutto, che però ti vengono erogati a tranches (il 40% in ogni caso; il 30% se l'allievo si presenta all'esame; il restante 30% solo se viene promosso; altrimenti, per guadagnarti quel «maledetto» 30%, devi continuare a prepararlo, e lavorare altre ore gratis).
A spiegarci le condizioni di lavoro degli insegnanti iper-precari è Simone Vecchi, Nidil Cgil di Bologna, che ha organizzato il primo sciopero Cepu in Italia, limitato per il momento alla sola provincia emiliana. «I lavoratori si sono rivolti a noi perché erano stremati dallo sfruttamento - spiega - A questo punto abbiamo risposto: muoviamoci perché siate regolarizzati, non facciamo una lotta solo per passare da 11 a 13 euro l'ora». Tra l'altro, proprio a Bologna, in una vertenza autorganizzata i precari avevano già ottenuto la retribuzione delle ore non lavorate per il fatto che gli studenti non si presentavano. «Se si è compatti, i risultati si ottengono», conclude Vecchi. E dal sito iprecaridicepu.net, i lavoratori ipotizzano già uno stop nazionale.

6.4.08

Sfruttati in nome di Dio - La ricetta dell’ORP contro precarietà e lavoro nero?! Il licenziamento per chi protesta

Presidio mercoledì 9 Aprile dalle ore 16.00 in Largo di torre Argentina, Roma

L'8 marzo, come è noto [leggi l'articolo su Liberazione e i comunicati Cobas 1 - 2], alcune lavoratrici degli Open Bus dell’Opera Romana Pellegrinaggi (O.R.P.) hanno denunciato la condizione di assoluta precarietà nella quale sono costrette ad operare da anni: un rapporto di lavoro mai formalizzato con un contratto, senza nessuna tutela e senza nessun rispetto delle leggi vigenti in materia di rapporti di lavoro.

Per tutta risposta, l’O.R.P. anziché regolarizzare tutte le lavoratrici in nero, ha allontanato tutto il personale senza contratto e conferito mandato alla Società di lavoro interinale Quanta (che già fornisce circa 20 lavoratrici) il reperimento di nuovo personale in sostituzione di quello lasciato a casa. La Quanta, da parte sua, ha iniziato a selezionare il personale per l’attività di hostess di bordo, tra cui anche parte di quelle hostess che già lavoravano senza contratto, sottoponendo tutti le “aspiranti” hostess ad una prova scritta e orale di conoscenza della lingua inglese.

A prescindere che è altrettanto irregolare per l’O.R.P. gestire il servizio della Roma Cristiana con solo personale in affitto, risulta oltretutto inaccettabile sottoporre il personale che da anni già lavora in nero ad una prova selettiva che, tra le altre cose, è già stata effettuata all’inizio del rapporto di lavoro direttamente dall’Amministratore Delegato dell’O.R.P., Padre Caesar Atuire o altre persone da lui delegate (…o l’O.R.P. vuole sostenere che i milioni di pellegrini venissero accolti dalle “animatrici pastorali” in lingua latina?!).

Riteniamo il tentativo di evitare la dovuta regolarizzazione di tutto il personale che ha già operato senza contratto un’inutile provocazione e per questo invitiamo la dirigenza dell’O.R.P. a stabilizzare con un contratto giusto e dignitoso tutte le lavoratrici. In tal senso, sollecitiamo un intervento a sostegno della vertenza delle precarie dell’O.R.P. da parte degli Assessorati competenti del Comune e Provincia di Roma e della Regione Lazio.

Da parte nostra continueremo a sostenere il percorso legale e di lotta delle hostess della Roma Cristiana fino alla loro effettiva stabilizzazione.

Sosteniamo tutte e tutti la lotta delle precarie dell’O.R.P. partecipando al presidio che si terrà Mercoledì 9 Aprile dalle ore 16.00 in Largo di torre Argentina (lato libreria Feltrinelli), Roma

Roma, 4 aprile 2008 - Cobas del Lavoro Privato (aderente Cobas - Confederazione dei comitati di base)
per info: 3496946710 - 06/77591926

20.3.08

EuroMayday Aachen 2008

EuroMayday Aachen 2008: transnational parade of precari@s and migrants


from email, 13 March 2008:

Mayday! Mayday! Emergency call from Aachen / Aquisgranum (near Koeln/Cologne)

Info Updates: http://euromayday.karlspreis.info

On the First of May in Aachen / Aken / Aix-la-Chapelle / Aquisgrana / Aquisgrán / Akwizgran / Ahan, ancient carolignian city, Nicolas Sarkozy will present Angela Merkel with the EU Oscar, the Prix Charlemagne. Irony of the calendar, syndicalist MayDay this year coincides with catholic Ascension Day, when the Eurocracy Awards are traditionally handed out.

The duo congratulates itself for having finally shielded the EU from the social demands of the people, who scream for an end to free-market theology in europe. The new european diarchy is turning the continent into a police state and would be happy to erase the heretic meaning of MayDay, and the Anarchist and Socialist traditions of europe along with it.

This year for MayDay, two worlds clash together: the global movement vs strong-armed governments; grassroots networks and squatted social centers vs EU power; Utopian Society vs Capitalist Market; the radical europe of multitudes vs the conservative Europe of élites.

We are gonna spoil the party of the powerful, by raising hell in Aachen and holding our own party: the EuroMayDay Parade, the transeuropean demonstration of all precarious and migrants against workfare, discrimination and border controls held in more than twenty cities.

We, the EuroMayDay Network cannot accept that MayDay is turned into the Ascension Day into stardom of the two failing sovereigns of Christian, NATO Europe. We reject Charlemagne as symbol of Europe, just as we denounce the neoliberalism of the Barroso Commission and the monetarism of Trichet's Central Bank.

Forced to live in precarious hell, we're going to trash the heaven of EU élites. Don't miss it: shame the twin rulers of Europe, expose their authoritarian arrogance, join the thousands coming to Aachen (close to Cologne) for the strongest protest against the core of europower ever mounted.

Show Angie and Sarko what the European movement against neoliberalism and militarism is capable of. Come to the special EuroMayDay Protest+Parade+Party that collectives in Aachen, Liège, Maastricht, and other cities of the region are organizing. Facilities, accommodation and food will be provided to protesters in Aachen in the days immediately before and after the First of May.

Activists, artists, hackers, unionists, migrant associations, queer collectives, critical cyclists, media creatives, leftist radicals of all stripes – red, black, green, pink, purple, silver – are coming to Aachen and other EuroMayDay Parades to join the fight.

First of May in Aachen:

morning: EuroMayDay PROTESTS nearby Rathaus where Karlspreis is given to Merkel by Sarkozy
afternoon: EuroMayDay PARADE starts nearby site of protest
evening: MayDay PARTY in public park

No Borders, No Workfare, No Precarity.
Join Us also in the MayDay Parades in Berlin, Copenhagen, Hamburg,
Lisbon, Milano, Malaga, Maribor, Tokyo, and many other cities!

EuroMayDay
fighting precarity and inequality since 2004

See http://www.euromayday.org

18.3.08

Precari di Action si "sposano" davanti a casa di Berlusconi a Roma

ROMA (17 marzo) - Militanti di Action hanno manifestato oggi davanti alla residenza-ufficio di Silvio Berlusconi a Roma mettendo in scena un finto matrimonio per criticare la battuta con cui la settimana scorsa il leader del Pdl aveva esortato una precaria a risolvere ogni problema sposando suo figlio o qualche altro milionario.

Un centinaio di persone, poco prima delle 15, ha scortato una coppia in abiti da nuziali davanti a Palazzo Grazioli in via del Plebiscito gettando anche riso contro il portone della residenza di Berlusconi. Prima di essere dispersi dalle forze dell'ordine, ha riferito un testimone, i militanti di Action hanno anche distribuito un volantino su cui è scritto: «Altro che contratto di matrimonio, reddito di cittadinanza subito: tuo figlio non lo sposeremo mai».

I manifestanti, «poche decine» secondo la polizia, sono stati identificati. Non è la prima volta che la casa di Berlusconi, viene preso di mira da militanti dell'area della «sinistra antagonista». I «disobbedienti romani» vi scaricarono tre bidoni di letame nel 2003, e nel 2005 la stessa Action, l'agenzia che a Roma si batte per il diritto alla casa, vi improvvisò una manifestazione contro gli sfratti.

E i precari mettono il voto in vendita

ROMA (17 marzo) - «Vendo il mio voto», «Avremo una pensione anche noi?», «Appena laureato e già disoccupato». Sono questi gli slogan scritti su cartelli bianchi da alcuni manifestanti che da qualche giorno «sfilano» per le vie del centro di Roma. Una protesta che approdata anche sul web.

Giovedì scorso una quindicina tra uomini e donne, tutti di età compresa tra i 18 e i 30 anni circa, hanno manifestato con vari cartelloni uno dei quali recitava «Metto in vendita il mio voto», per protestare contro la mancanza della prospettiva di un lavoro stabile. Turisti, negozianti e semplici romani di passaggio per via del Corso, via dei Condotti, piazza di Spagna e vie limitrofe si sono imbattuti nella singolare iniziativa spontanea, mostrando curiosità per le rivendicazioni dei ragazzi ed esprimendo, in alcuni casi, la loro solidarietà. Venerdì i manifestanti si sono dati appuntamento in varie zone della Capitale, da quelle più centrali a quelle più periferiche. Al momento non si sa ancora bene a chi o a cosa faccia capo il gruppo di dimostranti. Unico segno di riconoscimento dei ragazzi è una maglietta con la scritta «Votantonio».



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10.3.08

Alitalia assume i precari

10/03/2008 - 09:52

Tra i 400 e i 1000, grazie a una delibera della Regione LazioAlitalia si appresta a trasformare numerosi contratti a termine in apprendistati, che automaticamente diventeranno poi a tempo indeterminato, grazie alla Regione Lazio, con agevolazioni Ue. E' questa la notizia riportata da alcune fonti di stampa, anche se discorsi sul numero. C'è chi parla di 400 e chi di 1000 precari. Si tratterebbe della regolarizzazione di personale stagionale facente capo ad Az Servizi.
Si tratta di una delibera approvata dalla Giunta del Lazio, e riguardante personale come operai di pista, impiegati, ecc. Resta, ovviamente, la perplessità su come il vettore abbia deciso tale mossa a fronte delle sue perdite (anche se, tra i vantaggi delle assunzioni, ci sarebbero dei risparmi sui contributi previsti dalle norme Ue), e di farla proprio ora a un passo dalla vendita.

Presidio contro precariato Vigili del Fuoco

Il COMITATO VIGILI DEL FUOCO DISCONTINUI-PRECARI NAPOLETANI è un'associazione costituita da vigili del fuoco discontinui (ex vigili ausiliari militari e vigili civili) tutti operativi e regolarmente iscritti con decreto del Ministero dell’Interno nell’elenco del Comando provinciale VVF di Napoli.

Il Comitato invita tutti i vigili discontinui a partecipare al PRESIDIO CONTRO IL PRECARIATO DI STATO PER L’ASSUNZIONE IMMEDIATA DEI VIGILI DEL FUOCO DISCONTINUI che si terrà lunedì 10 marzo 2008 alle ore 10 in piazza Carità a Napoli.

Il Comitato considera la procedura di stabilizzazione del personale precario dei VVF del Ministero dell’Interno (decreto 30 luglio 2007) una manovra discriminatoria nei confronti di tutti i vigili del fuoco discontinui-precari napoletani in quanto i parametri utilizzati ai fini della selezione (eta’ max 37anni, 3 anni di decreto ministeriale e 120 giorni di servizio negli ultimi 5 anni) escludono dal concorso centinaia di vigili discontinui che fino ad oggi hanno prestato e continuano a prestare servizio di precariato (incarichi di 20 giorni) presso il Comando provinciale VVF di Napoli.

Questi parametri discriminatori delineati nella procedura di stabilizzazione sono inaccettabili e deve essere adottata dalle autorità competenti in materia un piano specifico per le assunzioni dei vigili discontinui adottando come riferimento la nuova graduatoria costituita presso l’ufficio del personale del Comando provinciale VVF di Napoli secondo i nuovi criteri attualmente utilizzati (figli a carico, disoccupazione, anzianità ) per richiami in servizio del precariato. Sarà nostra premura vigilare su tale graduatoria affinché vengano rispettati tutti i parametri presi in considerazione.
Il nostro lavoro precario serve a coprire la carenza cronica del personale permanente del Comando provinciale VVF di Napoli che con l’impiego dei vigili discontinui durante tutto l’anno con difficoltà riesce a coprire al minimo il funzionamento del Soccorso tecnico urgente ai cittadini.

Se i vigili del fuoco discontinui sono idonei durante tutto l’anno a svolgere il servizio d’istituto (soccorso ai cittadini) da precari non vediamo il motivo per cui ci debba essere una selezione nel processo di stabilizzazione essendo tutti già operativi, considerando anche il fatto che esiste una carenza di organico a livello nazionale di circa 15mila unità per il raggiungimento minimo degli standard europei. E’ chiaro che una volta avviato il processo di stabilizzazione siamo favorevoli affinché i vigili discontinui siano inviati a Roma per il superamento del corso obbligatorio di aggiornamento e formazione professionale. Siamo i primi ad attenerci alla sicurezza sul lavoro!!!
Alla luce di tale analisi il potenziamento del Corpo nazionale deve avvenire in primo luogo assorbendo il precariato costituito dai vigili discontinui che aspirano a diventare permanenti e soltanto dopo questa fase attraverso il bando di un nuovo concorso pubblico.

La nuova stabilizzazione dovrà dunque avvenire prendendo in considerazione le necessità di organico dei singoli Comandi provinciali e le assunzioni ribadiamo dovranno essere fatte attraverso le graduatorie provinciali esistenti NON quelle nazionali in quanto queste garantiscono l’assunzione solo di vigili che hanno più giorni di servizio essendo arruolati nei Comandi del Nord Italia che garantiscono richiami enormemente superiori rispetto a quelli del Sud.

Il COMITATO dunque porterà avanti la lotta per l’assunzione con contratto a tempo indeterminato di tutti i vigili del fuoco discontinui-precari del Comando provinciale VVF di Napoli. Noi siamo per l’unità di tutti i discontinui che intendono perseguire questo obiettivo.
Noi amiamo il lavoro di vigili del fuoco ma siamo stanchi di essere dei vigili del fuoco precari, dei vigili del fuoco di serie C, vogliamo diventare PERMANENTI !!!
Basta col PRECARIATO di Stato, abbiamo diritto ad un LAVORO STABILE!!!

10/3/2008

25.2.08

Lavoro: veterinari precari chiedono stabilizzazione

2008-02-25 13:48

Sono in sit- in sotto il Consiglio regionale a Cagliari
(ANSA) - CAGLIARI, 25 FEB - Una trentina di veterinari coadiutori regionali, alcuni dei quali precari dal 1985 (eta' media 45-55 anni), chiedono stabilizzazione. Ai politici della Regione chiedono di poter rientrare nelle procedure di stabilizzazione previste dalla Finanziaria nazionale 2007, non avendo ne' una specializzazione e ne' garanzie per il futuro occupazionale. E stamani sono in sit-in sotto il Consiglio regionale dov'e' in corso la cerimonia per il 60/mo anniversario dello Statuto Speciale della Sardegna.

19.2.08

Finalmente gli Artisti di Roma hanno un “mercato”

Finalmente gli Artisti di Roma hanno un “mercato”………

Sabato 16 febbraio 2008 il Coordinamento in rappresentanza di 30 associazioni di artisti visivi di Roma, ha “liberato” a Corviale uno spazio progettato e costruito come mercato coperto e mai utilizzato.
Gli artisti di Roma denunciano come in questi ultimi 10 anni, gli spazi per l’arte contemporanea si siano sempre più ridotti. La causa è nella logica amministrativa che ha preferito “favorire” solo grandi eventi e in generale il “magna e bevi” con l’invasione di pizzetterie e wine bar.
Il risultato di questa politica è sotto gli occhi di tutti, con l’aumento proporzionato dei prezzi e degli affitti e l’espulsione dal centro di artigiani, abitanti storici e artisti.
A fronte di questa situazione, gli artisti di Roma pongono con urgenza la questione dell’utilizzo del patrimonio immobiliare e chiedono l’assegnazione di spazi, affinché si possa costituire quella rete d’attività culturali e artistiche, necessaria alla connessione con Accademie, Musei e Fondazioni,
primo passo per colmare il vuoto tra la formazione e la professione.
La nostra azione vuole rendere visibile il patrimonio di opere e artisti che anima la città, per fare di Roma un luogo che vada oltre i suoi “ruderi” storici, ed entrare finalmente e a pieno diritto, nella “Contemporaneità”.

Su questi temi, Domenica 17 febbraio alle ore 15 si terrà un’assemblea generale per concordare modalità e obbiettivi.


Coordinamento Associazioni Artisti Visivi di Roma.

4.2.08

Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto

Controlli antiabusi per 90mila contratti a progetto
di Francesca Barbieri

4 febbraio 2008

Insegnanti delle scuole private nel mirino degli ispettori del lavoro. «Non è da escludere - conferma Massimo Pianese, direttore generale per l'attività ispettiva del ministero del Lavoro - un intervento specifico sull'uso delle collaborazioni a progetto negli istituti privati, per accertare se l'attività è svolta nell'ambito di materie obbligatorie o facoltative».
E così un'altra categoria di lavoratori si dovrebbe aggiungere all'elenco individuato dalla circolare numero 4 emanata la scorsa settimana dal ministero del Lavoro: «Il Sole-24 Ore del lunedì» ha stimato circa 90mila contratti a progetto che interessano addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; autisti e autotrasportatori; baby sitter e badanti; addetti alle agenzie ippiche; baristi e camerieri; custodi e portieri. E, poi, commessi, estetiste e parrucchieri, facchini, istruttori di autoscuola, letturisti di contatori, addetti alle pulizie, manutentori. Per finire con muratori, piloti e assistenti di volo, braccianti agricoli e segreterie.
La nuova stretta sul lavoro a progetto (le verifiche partiranno a marzo) nasce dai risultati dell'attività ispettiva svolta negli ultimi anni. «Il quadro generale - sottolinea Pianese - dimostra un consistente ricorso al contratto a progetto anche in settori dove questa tipologia appare oggettivamente poco compatibile con il contesto di riferimento e l'attività delle figure professionali che si muovono al suo interno».
I settori in cui si è registrato, più che in altri, un uso improprio delle collaborazioni a progetto sono quelli individuati dalla circolare n. 4/2008. Le segretarie, per esempio, figurano al terzo posto della classifica «Collaborazioni per professione» elaborata da Italia lavoro, l'agenzia tecnica ministeriale, su dati Istat relativi al 2006: su 404.205 collaboratori complessivi (a progetto e coordinati e continuativi), il personale di segreteria ne "accoglie" circa 19mila, il 4,7% del totale.
Tra baristi e camerieri (insieme ai cuochi) si contano oltre 5.500 collaboratori. Anche se la Fipe, Federazione italiana pubblici esercizi, sottolinea che oggi «il co.co.pro non è una tipologia a cui si fa in genere ricorso per baristi e ristoratori: viene usata per vendite sperimentali dei prodotti del territorio, ma si tratta di un fenomeno molto limitato».
Un'altra attività con un discreto numero di lavoratori a progetto è quella degli addetti alle pulizie: più di 6mila che rappresentano però circa il 2% del totale della categoria. Anche in questo caso, per l'associazione di riferimento, la Fise-Anip, tutti i contratti stipulati nel settore delle pulizie sono a tempo indeterminato, con una prevalenza del part-time. Stesso ritornello per i piloti: l'Anpac – Associazione nazionale piloti aviazione commerciale – sottolinea che «per i piloti gli unici contratti in vigore sono quelli a tempo determinato o indeterminato. Nella nostra categoria non è previsto il co.co.pro».
E se secondo gli ultimi dati disponibili dell'Inps, nel 2007 il numero di posizioni aperte alla gestione separata è sceso di oltre 400mila unità (da 1.932.693 del 2006 a 1.515.530), il ministero del Lavoro ha avuto segnali diversi. «Abbiamo riscontri - dichiara Pianese - di un progressivo aumento dei rapporti di lavoro autonomo in forma coordinata e continuativa in settori, come l'edilizia, nei quali l'attività svolta in concreto presenta caratteristiche tali da risultare poco compatibile con questa tipologia contrattuale».
Interventi sui co.co.pro ce ne sono già comunque stati: da quello limitato ai call center al processo di stabilizzazione dettato dalla Finanziaria 2007, fino al progressivo aumento delle aliquote contributive previsto dal Protocollo sul Welfare. «Il rifiorire delle collaborazioni era tuttavia prevedibile - commenta Pianese –: il nuovo quadro sanzionatorio si è infatti incentrato sul fenomeno del lavoro nero e non su quello "grigio". Basti pensare alla maxi-sanzione prevista dal Dl 223/2006 o alla sospensione dell'attività imprenditoriale, che puniscono severamente l'impiego di lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria, lasciando, invece, indenne il datore di lavoro che ricorre a forme contrattuali del tutto incompatibili con l'attività lavorativa resa, nel concreto, dai propri collaboratori».
Ma cosa rischia un'azienda che ha fatto ricorso a contratti di collaborazione "non genuini"? «Finora – conclude Pianese – le imprese fuori regola sono state oggetto di sanzioni amministrative e di provvedimenti di recupero contributivo. Ciò che più importa è comunque aver ricondotto molti rapporti di lavoro nell'ambito della subordinazione e applicato così maggiori tutele per i lavoratori».

2.2.08

6 novembre 2007: contestazione a Epifani

Padova - Licenziamenti TNT. Arriva la solidarieta' del mondo del calcio

Raccolta fondi prima dell’incontro di domenica 2 febbraio tra Gregorense e Polisportiva San Precario

In solidarietà alla lotta dei lavoratori licenziati da FastCoop, cooperativa appartenente al Consorzio Gesconet, che gestiva l’appalto dei magazzini per lo smistamento merci per conto di TNT, a Limena (PD), la Polisportiva San Precario che partecipa al campionato di terza categoria, domenica 2 febbraio, prima della partita, in accordo con la squoadra avversaria, raccoglierà fondi da destinare alle famiglie dei lavoratori licenziati.

Ecco il comunicato:
La notizia del licenziamento degli operai della cooperativa Fast Coop di Limena e della chiusura del magazzino della TNT, ci lascia interdetti e amareggiati.
A nome della dirigenza, dei giocatori e di tutti coloro che si riconoscono nella PolisportivaSanPrecario esprimiamo la nostra vicinanza e la nostra solidarietà ai lavoratori e alle loro famiglie che in questi giorni stanno lottando per la difesa del proprio posto di lavoro.
Siamo precari perchè lo sono anche quei diritti che ormai sembravano acquisiti.Gli avvenimenti degli ultimi giorni purtroppo ci raccontano di come sia sempre più raro il diritto ad un lavoro garantito e difeso da norme certe.Un posto di lavoro che non sia paragonabile ad una nuova forma di schiavismo o peggio sia causa, ormai quotidianamente, di morte.
Da precari, nello sport come nella vita di tutti i giorni non ci sottraiamo alla nostra responsabilita’di una solidarieta’ attiva e partecipe.Per questo motivo invitiamo tutti quanti sono sensibili alle istanze dei lavoratori della Faast Coop /TNT a partecipare alla partita di calcio di domenica.
Con i dirigenti e la squadra della Gregoriense, nostra avversaria e ospitante, vi aspettiamo numerosi insieme a tutti quelli che ci sostengono per aprire una sottoscrizione da devolvere ai lavoratori e alle loro famiglie.

[ mercoledì 30 gennaio 2008 ]

Giustizia precaria, affidata ai magistrati a tempo determinato

Giustizia precaria, affidata ai magistrati a tempo determinato
Martedì 29 Gennaio 2008

Chi è un “magistrato onorario”? È un cittadino che, in possesso dei requisiti minimi (una laurea in giurisprudenza e l’abilitazione da avvocato), pur non essendo un magistrato di professione, sostiene la pubblica accusa ed emette verdetti. Viene pagato a cottimo e ha un mandato a tempo determinato. I magistrati onorari sono ormai tantissimi: 7.700 contro i 10.100 o poco più magistrati “togati”. Si occupano di un numero sempre crescente di cause e di processi sempre più rilevanti.

A questi “precari del diritto”, che comunque “consentono alla giustizia italiana di continuare almeno a zoppicare anziché crollare completamente al suolo”, è dedicato uno dei capitoli di Fine pena mai - L’ergastolo dei tuoi diritti nella giustizia italiana (Il Saggiatore), il nuovo libro di Luigi Ferrarella, cronista giudiziario del Corriere della Sera. Un saggio che si tiene alla larga dalle polemiche tra politici e magistrati e che spiega al cittadino, documenti e numeri alla mano, i motivi concreti per cui la giustizia italiana non funziona.

Ecco perché, scrive l’autore, “chi pensa che farsi i fatti propri e non aver mai messo piede in un tribunale basti a non scontare l’inefficienza del sistema giudiziario italiano si sbaglia. Il crac della giustizia insegue tutti i cittadini fin dentro casa e invade la loro vita quotidiana”. Le cause civili che durano in media otto anni, gli avvocati che si portano in aula la carta per le fotocopie, un’istanza che impiega otto giorni a passare da un ufficio all’altro dello stesso pianerottolo, i calcinacci che cadono in testa agli imputati, i traduttori impiegati nelle indagini antiterrorismo che aspettano il compenso per otto mesi, i pm che vanno in autobus a interrogare i mafiosi in carcere. Paradossi che dicono più dei discorsi sui “magistrati politicizzati” o sulle autorizzazioni a intercettare questo o quel politico.

E il caso dei giudici onorari è solo un esempio: “Amministrano quasi per metà la giustizia civile di primo grado”, spiega Ferrarella, “macinando ogni anno un milione e mezzo di cause. E sbrigano un sesto di quella penale, celebrando più di 80 mila processi l’anno. Per la maggior parte dei cittadini sono addirittura la faccia stessa della giustizia, il primo impatto con un giudice: quello al quale si va a chiedere di annullare una multa stradale, o di condannare la controparte a pagare i danni di un incidente automobilistico, o di essere assolti da un’accusa di lesioni o di truffa”.

“Eppure”, continua il giornalista, “non sono magistrati di professione. Ma cittadini proprio come quelli che giudicano. Perché, anche se non sta scritto in nessun tribunale, nell’ultimo decennio una larga parte della giustizia italiana è stata ‘privatizzata’. Subappaltata e fatta esercitare a precari del diritto, pagati a cottimo, sprovvisti di tutele di previdenza e assistenza, destinati a essere dismessi allo scadere di un mandato a termine”. E le “toghe precarie” non si occupano di processi di serie B. “Si parla di alcuni omicidi colposi per colpa medica e per infortuni sul lavoro, una parte dei dibattimenti per droga, maltrattamenti, truffe, circonvenzioni di incapace, alcuni tipi di furti e rapine, alcuni reati ambientali, più i processi ‘per direttissima’ dove il viceprocuratore onorario rappresenta la procura che chiede la convalida degli arresti in flagranza e l’emissione delle relative misure cautelari”.

Spesa proletaria, giudice si astiene

SPESA PROLETARIA, GIUDICE SI ASTIENE: ATTI A TRIBUNALE ROMA
E' la sorella di pm Cosenza che ha chiesto condanna per Casarini

Roma, 31 gen. (Apcom) - Sospeso il processo sulla spesa proletaria per l'astensione del giudice a latere, sorella del pm responsabile dell'inchiesta di Cosenza riguardo una presunta associazione sovversiva guidata dai leader del movimento no global italiano, Luca Casarini, Francesco Caruso e Francesco Cirillo. Si è aperta e subito chiusa la prima udienza, a Roma, del procedimento a carico di 39 persone, tra cui lo stesso Casarini, l'ex consigliere comunale Nunzio D'Erme e Guido Lutrario, per i fatti del 6 novembre 2004, quando in occasione delle manifestazioni contro la precarietà, dal supermercato Panorama, sulla Tiburtina, e dalla libreria Feltrinelli, di Largo Argentina, vennero portati via beni e oggetti vari per alcune migliaia di euro.

Ora sarà il presidente del tribunale di Roma, Paolo De Fiore, a stabilire se sussiste una incompatibilità del giudice Alba Fiordalisi, componente della X sezione collegiale del tribunale, o se invece il suo legame di parentela con il pm Domenico Fiordalisi, non sia "ostativo" alla necessaria "terzietà". E' quindi durato poco meno di due ore il presidio indetto per oggi all'ingresso principale della cittadella giudiziaria e di - il movimento - aveva dato pubblicità nei giorni scorsi, attraverso post su internet e mail della rete dei centri sociali della Capitale.

Secondo la ricostruzione fornita, in un comunicato, quel 6 novembre, "si svolse una importante giornata di mobilitazione contro la precarietà e per il diritto a un reddito garantito". Quel giorno, insomma, "si stavano portando avanti azioni dimostrative e di denuncia sociale e politica su un problema reale e concreto: l'iniziativa che fu svolta la mattina presso il supermercato Panorama fu in realtà un'iniziativa ampiamente pubblicizzata, nell'ambito della quale i manifestanti cercarono di contrattare con il direttore del supermercato una tariffazione sociale per beni di prima necessità, il 'Paniere precario', mentre durante il corteo del pomeriggio alcuni precari e studenti universitari, davanti alla libreria Feltrinelli, parlavano del bisogno di garantire il diritto al libero accesso, indipendentemente dalle condizioni di censo, alla cultura e a beni di primaria importanza, come possono essere appunto libri e altri materiali utili nel processo formativo".

Inizialmente erano 105 le persone che erano state identificate. Ma a giudizio sono invece 39 per i reati, a vario titolo, di rapina aggravata, lesioni e danneggiamento. Contro il processo di Cosenza alcuni manifestanti hanno esposto un piccolo striscione. Il pm calabrese ha richiesto pene per un totale di 50 anni , per i 13 imputati per il reato di associazione sovversiva, con l'accusa di "turbare l'esecuzione delle funzioni del governo italiano, sovvertire violentemente l'ordinamento economico costituito nel nostro Stato, sopprimere la globalizzazione dei mercati economici, alterare l'ordinamento del mercato del lavoro" e con la finalità di provocare incidenti nelle città di Napoli e Genova durante le proteste del 2001. I "compagni e le compagne di Roma", in una nota, considerano l'accusa "immotivata, inaccettabile, ridicola".

Le sante parole di San Precario

Le sante parole di San Precario: Un documentario politico

Un documentario di appena settantacinque minuti, parole sante – per l'appunto – che valgono piu' di un trattato sindacale. Ascanio Celestini, artista romano al suo secondo documentario, racconta la sua visione del precariato, portando allo scoperto la condizione di migliaia di giovani costretti a lavori sottopagati e temporanei coi quali si eludono molto spesso i piu' elementari diritti civili. Prodotto e distribuito dalla Fandango di Domenico Procacci, Parole sante esce nelle sale italiane il 1° febbraio.

Dal lavoro flessibile al posto fisso: in Toscana dopo 6 anni ci riesce il 48%

Dal lavoro flessibile al posto fisso: in Toscana dopo 6 anni ci riesce il 48%
Secondo lo studio della Regione e dell'Irpet nel 2006 il 78,8% dei nuovi contratti è a tempo: sono soprattutto donne e laureati


01.02.2008

Dopo sei anni di flessibilità, solo il 48% degli occupati riesce ad avere un contratto a tempo indeterminato. E' uno dei dati emersi dalla ricerca condotta da Regione e Irpet su "La flessibilità del lavoro in Toscana".
Lo studio rivela anche che dal 1993 al 2006 la flessibilità nel lavoro è passata dal 4.5 al 12.5 (in Italia è al 13.1% e in Europa al 14.5%).
E l' assessore al lavoro Gianfranco Simoncini ricorda che nel 2006 il 78.8% dei nuovi posti di lavoro è stato rappresentato da contratti a tempo. Il ricorso alla flessibilità è cresciuto in modo costante, registrando una frenata solo negli anni 2001 e 2002 quando vennero varate norme per gli sgravi fiscali destinati a chi assumeva a tempo indeterminato.

Se il 48% dei lavoratori atipici dopo sei anni si è stabilizzato, il 20% resta precario, il 14% rimane senza lavoro e il 18%, rappresentato prevalentemente da casalinghe e studenti esce dal mercato del lavoro. La ricerca, la prima in Toscana, è stata avviata nel 2004 con interviste a 1800 lavoratori che nel 2000 avevano avuto un avviamento al lavoro con contratto a termine e nel 2006 sono stati nuovamente intervistate 900 persone del campione iniziale. Francesca Giovani, curatrice dello studio, sottolinea che l' 82% degli intervistati ha dichiarato di aver accettato il lavoro atipico perché non ha avuto alternative: "Significa che questa via non è un trampolino verso un'occupazione stabile".

Sono soprattutto le donne a dire di aver subito il lavoro flessibile (85% contro il 76% dei maschi). A rimanere più a lungo precari sono i laureati, ma solo perché attendono più dei diplomati e di coloro che sono senza titolo di studio l'occasione di lavoro più gratificante. Mentre le donne sono le più penalizzate: guadagnano il 20% in meno del collega maschio. Uno stipendio da 900 euro viene guadagnato dal 47% delle donne e dal 39% dei maschi. Il lavoro in rosa ha anche contratti più brevi. Il 53% viene assunto per un periodo massimo di 11 mesi, mentre la percentuale dei maschi, per lo stesso periodo di tempo, è del 32%. (ANSA)

TAR Lazio: Precari in graduatoria senza piu' riserva

SCUOLA/ TAR LAZIO: PRECARI IN GRADUATORIA SENZA PIU' RISERVA
Posizioni 300.000 docenti da rivedere: a rischio migliaia nomine


Roma, 1 feb. (Apcom) - Le graduatorie dei docenti per il conferimento di contratti di lavoro a tempo indeterminato e a determinato devono essere rifatte: è questo il parere del Tar del Lazio che, con la sentenza 708, ha riconosciuto il diritto dei docenti abilitati con i corsi riservati a essere utilmente inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, senza l'indicazione della riserva.

Il provvedimento riguarda la posizione di un numero altissimo di docenti: complessivamente i docenti abilitati inseriti nelle graduatorie ad esaurimento sono infatti quasi 300.0000. Di questi, circa 50 mila nei mesi scorsi hanno conseguito l'abilitazione e si sono visti concedere l'inclusione nelle graduatorie solo con riserva.

La sentenza del tribunale laziale potrebbe andare ora ad incidere sui destini di moltissimi insegnanti: se dovesse avere seguito potrebbero essere infatti riviste tutte le procedure di nomina sino ad oggi effettuate dagli uffici scolastici provinciali per l'anno scolastico 2007/08.

Un duro lavoro attenderebbe quindi gli Uffici scolastici provinciali di tutta Italia che a partire dallo scorso luglio hanno prodotto oltre 50.000 immissioni in ruolo e 120.000 contratti sino al termine dell'anno scolastico.

Soddisfatti i sindacati che hanno tutelato i docenti precari: "il tribunale ha accolto in pieno le richieste presentate da tutti quei docenti che avevano subito una evidente lesione dei loro diritti a causa del mancato riconoscimento del titolo conseguito - ha detto l'avvocato Domenico Naso - e le ha accettate in maniera inequivocabile, definendo l'impostazione adottata dall'amministrazione priva della dovuta base normativa, contraddittoria, irragionevole e lesiva del principio di buon andamento dell'azione amministrativa".

"ll decreto ministeriale 85/2005 - ha proseguito l'avvocato, che difende i docenti della Uil Scuola - aveva invece previsto norme precise in conformità alle pressanti esigenze connesse con la soluzione del problema del precariato. E le ha previste in piena consonanza con la tempistica relativa all'inserimento in graduatoria".

"Le successive note ministeriali che con questo ricorso abbiamo impugnato - ha chiarito ancora Naso - erano palesemente e arbitrariamente in contrasto con la traccia così chiaramente fissata dal decreto ministeriale 85".

Istat, Rilevatori fol in agitazione

Istat, Rilevatori fol in agitazione:

occupata la sala riunioni a V.le Liegi

Al sesto anno di vita della rete di rilevazione ISTAT sulle Forze di Lavoro le condizioni di vita e di lavoro dei rilevatori che con competenza e alta professionalità rendono possibile questa indagine fondamentale per il paese, peggiorano costantemente.

La rete di rilevazione ISTAT infatti, sembra strutturalmente destinata a svolgere la propria attività appesa al filo della più assoluta precarietà. Da tre anni la rete, anche per l’anno appena iniziato, deve la propria esistenza ad un rinnovo che ad ogni legge finanziaria permette forzosamente una proroga della sua attività. Da tempo si chiede, in linea con la maggior parte dei paesi europei e coerentemente con il carattere permanente della funzione di rilevazione, che la rete sia inserita a pieno titolo nella struttura dell’Istituto e che i rilevatori siano trasformati in lavoratori subordinati in quanto la loro attività non ha nulla a che fare con la collaborazione occasionale.

L’Amm.ne non solo non sembra interessata a ricercare una soluzione credibile e definitiva alla costante minaccia di chiusura della rilevazione che ogni anno si ripresenta, ma non è disposta neanche a concedere condizioni minimamente dignitose ai lavoratori precari della rete.

In sei anni di attività, nessun tipo di aumento salariale è stato corrisposto ai rilevatori, i quali, per il rinnovo contrattuale del 2008, avevano avuto rassicurazione di ottenere un adeguamento dei compensi almeno corrispondente all’inflazione. Ciò che invece hanno trovato nel nuovo contratto è stato un misero (e provocatorio) aumento di 1,5 euro lorde a intervista.

Anno dopo anno dunque diminuiscono di fatto i salari, aumentano i vincoli e gli obblighi contrattuali si allontana sempre di più qualsiasi prospettiva reale di uscita da questa condizione di precarietà estrema. Resta un mistero come l’ISTAT possa pensare di garantire gli adeguati standard di qualità mantenendo queste condizioni di lavoro.

La FLC CGIL ritiene grave e improduttiva la modalità con cui l’amministrazione ISTAT si ostina a gestire le problematiche delle rete Fol e chiede che il 2008 sia l’anno in cui la questione trovi definitiva soluzione.

Per questo è proclamato a partire da oggi lo stato di agitazione di tutto il personale della Rete. Oggi è stato occupato ad oltranza, come primo atto della mobilitazione, il salone del II piano della sede di V.le Liegi, impedendo lo svolgimento del debriefing con i rilevatori del Lazio. La protesta si estenderà, nei prossimi giorni, a tutte le regioni d’Italia.

Lo stato di agitazione continuerà finché non si avranno risposte concrete e assunzioni di responsabilità da parte della politica e dell’amministrazione Istat in merito all’internalizzazione della rete di rilevazione e alla stabilizzazione dei rilevatori.

FLC CGIL ISTAT

In Francia è stop delle cassiere: «Basta precarietà»

dal manifesto di sabato 2 febbraio 2008

Sciopero nelle catene della distribuzione, da Auchan a Lidl. Contro i bassi salari, i contratti atipici e gli orari spezzati

Anna Maria Merlo
Parigi
Per la prima volta, i sindacati (Cgt, Cfdt e Fo) si sono uniti per organizzare una giornata di sciopero tra i dipendenti dei supermercati francesi. Secondo la Cgt, nell'80% dei grandi magazzini c'è stata mobilitazione. Il padronato parla solo di un 2%. Le condizioni di lavoro, assieme ai salari, sono la causa della protesta: il settore è il regno del part-time, dei contratti atipici. Quindi la protesta ha preso diverse forme: un'ora di sciopero, volantinaggio, brevi manifestazioni di fronte agli ipermercati. Per la Cgt, «il successo unitario mostra la giustezza delle rivendicazioni: aumento dei salari, difesa del riposo domenicale, occupazione». Anche i depositi della merce sono stati coinvolti nella giornata di protesta.
Bernard Thibault, segretario della Cgt, si è detto «soddisfatto» per essere riuscito a «unire gli sforzi di tre sindacati per mettere in evidenza la situazione sociale e salariale del personale della grande distribuzione», che sono «i più precari dei dipendenti del commercio».
Carrefour, Auchan, Casino, Picard, anche i discount Lidl e Ed, la protesta ha toccato tutti i grandi nomi, punto di forza dell'economia francese nel mondo. «La realtà dei salari è insostenibile, i datori di lavoro devono aumentare gli stipendi», dice Thibault. In Francia, 650 mila persone lavorano nella grande distribuzione. La grande maggioranza sono donne, le «cassiere», diventate il simbolo vivente dello sfruttamento dell'era post-moderna. Orari atipici, fino a sera, in luoghi lontanissimi dalla residenza personale (i «centri commerciali»), part-time non scelto (ma tempo di lavoro lunghissimo a causa di orari spezzettati, che impediscono di tornare a casa tra una tranche di lavoro e l'altra), lavoro nei giorni festivi, ambienti degradati (come ha messo in luce un anno fa un libro di una medica del lavoro, Dorothée Ramaut, Journal d'un médecin du travail, Le Cherche Midi ed.), difficoltà a sopportare manifestazioni di indifferenza se non di disprezzo da parte della clientela frettolosa. Per di più, le nuove tecnologie (casse automatiche, già in sperimentazione in vari ipermercati) minacciano l'occupazione in un prossimo futuro.
Il 37% dei 650 mila impiegati della grande distribuzione sono a part-time, e questa proporzione sale al 55% per le donne. Il primo stipendio - lordo - di una cassiera è di 16.600 euro l'anno. Dopo vent'anni di lavoro, hanno denunciato ieri molte cassiere, lo stipendio è intorno ai 900-1.000 euro al mese. Nel 2007, gli aumenti sono stati inferiori al 2% mentre l'inflazione corre più veloce. In una Francia dove il potere d'acquisto è diventata la prima preoccupazione, le cassiere si trovano in fondo alla scala sociale.
Il sindacato intanto ha ottenuto il rispetto della legge: pagare le pause (portate al 5% della remunerazione). Il padronato però punta i piedi contro le richieste di diminuire la percentuale di part-time. Ha solo concesso di partecipare a un «gruppo di lavoro». Per la Cgt, «a causa del fatto che questi bassi salari sono legati ad esonerazioni dei contributi, vuol dire che il padronato non ha nessun interesse a cambiare la situazione».
Un piccolo passo avanti potrebbe venire dalla nuova trattativa che il padronato ha accettato di aprire a partire dal mese di aprile: l'eguaglianza uomo-donna. «Se mettiamo tutti questi piccoli passi uno accanto all'altro - dicono a Force ouvrière - questo venerdì sarà considerata una giornata di mobilitazione storica». Ma l'incitamento agli straordinari (con sgravi sui contributi padronali) da un lato e la liberalizzazione dell'apertura la domenica, decise dal governo, rischiano di aggravare ancora la situazione.

31.1.08

Atesia, di nuovo precari

di Michela Bevere

31/01/2008

Dopo solo un anno di stabilizzazione, torna il mostro della precarietà per i ragazzi del call center Atesia del gruppo Almaviva di proprietà di Alberto Tripi. Gli ultimi contratti a tempo indeterminato sono stati firmati a dicembre, grazie al decreto del Ministro del Lavoro Cesare Damiano, che però quasi il 30% dei lavoratori Atesia ha rifiutato. "Ora nonostante abbia fatturato più delle previsioni, come riportato nelle pagine del Sole 24 Ore - racconta Valerio, uno dei cinque ragazzi licenziati nel luglio del 2005 - l'azienda minaccia di chiudere le sedi romane del gruppo Almaviva per l'eccessivo costo del lavoro e vorrebbe, quindi, tornare ai contratti a progetto, dopo aver oltretutto attinto ai finanziamenti statali presenti nella Legge Finanziaria 296/06".

Per questo lunedì i sindacati hanno indetto uno sciopero, a cui ha partecipato l'80% dei lavoratori del gruppo Almaviva. La mobilitazione è stata organizzata per protestare contro la minaccia di chiusura di alcune sedi aziendali, la reintroduzione dei contratti a progetto, e la mancata applicazione degli accordi per il miglioramento salariale. "Da qualche mese - dichiara Alessio De Luca, Cdlt Cgil Roma Sud - si stava affrontando la contrattazione tra il Gruppo Almaviva e i sindacati per il miglioramento salariale e delle condizioni di lavoro. Fase in questi giorni interrotta bruscamente da parte datoriale".

I contratti a tempo indeterminato firmati nell'arco del 2007 sono, infatti, part time con un compenso di 550 euro e con una clausola che imponeva la rinuncia del pregresso. "In realtà -secondo Cristian, uno dei lavoratori che non ha firmato il contratto a dicembre - tutta questa operazione fa gioco a Tripi, che mira all'assegnazione di altre commesse pubbliche, nonostante abbia ultimamente preso il servizio del Comune di Milano 020202". Se non si interviene immediatamente il rischio è che tornino i contratti a progetto, siano messi in cassa integrazione gli operatori stabilizzati prima del decreto Damiano e un radicale peggioramento delle condizioni e dell'orario di lavoro.

Questa è la situazione dei lavoratori del call center Atesia e del gruppo Almaviva. Tra l'altro del Collettivo Precari Atesia ormai non lavora più nessuno, tra chi è stato licenziato e chi non ha ceduto a un trattamento contrattuale iniquo. E domani esce il film di Ascanio Celestini, che fornisce un quadro della vicenda di queste ragazze e di questi ragazzi, vittime del lavoro precario.