31.12.07

Le proteste dei lavoratori precari del Comune di Firenze

29/12/2007 - Tensione in Palazzo Vecchio a Firenze, dove i dipendenti del Comune protestano per la situazione di precariato che riguarda i loro contratti che nel 2008 prevedono un ulteriore indebolimento.

Dure le critiche, oltre che al sindaco Leonardo Domenici, accusato dai sindacati di comportarsi da squalo, alla Finanziaria che, scritta male, rischia di vanificare le poche possibilita' che restano per garantire stabilita' lavorativa e continuita' della gestione diretta dei servizi. Le proteste riguardano soprattutto la scelta di esternalizzare i servizi, di privatizzare a danno di una riduzione dei diritti, delle condizioni di lavoro e della retribuzione. Sul fronte della riduzione della qualita' dei servizi si parla di un meccanismo perverso delle gare al ribasso, della formazione, della sicurezza sul lavoro. Si chiede il rinnovo dei contratti e non nuovi contratti piu' svantaggiosi, si combatte contro l'eterna precarieta' mascherata: ad ogni cambio di appalto, infatti, anche per i lavoratori assunti a tempo indeterminato dalle cooperative o dalle imprese, verrebbe compromessa la continuita' lavorativa.

22.12.07

Perugia - Lavoratori in scadenza

YouTube - Lavoratori in scadenza
I lavoratori precari della Provincia di Perugia incontrano l'assessore al personale e chiedono garanzie e sicurezza per il proprio futuro

4.12.07

Call Center - I precari in sciopero

Torino, Lingotto. Interinali, co.co.pro., ormai i nuovi contratti di lavoro hanno tutti la stessa natura, la precarietà. Questa mattina hanno protestato con uno sciopero i "dipendenti" a tempo determinato della società Telegate, l'azienda dei servizi 89.24.24, di pagine gialle, e 1240, di pagine bianche. I motivi sono molteplici e vanno dallo stipendio troppo basso (5-600 euro al mese) all'insicurezza lavorativa, passando per le preoccupazioni di un futuro incerto.
Il problema è che ci sono, si, leggi che "tutelano" i lavoratori come ad esempio l'obbligo, da parte dell'impresa, ad assumere lavoratori che prestano servizio per più di un tot di tempo (in genere due anni), oppure per coloro che "subiscono" un certo numero di proroghe consecutive... ma, purtroppo, i "datori di lavoro" hanno anche scoperto l'escamotage per aggirare l'ostacolo dell'obbligo d'assunzione. Infatti, basta che ogni tot mesi il contratto venga modificato, oppure che dopo un tot di rinnovi si interrompa il rapporto di lavoro per una quindicina di giorni per poi ricominciare da zero, dove zero tende a infinito... o, ancora, basta far firmare al dipendente un documento dove dichiara le proprie dimissioni, con la promessa di essere nuovamente assunto con contratti "nuovi", ben più convenienti agli imprenditori. Un circolo vizioso che colpisce molti giovani e non più tanto giovani; un meccanismo perverso che spesso colpisce soprattutto le donne, costrette a rimandare il progetto di formare una famiglia, avere dei figli (una donna co.co.pro, per contratto, può essere esclusa dall'impiego in qualsiasi momento, senza preavviso e senza motivazione, a discrezione dell'azienda); un comportamento aziendale verso il quale il governo chiude un occhio, se non tutti e due...

03 / 12 / 2007

Articolo tratto da:
http://www.ecoditorino.org

30.11.07

Caccia al precario... peggiore

Caccia al precario... peggiore

La notizia è riportata dal Corriere della Sera: in Spagna hanno indetto un concorso per eleggere il peggior... ops, il miglio precario.

Vincerà il precario che guadagna meno, ha il contratto più breve e alle peggiori condizioni.
Ovviamente, trattandosi di precari, non si vince nulla (o quasi): una copia dello Statuto dei lavoratori, un’immagine di San Precario “patrono della temporaneità e martire della fine del mese”, e un pacco di libri del valore di 60 euro.

E noi italiani siamo da meno? Vogliamo raccontare la realtà lavorativa di chi deve barcamenarsi con la provvisorietà di un lavoro precario?
Chi vuole raccontare la sua esperienza (attuale o passata) da precario può scrivere un commento qui sotto, o mandare una e-mail (dalMondo.info @ gmail.com).

Tanto, partecipare non costa nulla, e non si vince nulla (però possiamo fare una bella fotografia del lavoro precario in Italia!)

26.11.07

Le Giornate Militari secondo i Precari Esistenziali

E' stata una sei giorni di dibattiti, proiezioni, conferenze, ma anche sei giorni in cui la polizia, secondo il Coordinamento, ha usato metodi di forza nei confronti degli oppositori che, nel contesto delle Giornate dell'esercito, dimostrano quanto l'uso della violenza sia la logica della nostra società.


LUGANO - Oggi il Comitato Precari Esistenziali (CPE) ha indetto una conferenza stampa per presentare un bilancio delle Giornate dell'Esercito che hanno avuto come gran finale la parata di mezzi e uomini delle forze armate svizzere.

A raccontarci come è andata è il portavoce del Comitato che parla di una sei giorni antimilitarista in cui sono molte le persone, anche non legate strettamente ai circoli antagonisti, che hanno partecipato alle serate dibattito organizzate al Centro Sociale Autogestito "Il Molino". Ma non solo. Proiezioni, conferenze, riflessioni sulle conseguenze che inevitabilmente portano ogni conflitto, hanno trovato spazio in una Lugano che osservava il via vai di mezzi militari e di uomini in divisa. I dispositivi di controllo della polizia comunque hanno preso di mira venerdì sera dei conferenzieri intervenuti al "Molino" per parlare della situazione delle basi militari in Italia: "La polizia ha fermato e perquisito per più di un'ora i conferenzieri con pretesti molto discutibili: dapprima hanno accampato la scusa di avere dato un passaggio a uno spacciatore del Luganese, poi hanno addirittura detto che, essendo italiani, per loro le Giornate dell'Esercito erano proibite".

Ma che cosa è il CPE? Il Cpe è il coordinamento in cui affluiscono tutta una serie di associazione e collettivi che vanno dai partiti politici (come per esempio il Partito Comunista o i Giovani dell'MPS) alle associazioni anarchiche e terzomondiste come per esempio il Circolo Vanza e il Movimento dei Senza Voce.

Ai dibattiti il Coordinamento è anche sceso per le piazze e per le strade. Ed è in queste occasioni che la loro presenza ha destato a volte alcuni episodi di intolleranza: "Sabato davanti all'entrata del padiglione Conza una fotografa francese che stava lavorando per un reportage riguardante i Clown Army è stata ferita da una ginocchiata di un militare". Il clown army, sostenitori goliardici dell'antiguerra, volevano entrare sulla passarella durante la sfilata di moda che si è tenuta al padiglione Conza sabato mattina.

A questo episodio si aggiungono i fatti accaduti ieri in cui poliziotti hanno usato le maniere forti per disperdere una manifestazione sarcastica dei Clown Army. Non è piaciuto sia il tentativo di disturbo alla parata, sia "l'inchino all'incontrario" al quale i poliziotti hanno risposto con la violenza.
"E' vero - ammette il portavoce del CPE - l'azione di disturbo è stata sarcastica, ma è stata svolta all'insegna della pace". I militari si sono calati i pantaloni mostrando il proprio posteriore - continua il portavoce - un atto ironico, non c'era nulla di male e di violento".

Quel tipo di saluto ha scatenato la reazione della polizia che ha caricato i manifestanti. Secondo il portavoce del CPE la carica della polizia è stata sproporzionata, anche perché non vi è stato nessun preavviso: "La polizia è uscita dalle file all'improvviso caricando violentemente i clown e altre persone. Nessuno si aspettava una reazione di queste dimensioni. Un cameraman ha perfino riportato una frattura al braccio. altre persone sono state coinvolte e una decina di persone sono rimaste ferite".

p.d'a.

6.11.07

7/11: conferenza stampa sullo sciopero generale

COMUNICATO STAMPA

CONFERENZA STAMPA


SCIOPERO GENERALE DEL SINDACALISMO DI BASE



Roma, mercoledì 7 novembre, ore 11.30

Sala della Provincia

Piazza Giuseppe Gioacchino Belli n. 11





Le organizzazioni sindacali di base - CUB Confederazione Unitaria di Base, Confederazione Cobas e SdL Intercategoriale - insieme ai movimenti sociali che hanno promosso la generalizzazione dello sciopero nazionale di 24 ore proclamato per il 9 novembre prossimo, indicono una conferenza stampa per illustrare le ragioni dell’imminente mobilitazione.



Intervengono:

Pierpaolo Leonardi – CUB

Piero Bernocchi – Conf. COBAS

Fabrizio Tomaselli – SdL

Esponenti di Acrobax, Action e Global Project



Roma, 5 novembre 2007

Prima bamboccioni, ora persino "illegali"

COMUNICATO STAMPA

PRIMA BAMBOCCIONI, ORA PERSINO “ILLEGALI”:

I PRECARI PUBBLICI RISPONDERANNO CON LO SCIOPERO AGLI ATTACCHI

CONTRO LA STABILIZZAZIONE


“Prima fannulloni, poi bamboccioni, ora persino “illegali”: non sono accettabili le dichiarazioni di Nicola Rossi, apparse oggi sul Corriere della sera, in cui la stabilizzazione dei precari viene configurata come un licenziamento dello stato di diritto”, dichiara Carmela Bovino delle RdB-CUB.



“Senza dati alla mano e con il classico metodo di chi vuole creare le lotte tra poveri che lascino in pace i potenti, Rossi fa finta di non sapere che i precari nelle pubbliche amministrazioni sono lavoratori sfruttati e ricattati. Si nasconde volutamente - prosegue Bovino - che i contratti di tipo flessibile sono stati usati in questi anni per coprire forti carenze di organico, nascondere nei bilanci pubblici sotto la voce “servizi” quello che di fatto è una “spesa del personale”, ed avere a disposizione lavoratori qualificati e sempre disponibili per il continuo ricatto del mancato rinnovo dei contratti”.



“Inoltre un precario che ha un contratto fintamente interinale o parasubordinato per conto di un’Amministrazione Pubblica in Italia non può giustizia proprio in virtù di una legge dello Stato (il D.lgs n. 165/01, Art. 36, Comma 2), che fa salve le Pubbliche Amministrazioni dal dover convertire a tempo indeterminato i contratti precari stipulati in violazione delle norme”, precisa ancora Bonvino. “Infine moltissimi lavoratori precari sono stati avviati nelle pubbliche amministrazioni secondo procedure concorsuali, ed il ricorso alle agenzie interinali è stato consentito proprio dalle leggi Treu e 30, che le RdB-CUB non hanno mai accettato, e che invece Rossi difende a spada tratta”.



“La risposta più adeguata a chi è contro la stabilizzazione verrà il 9 novembre dalle piazze di tutta Italia, quando in occasione dello sciopero generale, proclamato dal sindacalismo di base, i precari della Pubblica Amministrazione affermeranno con forza che uno Stato può dirsi veramente “di diritto” se garantisce il diritto al lavoro ed il diritto al reddito per chi un lavoro non ce l’ha”, conclude l’esponente RdB-CUB.



Roma, 5 novembre 2007

4 Novembre. Iniziate presso la sede Ikea Anagnina le riprese del Film documentario

"La Scommessa dei Bamboccioni: esci di casa se ci riesci":
spronati dalle dichiarazioni del ministro Padoa Schioppa alcuni bamboccioni si sono messi insieme per andare via di casa.

Una produzione Vida Loca.

La prima scommessa non ha avuto successo.
Ma i bamboccioni non si sono certo afflitti e non si fermeranno finchè non riusciranno ad andare via di casa Le proveranno tutte.
Partecipa alla sfida o seguila sul sito.
Intanto per far sentire la loro voce parteciperanno allo sciopero generalizzato del 9 Novembre. Appuntamento dunque venerdi 9 Novembre alle ore 10 alla facoltà di lettere di Roma Tre.
Se Roma è precaria...vivi la Vida Loca!
www.romaprecaria.org
FOTO

San Precario partecipa allo sciopero generalizzato del 9 novembre.

Chiama a raccolta i devoti (laici), insieme al sindacalismo di base, per ribadire ancora una volta la necessità di superare la condizione di precarietà, forma generalizzata del lavoro contemporaneo. Lo sciopero del 9 novembre non sarà uno sciopero "normale" ma piuttosto manifestazione concreta e immaginifica di un nuovo modo di comunicare e creare conflitto.

Un nuovo modo di comunicare perché durante la giornata del 9 si materializzerà e verrà diffuso gratuitamente il n. 4 di City of Gods, la "free, free press dei precari e delle precarie", giornale sofisticato e popolare a un tempo, in cui i precari e le precarie prendono parola per affermare che:

· l'accordo del 23 luglio è l'ennesimo pacco: a parole parla di welfare, ma di fatto concede sconti sullo straordinario, favorisce la contrattazione integrativa a scapito di quella collettiva, fa finta di occuparsi di pensionati e disoccupati, ma nulla dice di coloro che, pur lavorando, hanno reddito intermittente e non riescono ad arrivare a fine mese;

· la vera sicurezza è quella sociale. Le politiche sicuritarie sono la versione moderna della disciplina del lavoro e della vita, oggi tese a colpire un gruppo di migranti, ma domani (e già oggi) finalizzate a creare repressione preventiva per tutti noi;

· è necessaria una nuova politica di welfare. La sicurezza si ottiene garantendo continuità di reddito, salari decenti, rispetto dell'eco-sistema e libero accesso ai beni comuni, dalla casa, alla formazione, alla mobilità, al credito, alla conoscenza.

Lo diciamo chiaramente. Il Santo è nervoso, soprattutto se viene evocato a sproposito da questo governo. "Prodi chiede aiuto a San Precario" scrive l'Espresso del 1 Novembre. "Non deliriamo con certe richieste, Romano Prodi", risponde il Santo, "io non ti riconosco. In ogni caso, d'un colpo hai deluso ogni speranza". Un grido d'indignazione che si trasforma in un'imprecazione.

Il sinistro centro sinistra non si spacci per amico nostro. La parola dei precari si esprime in piena autonomia di azione e comunic/azione, verso lo sciopero generalizzato del 9novembre 007

City of Gods, SanPrecario sono l'Intelligenza dei precari/e

www.sanprecario.info

www.intelligence.precaria.org

www.city.precaria.org

www.chainworkers.org

4.11.07

Vita precaria? Casa garantita!

VITA PRECARIA? CASA GARANTITA!

Questa mattina più di cinquanta precari, giovani, famiglie e migranti, organizzate nel Blocco Precario Metropolitano, hanno liberato una palazzina ristrutturata e abbandonata da più di un anno nel quartiere di Vigne Nuove, nella periferia nord est di Roma. Un'azione di riappropriazione di reddito in una zona della città che vede l'invasione di cemento del Piano di recupero urbano, 650 mila metri cubi di edilizia privata e commerciale. Di case popolari, invece, neanche l'ombra.


Centri commerciali, abitazioni a prezzi di mercato esorbitanti, meganegozi di grandi catene nazionali. Un consumo di suolo eccezionale e un’organizzazione del lavoro dove la precarietà è la norma.

I redditi e i salari sono sempre più bassi, l’accesso agli affitti sempre più complicato, soprattutto in presenza di un lavoro precario. Migliaia di famiglie rischiano lo sfratto e molte altre, che hanno stipulato mutui, sono sull’orlo del pignoramento. La graduatoria per una casa popolare ha superato le trentamila unità. I disperati che vivono nelle baraccopoli sono in costante aumento. Per i giovani e i precari è completamente preclusa la possibilità di costruirsi un futuro, laddove la casa dovrebbe essere invece una forma di reddito indiretto.

Le riposte del governo sono ridicole: 550 milioni di euro in Finanziaria (di questi a Roma ne arriveranno 40) serviranno, forse, per risanare alloggi pubblici da destinare alle famiglie sfrattate o a rischio di sfratto. E tutte le altre? Se è vero che in Italia sono 3 milioni e 600mila i nuclei nella soglia di povertà relativa e le case popolari solo 800mila, possiamo ben dire che c’è qualcosa che non va.

Mentre l’emergenza diventava sempre più drammatica c’è chi si è arricchito. I signori del mattone hanno fatto grandi speculazioni finanziarie e le banche hanno svolto un ruolo di rilievo nella dismissione di patrimonio pubblico. Migliaia di alloggi degli enti, dell’Ater e del Comune sono stati svenduti, senza produrre nessun vantaggio per chi aveva bisogno di casa, anzi la situazione è continuamente peggiorata.

Il sindaco di questa città, leader del partito democratico e forse futuro presidente del consiglio, sta gestendo l’emergenza senza dare prospettive e respiro a chi vive il disagio abitativo. Tampona la situazione con i residence e con il sostegno all’affitto, non blocca gli sfratti con una sua ordinanza diretta, coltiva i rapporti con Caltagirone, strizza l’occhio all’Acer (associazione costruttori romani) e alle cooperative, parla di fondi etici e alloggi sociali, tollera le occupazioni perché comunque danno un tetto a migliaia di famiglie, spende i soldi dell’emergenza finanziando carrozzoni come Risorse per Roma e l’Agenzia degli affitti per gli universitari fuorisede, non ha nessuna conoscenza del proprio patrimonio residenziale abbandonato al degrado e alla capacità degli inquilini di autogestirlo e di difenderlo.

Il piano che prevede 10mila nuovi alloggi popolari non è certo un piano delle certezze. Con quali soldi e in quali aree verranno costruiti? Rischiamo nuove colate di cemento in cambio di poche case popolari? La delibera 110/05 servirà solo a governare l’emergenza o riuscirà a dare un ruolo concreto all’amministrazione comunale nelle politiche abitative cittadine?

Vogliamo sottrarre cemento alla speculazione e costruire dal basso un nuovo diritto all’abitare, inteso come bene comune da difendere e affermare. Il governo e le amministrazioni locali devono decidere se far parte del problema o della soluzione: con gli squali del mattone o con i precari, le famiglie, i giovani e i migranti.

Chiediamo

Al municipio: un tavolo di trattativa sull’emergenza abitativa e un piano per il diritto all’abitare.

Al sindaco: il blocco degli sfratti e degli sgomberi tramite ordinanza pubblica, la definizione chiara del piano abitativo comunale legato al fabbisogno reale, lo stop alla vendita del patrimonio residenziale pubblico.

Alla Regione: un finanziamento adeguato delle politiche abitative, la chiusura dell’Ater, il blocco delle vendite degli alloggi popolari, la tutela dell’ambiente e del piano paesaggistico minacciato dalle richieste dei costruttori che puntano alla deregolamentazione dei piani regolatori.

Al governo: 3 miliardi annui per affrontare l’emergenza e iniziare la programmazione di un piano di edilizia popolare all’altezza della situazione, la tassazione della rendita fondiaria, l’abrogazione della legge 431/98.


B.P.M.------->Blocco Precario Metropolitano
segui il battito precario...

>>9 NOVEMBRE 07 SCIOPERO GENERALIZZATO
APPUNTAMENTO ORE 8,30 PIAZZA SEMPIONE<<

2.11.07

RomaPrecaria: la scommessa dei bamboccioni



Precari di RFI bloccano le navi traghetto

Nuova protesta oggi dei precari di RFI. I lavoratori a partire dalle 10 sono tornati a bloccare le navi traghetto alla stazione marittima. I precari improvvisamente hanno raggiunto le invasature ed hanno impedito la partenza a quattro traghetti che si trovavano attraccati e stavano imbarcando auto e treni.
La decisione è maturata mentre i lavoratori stavano decidendo le modalità dello sciopero già proclamato per il 9 novembre. La lotta dei precari va avanti ormai da mesi ma si è intensificata nelle ultime settimane dopo la pubblicazione del bando che dovrebbe sbloccare le assunzioni. Il bando –sostengono le organizzazioni sindacali- va rimodulato nella parte che pone il limite d’età a 40 anni, escludendo di fatto la maggior parte dei precari che da anni vivono una situazione molto difficile e che ora si vedono svanire la possibilità di un'assunzione. I sindacati richiedono modifiche anche alla maggior parte dei requisiti richiesti dall’azienda dei quali pochi lavoratori sono in possesso. Il 9 novembre il bando diventerà ufficiale ed i precari rischiano di restare quasi tutti senza lavoro. Da qui la decisione stamani di avviare la nuova protesta.

26.10.07

La legge 30 condannata anche dall’Onu

L’Agenzia per il lavoro (Ilo) convoca l’Italia per discuterne: le forme di precarietà esistenti da noi sono contro la Convenzione 122
Vittorio Longhi

«Con il pretesto della flessibilità per modernizzare il mercato del lavoro, la legge 30 del 2003 ha creato una situazione di precarietà preoccupante. Secondo le statistiche ufficiali, i contratti a termine sono diventati quasi l’unico modo che hanno i giovani di trovare un impiego ma poi è raro che questi si traducano in lavori stabili, con un rapporto di uno a 25. Stanno aumentando le distorsioni del mercato del lavoro, specialmente nel sud del paese dove la diminuzione del tasso di occupazione ha raggiunto livelli allarmanti». Non sono le considerazioni note della sinistra radicale o dei metalmeccanici Fiom, critici sul Protocollo del governo perché conserva gran parte della legge 30, ma le osservazioni della Commissione di esperti dell’International labour organisation, Ilo, agenzia delle Nazioni unite per i diritti del lavoro, che ha preso in esame il caso italiano.
È passata quasi inosservata la notizia che il nostro governo, tramite il ministro Damiano, è stato convocato in un’audizione speciale nel corso della 96° Conferenza internazionale del lavoro, a giugno a Ginevra, per discutere della situazione in Italia e degli effetti della legge 30, che ha suscitato non poche perplessità nella comunità internazionale. L’Ilo, lo ricordiamo, ha un ruolo normativo e di controllo sull’applicazione delle norme internazionali, oltre che di sostegno ai governi impegnati nel perseguimento del «Lavoro dignitoso», Decent work, contro la deregolamentazione dell’occupazione e la negazione dell’intervento pubblico di protezione sociale. Dai verbali dell’audizione italiana, emerge con chiarezza «l’incompatibilità» delle riforme del governo Berlusconi rispetto alla Convenzione 122 sulle politiche del lavoro. La Convenzione, ratificata dall’Italia nel 1971, impone agli Stati membri l’adozione di «programmi diretti a realizzare un impiego pieno, produttivo e liberamente scelto» e in generale «l’elevazione dei livelli di vita, attraverso la lotta alla disoccupazione e la garanzia di un salario idoneo».
Invece, secondo la Commissione composta da 20 giuslavoristi di tutto il mondo, «l’unico fine perseguito dal vecchio governo è la liberalizzazione del mercato del lavoro secondo un modello di contrattazione sempre più individualizzata, a discapito di politiche territoriali di sviluppo nell’industria e nella ricerca, fondamentali per assicurare competitività nei settori innovativi, anziché cercare di competere con le economie emergenti sul costo del lavoro». Pertanto, dopo avere ascoltato sindacati e imprese, dopo una valutazione della legge 30 e delle sue forme contrattuali, dopo un’analisi dei dati sull’andamento dell’occupazione italiana, la Commissione ha dato le sue indicazioni, individuando alcune priorità da seguire per rimediare ai danni dell’ultima riforma e rispettare la Convenzione 122. In sintesi, è stato richiesto «un ritorno alla centralità del rapporto di lavoro a tempo indeterminato come forma tipica di occupazione», attraverso una concertazione che vada a beneficio dei lavoratori, in termini di condizioni salariali e di vita, e non solo delle imprese. Inoltre, sono da affrontare con urgenza i problemi del lavoro irregolare, le persistenti disparità territoriali e di genere nell’occupazione, la dispersione scolastica, la disoccupazione di lunga durata, i bassi livelli di istruzione e, come indicato dal sindacato, la questione dell’età pensionabile, non risolvibile con scaloni più o meno alti, ma con forme migliori di flessibilità in entrata e in uscita. Il governo dovrà presentare un rapporto dettagliato sulle misure prese in questa direzione e sul loro impatto.
Tuttavia, a parte un’effettiva ripresa del dialogo sociale, non sembra che il Protocollo sul welfare sia in linea con le osservazioni dell’Ilo riguardo alle modifiche radicali della legge 30, che poi coincidono con le posizioni iniziali del sindacato e della sinistra, tutta, ai tempi del governo Berlusconi. «Anche se le indicazioni non vanno nel dettaglio degli strumenti da adottare, con il Protocollo siamo ancora molto lontani dalle raccomandazioni che la Commissione di esperti ha dato», conferma Leopoldo Tartaglia del dipartimento internazionale Cgil e delegato del sindacato confederale alla Conferenza, coerente con i contenuti della piattaforma sindacale Cgil, Cisl e Uil di giugno. È interessante notare che «i rappresentanti della Confindustria presenti a Ginevra non hanno fatto commenti sulla descrizione della situazione italiana - racconta Tartaglia -, anzi hanno detto di apprezzare le intenzioni del governo attuale di combattere il lavoro precario e irregolare». All’audizione dell’Ilo non ha partecipato il ministro Damiano, seppure convocato formalmente, ma Lea Battistoni, che al ministero è direttore generale del mercato del Lavoro. Dopo avere premesso che il nuovo esecutivo è in carica da troppo poco tempo per mostrare già i risultati delle proprie politiche, Battistoni ha rassicurato la Commissione spiegando che le richieste dei sindacati erano state prese in considerazione e che non c’è motivo di preoccuparsi per il mancato rispetto delle convenzioni internazionali da parte dell’Italia: «Questa discussione – ha detto – sembra appartenere al passato, a un altro governo».
dal Manifesto

26-27 Ottobre Dal bisogno dell’emergenza abitativa… verso il sogno di una citta' dei diritti”

ImageDue anni or sono occupammo con le nostre tende e le nostre speranze i cortili dei palazzi abbandonati dell’IPAB San Michele. Si sapeva ancora poco del grande scandalo legato a “Lady Asl” e degli 80 milioni di euro rubati dalle casse della sanità laziale grazie alla grande truffa delle cliniche fantasma.
Dopo due anni, tante manifestazioni, picchetti antisgombero, notti in bianco, abbiamo occupato quei palazzi lasciati al degrado e alle ruberie e infine strappato uno straccio di diritto ad essere riconosciuti come emergenza abitativa… e da qui ripartiamo.
Siamo emergenza abitativa, lo dice la delibera del Comune di Roma n°110 del 2005, ma cosa significa e cosa significa nella testa di chi amministra la città e le sue trasformazioni garantire il diritto alla casa?
In questo quartiere si parla di cementificare con oltre 200.000 m3 di nuova edilizia residenziale privata sull’area dell’ex Fiera di Roma in aggiunta ai centri commerciali e alberghi di lusso che già sono stati realizzati. E questo per rimanere dentro la sola Tormarancia ma se attraversiamo la Colombo scopriamo che stanno creando il Campidoglio 2 nell’area degli ex mercati generali, sedi della Terza università su tutta via Ostiense, piscine per i mondiali di nuoto del 2009 e relative foresterie su quelli che ora sono campi di calcio e strutture pubbliche per lo sport.
Un nuovo processo come quello già avvenuto nel centro storico e che ha provocato l’espulsione, tra le altre cose, dei ceti popolari verso una periferia estrema, senza servizi e senza collegamenti.
Mentre nel frattempo i grandi costruttori (quei vari Coppola, Ricucci, Caltagirone…) si arricchiscono a dismisura trasformando le case e i palazzi di questa città in quelle che sono state definite “case di carta” per il fatto di essere ormai solo un prodotto finanziario.
Questo processo è indirizzato solo dalle logiche della speculazione e per questo la popolazione ne è esclusa, tagliata fuori.
Noi invece vogliamo partecipare, vogliamo innanzitutto che venga garantito un diritto ad essere informati su quali sono i progetti che stanno per calare sulle nostre teste. In secondo luogo vogliamo delle garanzie sulla città di domani: se è vero che oggi la precarietà abitativa caratterizza larghissime fasce di popolazione, quali sono gli strumenti che domani garantiranno quel diritto all’abitare che oggi a Roma è negato? Dai mutui a tasso variabile che strozzano i bilanci di famiglie sempre più precarie, agli affitti saliti del 150% in soli 10 anni, il mercato immobiliare romano dimostra di non essere in grado di garantire una CASA PER TUTTI/E!
I movimenti di lotta per la casa portano avanti da anni la battaglia per un rilancio dell’edilizia residenziale pubblica (E.R.P.) dal punto di vista degli investimenti e della qualità della vita.
Tra le proposte che le lotte hanno prodotto c’è quella dell’autorecupero, da anni divenuta legge regionale, che nasce dalla necessità di partire dai territori e valorizzare i beni immobiliari pubblici in esso presenti, abbandonati al degrado, che vengono ristrutturati e trasformati in case per chi non trova, e non può trovare, nel mercato dei mutui e degli affitti la soluzione.

Per questo invitiamo tutta la popolazione di quartiere a partecipare alla

ASSEMBLEA PUBBLICA
Venerdì 26 ottobre
Ore 17.30
presso l’occupazione abitativa di via del Casale de Merode, 6A

Parteciperanno:

Andrea Catarci Presidente XI Municipio
Gianluca Peciola Assessore alle Politiche Abitative, XI Municipio
Dante Pomponi Assessore per le Politiche per le Periferie ed il Lavoro del Comune di Roma

Con Celestini i precari di Atesia

Alla presentazione domani alla Festa del Cinema di Parole Sante, di Ascanio Celestini, saranno presenti anche i veri protagonisti del documentario: i lavoratori precari riuniti nel collettivo Atesia del call center romano di Cinecittà, una realtà lavorativa divenuta un simbolo del mondo del lavoro nell'era del precariato.

Dopo la proiezione e il dibattiro di domani sera all'Auditorium, si terrà un concerto con Ascanio Celestini e i musicisti del disco di Parole Sante, edito da Radiofandango.

Statali, venerdì sciopero

Statali, venerdì sciopero: i sindacati chiedono soldi
per i contratti e meno precari nel pubblico impiego

Una manifestazioni di dipednenti pubbliciROMA (25 ottobre) - I dipendenti pubblici tornano a scioperare. Gli statali di tutti i comparti si asterranno dal lavoro venerdì per 8 ore. L'agitazione è stata proclamata dalle federazioni del settore di Cgil, Cisl e Uil per il mancato stanziamento in Finanziaria delle risorse necessarie al rinnovo dei contratti per il biennio 2008-2009, ma anche per «la diffusione sempre più estesa della precarietà» in tutti i settori dell'amministrazione pubblica. Prevista anche una manifestazione nella mattinata a Roma: il corteo partirà alle 10 da piazza della Repubblica e si concluderà a Piazza San Giovanni con i comizi dei segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Guglielmo Epifani, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti. «Mi aspetto tanta gente combattiva, colorata e numerosa», dice Carlo Podda, segretario della Fp-Cgil.

Tre motivi per scioperare. Lo sciopero, spiega Podda, è stato indetto «per tre ordini di questioni». Primo per la riproposizione nella Finanziaria della volontà di «ridurre gli organici, bloccare le assunzioni ed esternalizzare le amministrazioni pubbliche. In secondo luogo, per l'aumento della precarizzazione del lavoro pubblico, visto che, tra le altre cose, viene contraddetta la norma della Finanziaria dell'anno scorso che dopo tre anni di precariato prevedeva l'assunzione». Ultimo punto, sottolinea ancora il sindacalista, i rinnovi contrattuali: «E' inutile che i ministri Nicolais e Padoa-Schioppa dicano che ci sediamo a un tavolo e poi le risorse verranno. Nella Finanziaria stanziamenti per il 2008-2009 non ci sono». Senza contare che enti locali e sanità, aggiunge Podda, circa 1,5 milioni di lavoratori, «aspettano ancora il biennio 2006-2007».

«I contratti non sono opzionali, non sono premi o gratifiche. - insiste Rino Tarelli, segretario generale della Cisl-Fp -. Tutto aumenta: pane, pasta, energia», ma i 101 euro previsti dall'accordo di luglio «non si sa più che fine hanno fatto e mancano anche le risorse per il prossimo biennio. Tre milioni e mezzo di famiglie sono lasciate a se stesse, però poi si vuole che gli statali siano efficienti e produttivi».

Arrivano le multe per gli inefficienti. Proprio a una maggiore efficienza è infatti mirato l'ultimo ddl per la modernizzazione e semplificazione della pubblica amministrazione approvato dalla Camera. Il provvedimento prevede anche multe per gli uffici inadempienti nei confronti di cittadini e imprese. Una novità su cui il ministro per le Riforme nella pubblica amministrazione, Luigi Nicolais, insiste particolarmente in uno sforzo complessivo per ridurre i tempi dei procedimenti amministrativi, per aumentarne la trasparenza e per «cambiare profondamente il rapporto tra le amministrazioni e i cittadini».

Sciopero anche nella scuola e all'università. Le agitazioni non si fermano però alla giornata di domani. Sabato 27 toccherà alla scuola (a eccezione della materna che sciopererà domani). Anche in questo caso la rivendicazione sono le risorse per il rinnovo del contratto di lavoro del biennio 2008-2009. Un'altra manifestazione sarà organizzata a Roma alle 14. Lunedì 29, infine, sarà la volta dei dipendenti del settore Università e Ricerca che organizzeranno un presidio davanti al ministero della Funzione pubblica.

25.10.07

Mobilitazione sindacati sardi il 1 dicembre

mercoledì, 24 ottobre 2007

Sciopero sindacati
Tutti in piazza il primo dicembre per chiedere più lavoro e politiche adeguate per lo sviluppo economico e sociale dell'Isola. E' questo l'obiettivo dei sindacati confederali sardi che contano di portare a Cagliari almeno 30mila persone tra lavoratori dipendenti, precari e pensionati. La giornata di mobilitazione avrà il suo culmine in un corteo che si snoderà per le vie del capoluogo isolano. I dettagli del percorso e l'articolazione della protesta verranno forniti dai sindacati in una conferenza stampa in programma il prossimo 12 novembre. Nel frattempo, i leader delle tre organizzazioni sindacali hanno completato un documento unitario con le rivendicazioni al governo nazionale e regionale.

CAGLIARI – Sarà una “iniziativa straordinaria di mobilitazione e lotta” quella annunciata dalle segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil, nel documento unitario in vista della manifestazione che si terrà il primo dicembre a Cagliari. “Una giornata di mobilitazione e lotta per richiamare le responsabilità della Regione, del Governo e del sistema delle imprese. Sono infatti necessarie politiche di sviluppo economico capaci di incontrare la forte domanda di lavoro di qualità e di coesione sociale, che ormai riguardano tutti i territori – scrivono Mario Medde, Giampaolo Diana e Francesca Ticca – La Sardegna è attraversata da una profonda crisi che interessa l’intero sistema produttivo e, più in generale, il sistema economico con riflessi di forte disagio sociale. Cgil, Cisl e Uil – è scritto ancora - da tempo impegnate per contrastare il continuo depauperamento del sistema produttivo, ritengono indispensabile un impegno concreto della Regione e del Governo per rimuovere le cause della crisi e rilanciare le attività produttive e il sistema economico”.

Molti i settori su cui si chiede un intervento “tempestivo, se si vuole recuperare fiducia nel futuro anche da parte di tutti gli operatori economici”: energia, continuità territoriale delle persone e delle merci, industria, servitù militari, istruzione e formazione professionale, lavoro e precariato, zone franche urbane, trasporto pubblico locale, politiche del credito turismo, beni culturali e ambiente, senza dimenticare il comparto agricolo ed ittico.

Le tre segreterie, rimarcando “l’urgenza di modernizzare la pubblica amministrazione”, auspicano infine che il Piano paesaggistico ''restituisca ai Comuni la facoltà di pianificare il proprio territorio e
programmare lo sviluppo” e “ribadiscono le critiche sulla legge statutaria relativamente al ruolo delle parti sociali e del mondo del lavoro, di cui - nel testo di legge - non si trova riscontro”.

Liguria - Sciopero vietato per i vigili del fuoco

- 25/10/2007
www.quotidianoligure.it

Vigili del fuoco sul sentiero di guerra per il rinnovo del contratto di lavoro scaduto da 22 mesi. Riceviamo questa comunicazione delle RdB CUB e volentieri lo pubblichiamo:
"Il Ministro dell’Interno fa intervenire la Commissione di Garanzia per vietare lo sciopero dei Vigili del Fuoco proclamato per il 25 ottobre. Le RdB-CUB comunque confermano la manifestazione nazionale, che si terrà il 25 ottobre a Roma, presso il Ministero della Funzione Pubblica, in Corso Vittorio Emanuele 116 dalle ore 10.30.
In continuità con il precedente esecutivo, il Governo persegue una politica di militarizzazione del Corpo nazionale e di restringimento dei diritti dei lavoratori dei Vigili del Fuoco. Dopo aver impedito lo svolgimento delle elezioni delle Rappresentanze Sindacali Unitarie previste per il mese di novembre, tenta ora di mettere il bavaglio anche alla protesta.
Ma la condizione dei lavoratori ha ormai raggiunto livelli inaccettabili: il contratto di lavoro è scaduto da oltre 22 mesi, il servizio di soccorso alla popolazione viene garantito attraverso l’impiego dei 15.000 precari, a cui tra l’altro viene negata la stabilizzazione, e svolto con mezzi e strutture insufficienti.
Le tragedie annunciate dell’estate passata hanno definitivamente messo in luce come l’attuale sistema di protezione civile sia al Collasso. La manifestazione del 25 ottobre intende impedire che il paese si ritrovi privo di una struttura di salvaguardia della incolumità dei cittadini, e rivendicare un Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco composto non da manovali, né da militari, ma vero asse portante della Protezione Civile".

Contratti atipici, record pugliese
in media durano solo 19 giorni

Contratti atipici, record pugliese
in media durano solo 19 giorni

Ilaria Ficarella
Duecento imprese sono state prese in esame da Adecco
Diciannove giorni per un contratto. Tanto durano in Puglia i rapporti di lavoro atipico instaurati attraverso le agenzie interinali. Un periodo di tempo ridottissimo se confrontato con la media della durata dei contratti flessibili in Italia, pari a 42 giorni. A dirlo è un´analisi dell´Adecco, società leader nella gestione delle risorse umane con servizi che vanno dal temporary staffing, all´outsourcing, dal permanent placement, all´outplacement, dalla formazione dalla consulenza. "Quello che determina questa anomala situazione – spiega Nico Di Sabato, segretario del sindacato precari Nidil della Cgil Puglia – è l´utilizzo che le industrie metalmeccaniche del territorio fanno del lavoro interinali. Ad abbassare la media sono in particolare quei contratti a due o tre giorni che alcune fabbriche applicano soprattutto nei fine settimana per mantenere sempre uguale il livello di produzione". Non è completamente d´accordo con questa visione settoriale Carmela Gallo, direttore dell´area Puglia, Basilicata e Molise di Adecco. "Quello dei contratti brevi o addirittura brevissimi – dice – non è un fenomeno che riguarda esclusivamente il comparto della metalmeccanica. E´ invece un fatto generale. E´ infatti vero che per mantenere costante la produttività nell´arco della settimana si faccia ricorso ai cosiddetti lavoratori weekendisti o si applichino questi contratti per coprire turni di ferie o festività. Ma questo avviene in ogni genere di azienda".
Delle oltre duecento imprese pugliesi su cui si basano i dati elaborati da Adecco, restano in ogni caso le metalmeccaniche quelle che più frequentemente fanno ricorso a società di lavoro interinale: il 76 per cento del totale infatti appartiene a questo comparto, contro il 29 per cento della media nazionale. Altro settore che ricorre ai servizi di società esterne per l´acquisto di lavoro a tempo in Puglia è il terziario per l´otto per cento (mentre la media nazionale è de 34 per cento). Le industrie del settore tessile, chimico, manifatturiero e della gomma plastica sommano invece appena il quattro per cento delle aziende che fanno uso della flessibilità di lavoro in entrata. "Si tratta comunque di formule di contratto che vengono utilizzate nella maggior parte dei casi – spiega Carmela Gallo – soltanto per i primissimi tempi. E che comunque in molto spesso preludono all´avvio di rapporti di lavoro molto più stabili". Dei lavoratori avviati nel corso del primo semestre di quest´anno infatti, almeno il 38 per cento avrebbe raggiunto la stabilità al termine di una missione media di due mesi.
La ricerca di un lavoro flessibile in Puglia attiene ancora a fasce di giovani (di età media pari a 30 anni, due anni più bassa dell´età media nazionale) dotati di un titolo di studio che soltanto nel due per cento dei casi consiste in una laurea: il 71 per cento dei lavoratori precari ha infatti un diploma di scuola superiore, mentre il 26 ha un diploma di scuola media.
(25 ottobre 2007)

I precari della CRI a Bergamo

ImageCome avete potuto verificare negli ultimi giorni, all’esterno della sede di Bergamo della Cri sono comparse le bandiere dei sindacati di CGIL, CISL e UIL e alcuni striscioni. La protesta nasce dalla condizione contrattuale in cui i dipendenti CRI si trovano ormai da anni, vale a dire il mancato riconoscimento della stabilizzazione contrattuale prevista dal comma 519 articolo 1 della finanziaria 2007. La legge prevede che sia assunto a tempo indeterminato il personale non dirigenziale in servizio da almeno tre anni, anche in modo non continuativo.
ImageLa Croce Rossa Italiana però non riconosce come dipendenti a tutti gli effetti i lavoratori che vengono impiegati con l'uso delle convenzioni. A Bergamo ci sono dipendenti che vivono in una condizione di precariato da ormai 15 anni. Si tratta di una situazione molto delicata perché nella nostra provincia sono in 40 a vivere la realtà del precariato. Un numero elevato se si pensa alla mole di lavoro che viene svolta quotidianamente. Anche il presidente provinciale Ferdinando Spada ha espresso in una lettera piena solidarietà ai dipendenti in attesa di essere regolarizzati. Giovedì 18 ottobre si è tenuta una manifestazione davanti ai cancelli della Prefettura di Bergamo per comunicare anche ai rappresentanti del Governo questa condizione di disagio. Inoltre sono stati distribuiti numerosi volantini per far conoscere la situazione dei dipendenti della Croce Rossa Italiana all’opinione pubblica. Gli stessi dipendenti hanno proclamato attualmente uno stato di agitazione. Il chè, però, non comporterà in alcun modo l’interruzione del servizio sanitario d’emergenza rivolto alla cittadinanza.

In piazza il 24/10 i precari del comune di Roma

Roma, 23 ott. (APCom) - Scendono in piazza mercoledi 24 ottobre i precari del Comune di Roma. Alle 13.30 di fronte al Campidoglio si svolgerà infatti una dimostrazione pubblica organizzata dai dipendenti precari del Comitato 10 Aprile.

Si tratta di 288 istruttori amministrativi provenienti dalla graduatoria del concorso pubblico del 1998, assunti con contratto a tempo determinato nel 2005, successivamente prorogato fino al maggio 2009.

"Scopo dell'iniziativa - rendono noto gli organizzatori in un comunicato - è la sensibilizzazione della Pubblica amministrazione, soprattutto del sindaco capitolino Walter Veltroni, al rispetto dell'accordo quadro per "la stabilizzazione del personale precario del Comune di Roma" siglato tra l'amministrazione comunale e le organizzazioni sindacali il 18 dicembre 2006.

'Legge 30: vita da precari''

Spettacoli, "Legge 30: vita da precari"

Venerdì 26 ottobre, alle 21.15, nella sala polivalente di San Polo. Ingresso gratuito

SAN POLO (RE, 25 ott. 2007) - Una vita da precari. A volte tragica come quella di Abdel, infermiere marocchino precario in Italia. Una storia vera di estrema precarietà che ha ispirato i Teatri Offesi di Pescara nello spettacolo "Legge 30: vita di Abdel" , con Fabio Zavatta e Lorenzo Marvelli, secondo appuntamento del festival teatrale "Dei delitti, dei diritti", venerdì 26 ottobre, alle 21.15, nella sala polivalente delle scuole elementari di San Polo (ingresso via Gianmaestri). La terza edizione del festival è dedicata ai diritti umani ed è organizzata dal circolo Arci Indiosmundo in collaborazione con il comune di San Polo nell'ambito dei festeggiamenti per i 50 anni di nascita dell'Arci. Ingresso gratuito.
Ultimo appuntamento sabato 3 novembre, alle 21.15, sala polivalente ,sul tema della pena di morte con il reading multimediale di Marco Cinque "Poeti da Morire" .
Letture da Beccaria a Camus, da Jessie Jackson a Luigi Pintor, e i versi scritti nei bracci della morte statunitensi.

I precari del Formez: "Ministro Nicolais, ci metteremo in mutande!"

da Agorà magazine

I precari del Formez: "Ministro Nicolais, ci metteremo in mutande!"

Protestano i lavoratori del centro di formazione. Lettera aperta al Ministero per le Riforme e l’Innovazione

giovedì 25 ottobre 2007 di Cristina Liguori

Egregio Signor Ministro, Le diamo una notizia: il Formez sta morendo! A scriverLe sono i collaboratori del Formez e che hanno deciso di manifestarLe nuovamente il proprio sconcerto per quanto sta avvenendo, con la speranza che almeno questa volta ci risponda.

Nell’aprile 2007, con l’approvazione della nuova mission del Formez da partedell’Assemblea dei Soci, da Lei preseduta, sembrava esser terminata la disputa sull’utilità del Formez per il Paese Tuttavia, a distanza di un anno, si sente ancora parlare del progetto dell’AgenziaNazionale per la Formazione che prima vede coinvolto il Formez e poi non più.

Si parla di rilancio, di nuova mission e di nuove sedi per Roma e Napoli (da Palazzo Fuga a Villa Campolieto, dalla Reggia di Caserta a Santa Anastasia) ma, nei fatti, al Formez non è affidata alcuna attività, commessa o finanziamento. Speriamo vivamente che il Governo non metta più in discussione il Formez e che anzi ne apprezzi l’importanza del ruolo e l’efficacia della sua azione, prendendo una decisione che ci faccia uscire da quest’impasse.

L’incertezza è il nostro peggior male perché per noi si traduce in contratti scaduti e non più rinnovati e sempre meno lavoro, quindi, una forte riduzione dei compensi. Al Formez ci sono più di 200 giovani collaboratori (ricercatori, formatori, agenti di sviluppo) tutti laureati e in possesso di specializzazioni, master e dottorati di ricerca, che, nella maggioranza dei casi, non sono né liberi professionisti né consulenti pluricommittente, ma dipendenti "mascherati" che lavorano in media da 6/7 anni (in alcuni casi anche da 10) quotidianamente presso l’Istituto.

Egregio Ministro, l’Amministrazione del Formez si è impegnata da due anni con le organizzazioni sindacali ad avviare un processo di stabilizzazione dei rapporti di lavoro, ma l’unica cosa stabile è che il Formez continua a non dare seguito agli impegni assunti e, peggio ancora, si sta accingendo ad assumere nuovo personale esterno (proveniente dalle società partecipate, giustamente dismesse).

Egregio Ministro, Lei, ha manifestato l’intenzione di iniziare un percorso di modernizzazione e trasparenza di tutto l’operato della PA ed oggi ha modo di far seguire i fatti alle parole. Le chiediamo, con un atto di responsabilità politica, di assumersi l’impegno a tutelare le giovani risorse che si sono formate e specializzate al Formez, e che possono essere ancora un patrimonio utile per l’intero sistema della PA italiana.

Crediamo che Lei debba chiaramente e definitivamente esprimere le Sue intenzioni sul futuro del Formez, anche attraverso una conferenza con il personale, ascoltando le storie professionali di chi, come noi, non lavora nelle PP.AA. ma per le PP.AA.

In attesa di una Sua risposta, Le annunciamo che il prossimo 26 ottobre, alle ore 12, i precari del Formez, aderendo allo sciopero indetto da CGIL-CISL-UIL per il pubblico impiego, saranno simbolicamente "in mutande" davanti la sede del Formez su Second Life.

Fiduciosi, La salutiamo cordialmente. I collaboratori precari "storici "del Formez

15.6.07

19/6 Sciopero generale in Calabria

SCIOPERO CALABRIA: APPELLO CGIL ALLA MOBILITAZIONE

(AGI) - Catanzaro, 14 giu. - Il segretario generale della Cgil Calabria, vera Lamonica, lancia un appello alla mobilitazione in vista dello sciopero generale della Calabria, in programma per martedi’ 19. “In Calabria, - dice la sindacalista - regione gia’ fortemente in debito d’ossigeno per quanto riguarda ogni ipotesi di sviluppo e recupero di competitivita’, sempre in coda a tutte le graduatorie per quel che concerne l’occupazione e con un tasso di lavoro irregolare che incide - secondo i dati Istat - per il 26%, il futuro appare quanto mai incerto. Nei soli call center, interessati in questa fase attraverso gli accordi sindacali all’applicazione della circolare Damiano, i precari sono ancora circa 6 mila e quasi tutti prestano la propria attivita’ con le tipiche modalita’ del lavoro subordinato a tempo indeterminato, senza averne pero’ i benefici in termini economici e di tutela dei diritti. Senza contare - aggiunge - quante migliaia di precari, in condizioni di sfruttamento e di sottosalario esistono nel complesso dei settori privati. Circa 8 mila, invece , i lavoratori Lpu Lsu: aspettano da anni la stabilizzazione e intanto cercano di sopravvivere con un salario da fame. Ma nel complesso delle amministrazioni pubbliche calabresi e della sanita’ ne esistono, con vari tipi di contratto a termine o atipico, diverse altre migliaia. E poi il nuovo dramma della ‘migrazione dei cervelli’: migliaia di giovani, ogni anno, dopo aver acquisito un diploma o un titolo di studio universitario o comunque completato la propria formazione culturale, sono costretti a cercare fuori regione una possibilita’ d’impiego. Una nuova migrazione che determina una pesante ipoteca sul futuro stesso della Calabria. Nella piattaforma sindacale per lo sciopero generale del 19 giugno, e’ stata sottolineata la necessita’ di un Piano per il lavoro, in Calabria, strettamente correlato al sistema formativo dell’istruzione e dell’universita’, proprio per evitare questa enorme dispersione di energie e di risorse vitali per l’intera regione. Tutto cio’, unitamente ad un reddito di inserimento sociale, capace di costituire un primo argine ad una poverta’ crescente tra la popolazione calabrese. A tutte queste persone - dice Lamonica - , il sindacato si rivolge perche’ siano anche loro- attraverso la partecipazione allo sciopero generale del 19 giugno- a testimoniare l’ansia e la volonta’ di un cambiamento radicale nella programmazione e nella gestione dei principali elementi di crescita socio-economica della nostra regione. A queste stesse persone,l’appello perche’ facciano sentire forte la loro voce, a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori di altri settori produttivi, dei pensionati, delle pensionate e di tutti coloro che sperano in condizioni di vita migliori e sono disposti a lottare per realizzarle, per una reale dignita’ del lavoro e una migliore qualita’ della vita,anche in Calabria”. (AGI)
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Per gli insegnati precari nuovo regolamento "Iniquo e penalizzante"

ROMA
«Iniquo e penalizzante». Così i Cip, Comitati Insegnanti Precari, definiscono il regolamento sulle supplenze dei docenti contestando le novità introdotte dal ministero della Pubblica Istruzione. Pur apprezzando la volontà di semplificare le modalità e i tempi per l’assegnazione delle nomine, spiega in una nota il Cip, si contesta sia la diminuzione del numero di istituti nei quali è possibile presentare le domande sia l’indicazione ai presidi di attribuire le ore disponibili al personale di ruolo.

Se l’informatizzazione del sistema e le apposite graduatorie per le supplenze brevi, finalmente, contribuiscono alla rapidità nel reperimento dei supplenti e alla trasparenza delle nomine, la contrazione del numero degli istituti (da 30 a 20) vanifica ogni beneficio, con grave pregiudizio per alunni e insegnanti precari. «L’attribuzione degli spezzoni fino a 6 ore, concesse come straordinario, ai docenti in ruolo a danno dei precari - afferma Gianfranco Pignatelli, presidente nazionale dei Cip - segna un’inaccettabile retromarcia rispetto ai provvedimenti varati solo un anno fa e dimostra, ancora una volta, con quanta contraddittorietà, approssimazione e stoltezza si governi la nostra scuola».

È noto a tutti, infatti, prosegue la nota «che un tale provvedimento, prima ancora di essere punitivo nei confronti dei diritti legittimi dei precari, costituisce un sensibile aggravio per la finanza pubblica, incentiva il cannibalismo professionale nella scuola ed incrementa il nepotismo col quale i dirigenti scolastici, spesso, gestiscono privatisticamente incarichi e risorse».

I Cip, inoltre, denunciano l’inqualificabile destrezza con la quale il ministero ha ritardato ad arte il varo del regolamento, a dimostrazione di quanto sia impresentabile. «Ne chiediamo - conclude Pignatelli - l’immediata modifica perchè manifestamente iniquo, illogico, dispendioso e inutilmente penalizzante per i precari e per la qualità del servizio da loro garantita alla scuola pubblica».

Panini (Cgil): ritardi in stabilizzazione precari

UNIVERSITA’: PANINI (CGIL), RITARDI IN STABILIZZAZIONE PRECARI

(AGI) - Roma, 13 giu. - “Pesanti ritardi in numerosi atenei sulla stabilizzazione dei precari. Non si puo’ perdere neanche un minuto, devono intervenire con urgenza i ministeri interessati”.
E’ l’help’ lanciato dal leader della Flc-Cgil, Enrico Panini, che sottolinea come “diversi atenei non abbiano ancora avviato le procedure di stabilizzazione dei precari, probabilmente interpretando l’autonomia come totale indifferenza nei confronti delle leggi dello Stato, dopo che da 40 giorni sono state rese note le regole per stabilizzare una parte del precariato delle Universita’”. Per Panini si tratta di “un atteggiamento inaccettabile. La Flc-Cgil - prosegue il segretario - sta mettendo in campo tutte le iniziative necessarie per tutelare gli interessi dei lavoratori. Chiediamo che il Ministro della Funzione Pubblica ed il Ministro dell’Universita’ intervengano con ogni urgenza per sanare una situazione insostenibile e per confermare definitivamente che non vi sono altre direttive in arrivo che dovrebbero chiarire norme che sono gia’ chiare. La direttiva numero sette del Dipartimento di Funzione pubblica, infatti, ha precisato in maniera inequivocabile che le norme sulla stabilizzazione dei lavoratori precari devono essere applicate anche nelle Universita’, compresi i lettori e i cel. Contrariamente a quanto dichiarato da alcune amministrazioni non esiste, quindi - prosegue il segretario della Flc - alcun atto integrativo della direttiva specifico per le universita’ che devono uniformarsi al resto della pubblica amministrazione. La Direttiva numero sette, che a nostro giudizio e’ molto insufficiente perche’ esclude i ricercatori dal processo di stabilizzazione, avvia con norme precise un processo di superamento del lavoro precario. Non a caso diversi Atenei hanno conseguentemente sottoscritto intese per l’applicazione dei commi 519 e 529 della Finanziaria per il 2007″. La Flc-Cgil che chiede l’applicazione immediata delle norme definitive “senza eccezione alcuna” chiede che la prossima Finanziaria “garantisca le risorse aggiuntive finalizzate a sostenere il processo di superamento del lavoro precario includendo i ricercatori e docenti precari degli atenei che fino ad oggi sono totalmente esclusi”. (AGI)
Cma

Provincia di Bologna: 123 assunti in 3 anni

Precari: Giunta provinciale approva piano per assunzione 123 persone

La Giunta provinciale di Bologna, nella riunione di questa mattina, ha approvato il Piano triennale dei fabbisogni di personale e adeguamento della dotazione organica che comprende anche il documento sulla stabilizzazione del personale. Nel triennio 2007-2009 verranno assunti complessivamente 123 dipendenti, di cui: 79 nel 2007, 26 nel 2008 e 18 nel 2009.

“Mi sembra un punto di arrivo importante – ha commentato la presidente Beatrice Draghetti - e di grande soddisfazione perché si tratta di un tema che incide concretamente sulla vita di tante persone che ogni giorno lavorano all’interno di questo ente. Dopo anni di incertezza, a livello nazionale e locale, il tema del precariato, grazie anche alle nuove norme della Finanziaria, viene affrontato concretamente”.

Pensionati: 200mila in piazza

La giornata di lotta dei pensionati

200 mila in piazza
A Roma la polizia disperde il corteo

Difficile non iniziare il resoconto di questa "Giornata di lotta" dei pensionati italiani da quanto avvenuto a Roma, dove la polizia ha disperso un gruppo di manifestanti nelle vicinanze di Palazzo Chigi. Ne sono scesi 200 mila, in piazza, in tutta Italia, chiedendo al governo politiche sociali più incisive, l'aumento dei vitalizi, un aiuto concreto contro l'erosione del potere d'acquisto. Una manifestazione indignata ma pacifica. Ma chi avrebbe mai immaginato che le forze dell'ordine di un governo di centrosinistra disperdessero un corteo di pensionati? E' successo anche questo. E i sindacati, letteralmente esterrefatti, lo giudicano "un episodio incomprensibile", che fa seguito - aggiungono - "all'inspiegabile diniego da parte della Questura di Roma" di organizzare una "pacifica catena umana da Palazzo Madama a Piazza Montecitorio".

E' quanto affermano in un comunicato congiunto i tre segretari del Lazio di Cgil Walter Schiavella, di Cisl Roma Danilo Reali, e Uil Lazio Luigi Scardaone, annunciando che Cgil Cisl Uil ''oggi stesso inoltreranno una richiesta urgente di incontro al Questore di Roma''. ''Al termine della manifestazione unitaria, cui hanno partecipato circa 5.000 persone, alcune decine di pensionate e pensionati - ricostruiscono i sindacati - si sono radunate sotto la Galleria Alberto Sordi, scatenando una reazione certamente non proporzionata ai reali rischi rappresentati dal passaggio di alcune decine di terribili settantenni armati di palloncini e cappellini colorati''. ''Le forze dell'ordine infatti - ricostruiscono Cgil, Cisl e Uil - su ordine di zelanti funzionari, hanno proceduto all'identificazione dei presenti e di chi si trovava a transitare nella Galleria. Alcuni dirigenti sindacali, intervenuti per verificare quanto stesse accadendo e a difesa di coloro che, sprovvisti di documenti di identita', venivano minacciati di essere portati in Questura, sono stati identificati. Tra essi Pierpaolo Baretta e Salvatore Biondo, rispettivamente segretario generale aggiunto Cisl e segretario Cisl Roma e Walter Schiavella, segretario generale della Cgil Roma e Lazio. Il tutto - sottolineano - sotto le telecamere dei TG nazionali presenti''.

Una ricostruzione dei fatti però smentita dalla Questura di Roma, secondo la quale "i manifestanti hanno lasciato ordinatamente piazza Santi Apostoli e successivamente circa 150 manifestanti hanno raggiunto a piccoli gruppi le adiacenze di piazza Colonna, vicino a Palazzo Chigi. Questi ultimi hanno sostato per una cinquantina di minuti senza alcun intervento nei loro confronti di alcun genere".
In seguito, nel pomeriggio, i rappresentanti sindacali del Lazio hanno incontrato il questore di Roma, Marcello Fulvi, per chiarire quanto avvenuto. Il colloquio - si legge sempre in una nota della Questura della Capitale - è stato "connotato dalla massima cordialita' reciproca" e "nel corso della conversazione sono stati chiariti alcuni episodi di lieve entita' dovuti ad eccesso di zelo, che non inficiano il rapporto di correttezza sempre intercorso tra le organizzazioni sindacali e la Questura di Roma".

Le manifestazioni
I pensionati italiani hanno risposto in maniera massiccia all’appello dei sindacati e sono scesi in piazza, in tanti. Un’ideale manifestazione collettiva rivolta direttamente al governo con due richieste precise: approvare la legge sulla non autosufficienza, dare più soldi alle pensioni. “Le famiglie vanno sostenute nei fatti e non con le parole”, si legge nel volantino di Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, che ora chiedono al governo di non ignorare una protesta di tali proporzioni. Le pensioni, ricordano i sindacati, hanno perduto il 30 per cento del potere d’acquisto. Quanto ai fondi per la non autosufficienza, ammontavano a 100 milioni di euro, ora sono diventati 70 perché 30 sono stati utilizzati per ripianare i debiti della sanità. Col risultato che arrivare alla “quarta settimana” del mese, per molti, diventa un’impresa. A suffragare queste considerazioni ci sono le cifre diffuse dall’Istat, che spiegano come un terzo dei pensionati versi in condizioni di povertà. Nel dettaglio, il 24 per cento è costretto a vivere con meno di 500 euro, il 31 per cento con importi che non superano i 1.000 euro.

“Si è trattato di una manifestazione importante, che è andata molto bene e che risulta ancora più influente visto che arriva a pochi giorni dall'apertura del tavolo di concertazione col governo”, commenta il leader della Cgil Guglielmo Epifani. “È un segnale esplicito – aggiunge – che il sindacato manda all’esecutivo perché orienti il confronto in questa direzione, cioè rispondere alle richieste dei lavoratori precari e dei pensionati”.

Erano in 20 mila a Napoli e Torino, 15 mila a Firenze e Bologna, 12 mila a Roma, 5 mila a Palermo, L’Aquila e Cagliari, oltre 6 mila a Bari: sit-in, corteo, comizi e “passeggiate” hanno riguardato oggi oltre cento città italiane.

Soddisfazione sull’esito della manifestazione arriva anche da Silvano Miniati, segretario generale Uil Pensionati: “Il governo tenga conto di questa protesta e decida al più presto misure a favore della popolazione anziana e pensionata”. Il segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, da parte sua, chiede il rispetto degli impegni, perché “la gente non ce la fa più”. “Questa – afferma – è l’Italia che ha lavorato e che ora si trova con un pugno di mosche in mano. E poi, ci sono centinaia di migliaia di persone non autosufficienti. Si deve risolvere questa vicenda, altrimenti non saremo disposti a discutere di nessuna altra cosa. Speriamo che Prodi mantenga la parola”.

(www.rassegna.it, 12 giugno 2007)

Scuola, nell'ultimo anno 54mila insegnanti in più senza cattedra

Più alunni e più classi, sono quindi aumentati i docenti, ma il tutto a “vantaggio” del precariato

Roma (GiPe) - Dal dossier di Legambiente “Scuola Pubblica: cambio di passo?” emerge in tutte le sfumature lo stato di crisi del sistema scolastico italiano. Situazione sempre più grave di anno in anno. È cambiato il Governo, ma non lo stato della scuola italiana. Crisi che è facilmente leggibile nel dato relativo al precariato: nell’ultimo anno i “senza cattedra” sono aumentati di 54mila unità arrivando a 156.568, ben il 18,3% del totale, il livello più alto di precarietà mai raggiunto. Questa esplosione è stata determinata dall’aumento generalizzato degli alunni, particolarmente significativo nella scuola superiore, più di 140mila: dal 2001 si sono iscritti a scuola 127.994 alunni in più, l’equivalente di 3.694 classi. Si è venuta così a creare una situazione paradossale: sono aumentati gli alunni e le classi, sono quindi aumentati i docenti, ma il tutto a “vantaggio” del precariato.
La scuola è oggi dunque più precaria. Infatti dal 2001 al 2005 gli insegnanti di ruolo sono diminuiti di 46.528 unità, l’incremento di 10.701 unità nell’ultimo anno non inverte la tendenza. L’incremento della precarietà vuol dire non poter garantire alcuna continuità nel percorso formativo e, ciò che è più grave, è che questo avviene in due settori particolarmente delicati del sistema scolastico italiano. La maggioranza dei docenti “a tempo determinato” si trova infatti negli istituti professionali (42,72%), anello debole del nostro sistema scolastico con un altissimo tasso di abbandono, o è impiegata nel sostegno, dove i precari hanno raggiunto il 50% del totale degli insegnanti impiegati in questa funzione.
Il primo paradosso, per cui l’aumento di posti di lavoro determinato dall’aumento del numero di alunni ha determinato una inedita precarizzazione della categoria, è accompagnato da un altro paradosso: aumentano alunni e docenti ma diminuiscono le risorse finanziarie per l’offerta formativa.
«Oltre all’esplosione del precariato, assistiamo a una sempre più significativa riduzione dei finanziamenti - spiega Vittorio Cogliati Dezza, responsabile nazionale di Legambiente Scuola e Formazione, nel commentare i dati del dossier -; i tagli sono oggi ancor più “pesanti” perché la crescita degli alunni è determinata in gran parte dai ragazzi di origine straniera (nell’ultimo anno più di 430mila, pari a quasi il 5% della popolazione studentesca) che, proprio per le difficoltà linguistiche e le differenze culturali, avrebbero bisogno di una scuola ricca di più funzioni, prima fra tutte quella del mediatore linguistico e culturale».
I tagli per l’arricchimento del Piano dell’offerta formativa sono stati del 22% rispetto allo scorso anno, e raggiungo più del 50% rispetto al 2001.
«La scuola è ancora affrontata come un costo – sostiene ancora Cogliati Dezza -. Ma ciò che è più grave è che nelle scuole italiane si respira sempre la stessa aria di sfiducia, sia tra gli insegnanti che tra gli studenti, sempre più demotivati. Nonostante alcune innovazioni molto importanti, come l’innalzamento dell’obbligo scolastico a 16 anni, il rilancio dell’istruzione tecnica e professionale, la riforma dell’esame di stato e l’avvio del riesame delle Indicazioni nazionali piuttosto che la ripresa degli investimenti nell’edilizia, nella vita quotidiana della scuola non si registrano effetti tangibili. La scuola non se n’è accorta».
In calo anche gli investimenti nell’Educazione per gli adulti (in controtendenza con quanto deciso a Lisbona nel 2000) solo lievemente compensati da una piccola crescita dei corsi presso i Centri territoriali permanenti. Come pure si è ridotto l’investimento per la formazione degli insegnanti, che scende del 60% rispetto al 2001 e del 34,49% rispetto all’altr’anno. Del tutto azzerati, come ormai succede dal 2003, i finanziamenti per le nuove tecnologie nelle scuole.
Unico, consolante, dato in controtendenza - secondoLegambiente -: nella Finanziaria 2007 tornano gli investimenti nell’edilizia scolastica, con decreti che dispongono incentivi per l’installazione del solare fotovoltaico nelle scuole.

Paolo Virzì: "Racconto con la Ferilli i lavori dei giovani precari"

di Michele Anselmi - martedì 12 giugno 2007, 10:03

Roma - Il titolo va letto per contrasto, con sottolineatura amarognola, proprio come accadeva per La bella vita. Lì si narravano i giorni vuoti, sempre più desolati e improduttivi, di un operaio cassintegrato dell'Ilva di Piombino. Tredici anni dopo Paolo Virzì fa un altro film sui temi del lavoro, anzi dei nuovi lavori: Tutta la vita davanti. Una frase fatta, da presunta saggezza popolare, usata di solito per rassicurare chi è giovane e avrà tempo per sistemarsi. Il tema è il mondo dei call-center, tra sfruttamento, imbrogli e promesse, con un occhio alla commedia di costume.

Reduce dallo sfortunato N (Io e Napoleone), il quarantaduenne regista livornese torna dunque all'attualità italiana. Doveva essere un piccolo film, quasi sperimentale, in attesa di porre mano all'impegnativo Vita, dal romanzone di Melania Mazzucco, invece strada facendo Tutta la vita davanti ha preso corpo. Se la protagonista è la quasi esordiente Isabella Ragonese, apprezzata in Nuovomondo, attorno a lei spicca un cast di lusso: Sabrina Ferilli, il gettonatissimo Elio Germano, Valerio Mastandrea, Massimo Ghini. Produce la Motorino Amaranto di Virzì con il decisivo contributo di Medusa, che distribuirà. Primo ciak a fine giugno, sceneggiatura, come sempre, scritto insieme al fedele Francesco Bruni.

Il call-center per parlare di flessibilità, contratti a termine, sfruttamento...
«No, soprattutto di persone. Con spirito leggero, senza toni apocalittici o riferimenti alla legge Biagi. L'idea è di raccontare un'odissea burlesca e avventurosa nel mondo di una certa precarietà giovanile. Sull'argomento si sono letti libri e reportage, anche di valore, la tv ha indagato. Il cinema, invece, è sembrato distratto, quasi avesse difficoltà a ritrarre quel pezzo di società».

Il punto di partenza?
«Il libercolo di una ragazza sarda, Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Studente in teologia, per guadagnare qualche euro finì a fare l'operatrice di telemarketing a caccia di casalinghe. Siamo partiti da lì, immaginando una venticinquenne laureata in filosofia teoretica, appunto Isabella Ragonese, immersa per necessità in quella specie di caverna di Platone. Sarà un call-center raccontato in chiave fantasmagorica, a tratti grottesca, ma anche realistica. La scoperta di un mondo parallelo che ci sta accanto. La curiosità è socio-antropologica, ma il tema suscita, ai nostri occhi, anche riflessioni di tipo filosofico».

22 giugno sciopero a Messina contro dismissione traghetti

Il 22 giugno sciopero a Messina contro dismissione traghetti
Vertenza dello Stretto: avanti piano. Così, in poche parole si può descrivere lo stato dell’arte in riva allo Stretto di Messina per ciò che riguarda la sicurezza della navigazione ed il futuro del traghettamento pubblico dopo l’ultimo incontro fra i sindacati ed il ministro Bianchi.

marittimi precari che hanno occupato per tre mesi gli uffici della navigazione alla stazione marittima di Messina ottengono finalmente un impegno preciso del governo per la loro stabilizzazione, ma per quanto riguarda gli standard di sicurezza e le prospettive dell’intero settore tutto – per ora - resta sostanzialmente come prima: Le tabelle d’armamento minime rimangono a 7 uomini, anche se si registra la novità del superamento del limite dei 40 passeggeri a bordo delle navi, con la conseguenza che per afflussi tra i 40 ed i 100 passeggeri dovrà provvedersi all’imbarco di un ottavo componente e quindi non dovrebbero più verificarsi gli spiacevoli inconvenienti che hanno subito ultimamente i pendolari, costretti a rimanere a terra per la mancanza di equipaggi congrui.

Troppo poco perché cambi la valutazione negativa di tutte le organizzazioni dei lavoratori. La Cisl – per bocca del suo segretario cittadino Maurizio Bernava – boccia Bianchi senza appello e parla di “scelta che espone l’intero Governo ad una insensibilità sociale e ad una irresponsabilità sul piano della sicurezza. Quella sicurezza richiesta da lavoratori e i pendolari che quotidianamente utilizzano il servizio pubblico di traghettamento. La stessa che il ministro aveva promesso in visita alla nostra città il giorno dopo la collisione del Segesta e la morte di quattro uomini dell’equipaggio.” Toni simili usa l’ORSA che denuncia anche “l’atteggiamento remissivo della capitaneria di porto che ancora una volta si mostra succube delle scelte ministeriali e amatoriali private e che nel prossimo futuro dovrà riuscire a garantire per tempo la presenza a bordo di un equipaggio congruo al numero di viaggiatori.” Impegnandosi a “vigilare affinché le regole, ancorché insufficienti, - varate nell’incontro romano, siano applicate a tutte le compagnie private e pubbliche.” Valutazioni condivise dal delegato regionale dell’Orsa – navigazione Mariano Massaro, che – però – ricorda l’importanza delle assunzioni dei precari: “un primo importante passo in avanti nella direzione da tutti auspicata”. Sulla stessa lunghezza d’onda il commento del Sindacato autonomo precari: “L’esperienza che si è chiusa- si legge nel comunicato del vicepresidente Cannarozzo- deve essere il punto di partenza di nuove e significative lotte che dovranno coinvolgere l’intera città contro i progetti di dismissione palesati dalle ferrovie dello stato e suffragati dalle scelte del governo che all’indomani del no definitivo al ponte sullo stretto fa sapere di non voler investire risorse sul sistema di navigazione dello stretto.” Sbaglia dunque, secondo il sindacato di base, chi è convinto che la fine dell’occupazione degli uffici della navigazione segni la dispersione del movimento di lotta in mille rivoli.

Considerazioni simili fa anche Rifondazione Comunista, che considera l’assunzione dei precari un primo, parziale, successo dovuto in larga misura “alla determinazione dei lavoratori e delle loro famiglie che hanno affrontato una lunga battaglia sacrificandosi e pagando di persona, ma anche dell’impegno costante dei sindacati e dei rappresentanti del partito nelle istituzioni che hanno incalzato il governo e la dirigenza di RFI pretendendo il rispetto degli impegni presi dal centrosinistra in campagna elettorale.” Il segretario cittadino del PRC Daniele Ialacqua, intanto, attacca quanti insinuano che sullo stretto tiri aria di smobilitazione: “la vertenza Stretto non si è depotenziata con l’impegno del Ministero dei trasporti di assumere 75 precari, e chi diffonde e contribuisce a diffondere tale voce va contro gli interessi dei marittimi, precari e non, e della città! - si legge in una nota - Non hanno interesse a fermare la propria lotta i precari che, pur avendo ottenuto un primo e meritato risultato con grandi sacrifici, non intendono mollare proprio ora; né i sindacati, che sulle tabelle d’armamento non hanno mai accettato la posizione del Ministro Bianchi; nè quelle forze politiche come Rifondazione comunista che hanno sostenuto fin dall’inizio la lotta dei marittimi.”

“A rischiare di depotenziare semmai la vertenza Stretto e di creare confusione” prosegue Ialacqua- “sono alcune uscite come quelle dell’on. Ardizzone che, nella sua interrogazione all’ARS, sembra addirittura guardare con favore la proposta di una società privata che intenderebbe assumere i precari RFI e gestire le sue navi veloci Selinunte e Tindari.”

Il prossimo appuntamento per tutti è quindi lo sciopero generale del 22 giugno, promosso con l’auspicio che possa trasformarsi in una giornata di lotta dell’intera città.

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Precari della ASL, la protesta si sposta a Bari

PRECARI DELL’ASL, LA PROTESTA SI SPOSTA A BARI

L’aveva annunciato, e lo farà: domani il coordinamento degli infermieri precari di Lecce si ritroverà a Bari, per un sit-in di protesta sotto la sede della Regione Puglia, in via Capruzzi, a Bari. Partiranno in pullman alle 7,15 da piazza Muratore, di fronte all’ospedale Vito Fazzi, “A cinque mesi dall’approvazione della legge finanziaria ancora non si è giunti a nessuna conclusione”, scrivono in una nota gli infermieri.

“Siamo ancora precari, abbiamo spedito l’ennesima domanda di partecipazione all’ennesimo concorso, non abbiamo diritto a nessun scatto di anzianità, siamo psicologicamente ricattabili, ci troveremo ad essere a parità di lavoro (ma non di diritti e dignità..) infermieri pensionati di serie D, con una pensione bassissima per colpa della scellerata politica regionale ed aziendale di questi ultimi 15 anni: abbiamo pazientemente aspettato lumi dall’alto ma adesso, nonostante le rassicurazioni di vari politici i segnali delle ultime settimane sono molto negativi e preoccupanti”.

“Ad ogni buon conto – proseguono - ci poniamo queste domande: perché gli infermieri precari della ex Le/1 sono stati esclusi dal premio di produttività? Perché, se è vero che vogliono applicare la finanziaria, permettono alla Asl di foggia di bandire (nel maggio scorso) un concorso per 160 infermieri? Perché hanno prorogato i nostri incarichi sino al 31 dicembre 2007? Se hanno nell’immediato certezza su cosa fare, tutto questo tempo a che cosa serve, se non ha protrarre i tempi e procurare ulteriori disservizi a scapito delle sofferenze e sui diritti del malato? Per avere delle risposte a queste ed altre domande invitiamo tutti i colleghi a protestare con noi: siamo un esercito, 700 infermieri precari solo nella provincia di Lecce. E potremmo fare il bello ed il cattivo tempo”.

Martedi la protesta dei Precari Sanita' Cobas presso la Regione

Brindisi, 09/06/2007

Il Coordinamento Regionale Precari della Sanità aderenti al Sindacato Cobas organizza per la giornata del 12.06.07 una manifestazione di protesta davanti la sede della Regione Puglia ,alla Stramurale Capruzzi, per chiedere la stabilizzazione di tutto il personale precario (infermieri, ausiliari,, ota, autisti) operante in tutte le Asl.

Il Coordinamento dei Precari dopo aver realizzato numerose manifestazioni, che hanno avuto il risultato di continue proroghe alle scadenze dei contratti di lavoro a tempo determinato, chiederanno alla giunta Vendola di cancellare il precariato presente nella sanità Pugliese.
E’ una questione non più rinviabile dato il bisogno di personale presente nelle Asl Pugliesi Quello della Sanità è il dato certamente peggiore registrato dalla Giunta Vendola , che a più di due anni dal suo insediamento non è riuscito a varare il piano regionale sulla salute che doveva sostituire il vecchio piano di riordino ospedaliero della giunta Fitto.
Altro che distretti e servizi territoriali di cui ha bisogno la gente , ci rimane solo la litigiosità dei partiti rivolti ad occupare i posti di potere nella Sanità Pugliese.
I lavoratori precari della Sanità dicono basta e con questa manifestazione di protesta chiederanno con forza al Presidente Vendola e alla sua Giunta di cambiare atteggiamento sulla Sanità, cominciando dal risolvere un problema che va avanti da tanti anni e che riguarda la vita di migliaia di precari.

L’appuntamento per i lavoratori di Brindisi è alle ore 8,00 del 12 Giugno nel piazzale antistante l’ospedale Perrino per andare in pullman a Bari. Per informazioni:349 3118288

Stabilizzazione per 1500 precari della sanità sarda

venerdì, 08 giugno 2007

Parte la stabilizzazione per 1.500 precari del Servizio Sanitario regionale, il 6,9% del totale di quanti lavorano nella Sanità. La Giunta regionale ha approvato la delibera sul Piano di superamento del precariato nella Sanità pubblica. La stabilizzazione dei primi lavoratori dovrà concludersi entro il 31 marzo 2008. Il Piano riguarda personale sanitario, socio-sanitario, ausiliario, tecnico, professionale e amministrativo: requisito indispensabile è aver lavorato nella sanità pubblica per almeno tre anni, anche non continuativi, nell’arco dell’ultimo quinquennio.

CAGLIARI – Sarà una stabilizzazione di precari a costo zero, quella programmata per il 2007 dall'assessorato regionale della Sanità. Lo ha confermato l'assessore regionale, Nerina Dirindin, illustrando i contenuti della delibera approvata ieri in Giunta sul piano di superamento del precariato nella sanità pubblica. Su 21.806 lavoratori del servizio sanitario regionale (Ssr) della Sardegna al 31 dicembre 2006, 1.500 (6,9%) sono quelli a tempo determinato che attendono di essere inseriti nella dotazione organica della Asl sarde: 765 hanno un contratto di lavoro subordinato, avendo superato una selezione pubblica, 179 sono Co.Co.Co., 272 hanno stipulato un contratto libero-professionale e 284 sono stati chiamati tramite società di lavoro interinale.

Entro l'anno potrebbero essere stabilizzati circa 400 precari del comparto (infermieri ed altro personale non medico) e della dirigenza (medici) che hanno maturato (o matureranno entro il 2007) tre anni di attività nel Ssr negli ultimi 5 anni. “Una estensione di quanto previsto dalla Finanziaria nazionale – ha precisato l'assessore – che escludeva la dirigenza”. I tempi previsti sono stretti, coloro che hanno i requisiti richiesti dal piano, dovranno presentare istanza entro il 30 luglio (l'avviso sarà pubblicato entro il mese di giugno) indicando tre preferenze tra le 8 Asl sarde più il Brotzu di Cagliari. Successivamente (entro il 30 settembre) ciascuna Asl definirà il proprio fabbisogno, su base regionale per poter procedere alle prime stabilizzazioni.

Coloro che, invece, non hanno superato selezioni (Co.Co.Co., interinali e contratto da liberi professionisti) potranno accedere a selezioni future per contratti di lavoro a tempo determinato usufruendo di una riserva di posti. “Dopo che sarà approvato l'atto aziendale, che arriverà in Giunta la settimana prossima, e quelli delle singole Asl che determinano la dotazione organica – ha sottolineato l'assessore Dirindin – la sanità pubblica sarda si affiderà a contratti a tempo determinato sono per esigenze straordinarie”.

Precari Tele 2

dal Manifesto del 5 giugno 2007

Tele 2 è un grande gruppo internazionale, il fondo di investimenti svedese Kinnevik, che controlla non solo la compagnia Tele2, ma anche la società di call center Transcom Worldwide e il quotidiano gratuito Metro. I call center Transcom lavorano perlopiù per la stessa Tele2, come agenti di vendita (propongono offerte) e in ricezione telefonate (rispondono ai clienti). Sono insediati in 4 città, da Milano (la capostipite) all'Aquila, fino a Lecce e Bari. Applicano svariati tipi di contratto, dall'inserimento all'apprendistato e all'interinale, l'onnipresente progetto, fino allo "stagista". A Lecce diversi operatori lavorano 40 ore a settimana (8 ore per 5 giorni) per 400 euro al mese: il sindacato sta cercando di approfondire, dato che l'azienda non ha ancora fornito informazioni esaurienti su questi stage. I lavoratori dei call center Transcom-Tele2 da qualche settimana sono in agitazione, in particolare nella sede di Milano: è qui infatti, dove è presente il più alto numero di addetti a tempo indeterminato, più anziani e più costosi, che
il ramo italiano del colosso svedese ha annunciato una serie di licenziamenti. La sede, secondo quanto minacciato dall'amministratore delegato Roberto Boggio, potrebbe addirittura chiudere, dato che i 220 operatori impiegati nel capoluogo lombardo sarebbero tra gli eletti inclusi tra i 350 da licenziare: ciascuno di loro costa infatti - ha spiegato Boggio - 7 mila euro annui in più rispetto ai lavoratori dei concorrenti. Dunque ecco la proposta: o li licenziamo o evitiamo gli aumenti contrattuali dei prossimi anni, fino a quando la differenza di 7 mila euro non sarà
assorbita. Nelle ultime settimane c'erano già stati scioperi perchè l'azienda rifiutava di stabilizzare i cocoprò definendoli outbound, mentre per diversi
stabilizzandi ha proposto il passaggio al contratto tlc, trasformando la quattordicesima in premi variabili.
A Bari sono circa 400 operatori, e solo 150 sono stati stabilizzati (ma passando al secondo livello tlc, dunque perdendo la quattordicesima prevista nel contratto del commercio), altri 150 sono apprendisti e 100 a progetto. A Lecce, su 300 addetti, solo 60 sono a tempo indeterminato, 150 sono cocoprò a 5 euro lordi l'ora; ci sono poi apprendisti, interinali, in job sharing. All'Aquila ci sono 400 a tempo indeterminato.

Lavori atipici e sicurezza

15 giugno 2007

E’ ampiamente provato già da diversi anni che i lavoratori “atipici” rischiano infortuni, malattie professionali e incidenti mortali molto più dei lavoratori stabili e a tempo indeterminato. In particolare, una ricerca condotta da Eurispes - Ispesl evidenzia che i tassi di mortalità e di infortunio tra i lavoratori precari è almeno due, tre volte superiore rispetto a quello dei lavoratori subordinati. Questo dato viene spiegato innanzitutto chiamando in causa la diffusa e generalizzata tendenza ad assegnare ai lavoratori non stabilizzati compiti pericolosi, mansioni che vanno svolte in ambienti di lavoro insalubri o, comunque, in condizioni di lavoro problematiche: condizioni che il personale a tempo indeterminato, di norma, rifiuterebbe. Vengono inoltre prese in considerazione la connotazione individualizzata del contratto atipico che, in quanto tale, è normalmente (ad eccezione dei rapporti in somministrazione) slegato dai parametri definiti in sede di contrattazione collettiva e la mancanza di tutele sindacali. Per contro, si registra una sottostima delle denunce di infortuni e di malattie professionali dei lavoratori precari che consegue alla loro condizione di ricattabilità e di soggezione psicologica nei confronti del datore di lavoro o del management aziendale. Si delinea, pertanto, una stretta correlazione tra lavoro atipico e rischio di infortuni e morti sui luoghi di lavoro. Dalla ricerca Eurispes emerge che il maggiore rischio infortunistico nel lavoro atipico rispetto a quello subordinato è fortemente legato alla mutata organizzazione del lavoro (Incidenti sul lavoro e lavoro atipico” - Eurispes-Ispesl). Dal 2003 l’Italia, a seguito della condanna emessa dalla corte di Giustizia Europea per il mancato recepimento della direttiva comunitaria lavorativa, prevede l’obbligo per i datori di lavoro di prevenire tutti i rischi che possono incidere sulla salute dei lavoratori, anche di natura psico-sociale o trasversale (D. Lgvo 626/94) . Negli ultimi anni si è sviluppata una accentuata sensibilità rispetto alle ricadute psicologiche delle mutate condizioni di lavoro che ha promosso l’attivazione di inchieste sui fattori di rischio occupazionali principalmente nel settore dei Call Center (Monitoraggio su inchieste nei call center - NidiL Cgil Catania, luglio 2006). La scelta dei Call Center come luogo di lavoro da indagare è dipesa dalla rapida crescita che ha caratterizzato questo settore. Già nel 2002 l’Europa impiegava circa 2 milioni di addetti, ossia l’1,3 % della popolazione attiva, che si aggiungono agli oltre 5 milioni di operatori negli Stati Uniti. In Italia sono stati censiti 700 aziende di Call Center che impiegano più di 250.000 addetti su 3 milioni e 244 mila lavoratori precari. Il Dipartimento Salute e Sicurezza della CGIL Regione Piemonte in collaborazione con l’ASL 5 ha avviato, su sollecitazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza di due Call Center, una indagine sull’esposizione ai rischi professionali focalizzando l’attenzione sugli aspetti legati all’organizzazione del lavoro. In particolare, sembra essere l’ambiente sociale ad influire sulla percezione del disagio da parte del lavoratore tra cui un basso livello di controllo sul proprio lavoro, l’imposizione di obiettivi di rendimento (numero e durata delle chiamate), la presenza di sistemi di monitoraggio delle prestazioni e la scarsità di pause (Studio R.O.C.C. Cgil Piemonte). Malgrado questo dato, è descritto che il management aziendale è più propenso a migliorare l’ergonomia e l’ambiente indoor piuttosto che l’organizzazione del lavoro ( Taylor et al, 2003). Fra i risultati attesi, usufruibili anche da parte del Servizio Sanitario della Regione Piemonte, è stata indicata la realizzazione di “Linee guida per la salute e la sicurezza nel settore dei Call Center”.

Massimo Malerba

7.6.07

La precaria RAI

di Betta Bertozzi

Sono giorni duri, in Rai. Oltre alla solita paralisi del Consiglio d’Amministrazione, oltre alle attese sul caso Petroni, oltre al disagio per i sommovimenti governativi, in Rai anche fare le cose più semplici è diventata un’impresa. Entrare, per esempio, non è così semplice come si potrebbe pensare. Alla chetichella, non attesi e invitati solo ai piani alti per una pacifica riunione di routine, i radicali hanno deciso che, in fondo, il palazzo del cavallo non è poi tanto male, e si sono installati in alcune stanze del palazzo. Protestare contro la pena di morte, essere contrari alla sua applicazione in troppi Paesi, voler attirare l’attenzione delle nazioni Unite sull’argomento, non è affatto una cattiva idea. Ma farlo impedendo agli altri di lavorare, costringendo chiunque volesse entrare in Rai a lunghe file per l’accredito e poi a lunghe attese, per essere raccattati dalle persone con le quali si aveva un colloquio, si trattasse pure del Direttore Generale, non è sembrato utile alla causa. Finalmente, ogni sospetto di raccomandazione è caduto nel vuoto. Molto democraticamente, si attende tutti nell’atrio, a poca distanza dal giardino zen, che qualcuno passi a prelevarti.

Ed è così per tutti. Per il grande produttore che deve piazzare una fiction, come per il neolaureato che cerca un posto, precario, di lavoro. Il tesserino blu, quello con la farfallina e il nome del dipendente da incontrare, sono stati la nuova livella di questi giorni. O, forse, solo l’ultimo approdo di una incapacità di farsi ascoltare, di una impossibilità di farsi capire che paralizza l’azienda.

La Rai è un’ottima madre di precari. Una matrigna, a tratti. In Rai è entrato di tutto, negli anni buoni delle raccomandazioni Politiche, quelle serie. Bastava essere un po’ indecisi sul proprio futuro, magari dotati di una laurea in lettere classiche con specializzazione non spendibile e si poteva procedere alla ricerca del padrino. Il Padrino, il Postulatore della causa, avrebbe chiamato Chisapevalui dentro al palazzo del cavallo e il gioco sarebbe stato fatto.

Si entrava, così, a lavorare per la più grande azienda di comunicazione del Paese. Per sopperire a questo danno, è cominciata l’esternalizzazione. Così adesso per lavorare con la Rai ti basta aver già lavorato con la Rai. Ti serve un Precedente, e non un Postulatore. Non bastano le scuole per autori, quella di Mediaset o quella della Rai, serve un Sacrificio. Serve accontentarsi per un pochino di un contrattino da pochi spiccioli, che ti verranno liquidati a babbo morto, perché quelli che in Rai ci sono entrati col Postulatore, spesso fanno i Burocrati, con la B maiuscola.

E allora un contrattino da due lire, magari quello di un bravo inviato che anticipa anche i soldi dei viaggi, è il passaporto per l’ingresso nel meraviglioso mondo del precariato televisivo, una sorta di limbo dove non incontrerai mai un dirigente, dove non capirai mai chi sia il tuo referente, un luogo dal quale l’Azienda ti sembrerà un grande, infinito, limaccioso pantano.

Eppure, di gente entrata senza raccomandazione, di frequentatori del tempio del Sacrificio, in Rai ce ne sono molti. Ce ne sono tanti. E sono quelli che in queste mattine, quelle in cui la pacifica ma guerrafondaia occupazione Radicale ha reso impossibile il lavoro, sono entrati a fatica, ma sono andati a lavorare. Sono andati a sedersi al loro posto, in una redazione, uno studio o un ufficio, anche senza sapere chi avrebbe firmato il loro stipendio a fine mese.

E non è bello saperlo dalle voci di corridoio, dall’aria che tira nel governo e dall’orientamento delle correnti di partito, se la tua azienda ci sarà ancora, l’anno prossimo. Non è bello essere precari nel proprio posto di lavoro a tempo indeterminato, senza sapere se fra una settimana, dieci giorni o un mese la tua sedia sarà occupata da altri, solo perché è cambiato un dirigente, solo perché il tuo gruppo di lavoro non esiste più, solo perché non hai occupato altro, se non la tua sedia, se non il posto che ti permette di portare soldi a casa.

Tutto questo è ancora meno bello se precario lo sei sul serio, se lavori a consulenza, e se il prossimo contratto te lo sudi facendo del tuo maledetto meglio, in un’Azienda in cui ignori i volti dei Dirigenti, i loro nomi, le loro mansioni. Il lavoro precario, la precarietà del posto di lavoro, sono la tomba dei desideri, sono la morte del futuro, sono un atto di guerra contro la forza lavoro di un Paese.
E così, mentre ci s’interroga sul futuro del Governo, in Rai dipendenti e precari si chiedono la stessa cosa, un mucciniano “che ne sarà di noi?”. Mentre piovono articoli sulla sorte dei Consiglieri, sulla loro indignazione per le conferenze stampa in trasferta del Direttore Generale, sulle opinioni di Fiorello sulla Guardia di Finanza, nessuno si chiede cosa diavolo abbiano in mente le persone che la Rai la fanno e la vivono, ogni giorno. Come si fa a trovare una motivazione seria, per uscire di casa e trascinarsi in un palazzo anche squallido, di un beige insipido, dove il lavoro è spesso un ripetitivo passaggio di carte, senza la richiesta di un apporto o un’opinione personali, perché non si sa se il Capo sarà lo stesso, nemmeno fra poche ore?

Il fatto che alla riunione degli Azionisti si sia presentato il solo Ministro delle Finanze non è forse, e prima di tutto, una mancanza di rispetto mostruosa nei confronti dei lavoratori? Alle 11.30 i Radicali hanno disoccupato la Rai, sono usciti com’erano entrati, alla chetichella. La fila è terminata, la situazione è tornata normale. Per tutti, ma non per chi in Rai lavora.

6.6.07

Il governo cambia la legge Biagi

Massimo di tre anni e addio all'impiego a chiamata. I tecnici dei ministeri: "Nessuno stravolgimento
solo alcune modifiche". Il provvedimento forse a fine giugno

Il governo cambia la legge Biagi
un tetto per i contratti a termine

di LUISA GRION


ROMA - Toppi precari, troppi giovani e meno giovani che non riescono a scrollarsi di dosso le ansie e le incertezze legate ad un lavoro che oggi c'è e domani non si sa. "Metteremo dei limiti" aveva promesso Prodi alla platea di famiglie convocate dal ministro Rosy Bindi a Firenze. L'ora dovrebbe essere arrivata: per invogliare le aziende a passare da assunzioni a tempo determinato a contratti fissi il governo mette in moto una strategia che parte dalla revisione della legge Biagi. Il piano, nonostante le polemiche dell'opposizione che si è detta pronta "alle barricate" pur di difendere quell'impianto di norme sul lavoro entrate in vigore dall'ottobre del 2003, è quasi definito. Secondo un'anticipazione dell'Agi potrebbe decollare a fine giugno, assieme ai provvedimenti sul welfare da finanziare con quella parte di tesoretto (per ora 2,5 miliardi, ma probabilmente 5) non impegnata nel risanamento dei conti pubblici.

"Non ci sarà nessun stravolgimento - precisano i tecnici dei ministeri interessati - pensiamo piuttosto ad un ammodernamento". Che qualcosa della legge Biagi fosse destinata a cambiare era d'altra parte previsto già nel programma elettorale dell'Ulivo. Precisamente cosa?

Sotto esame, prima di tutto, c'è la durata dei contratti a termine: l'idea è di porre un limite di durata - si parla di tre anni - al di sopra del quale l'azienda sarà fortemente incentivata ad assumere il dipendente a tempo fisso. E gli "intervalli" fra un rinnovo e l'altro saranno sottoposti a maggiore controllo.

Molto probabilmente due punti della legge Biagi, il "job on call" e lo "staff leasing" spariranno. La prima formula, detta anche "lavoro a chiamata" è sempre stata al centro di numerose polemiche perché prevede che il lavoratore resti sempre a disposizione dell'azienda e che il datore di lavoro lo convochi a suo piacere per far fronte a particolari necessità di ordine tecnico, o per provvedere ad esigenze produttive improvvise e non prevedibili. Lo "staff leasing", altra norma destinata a scomparire o a essere fortemente modificata, prevede invece che un individuo possa risultare come dipendente di una società, ma lavorare poi presso un'altra azienda.

Quanto all'indennità di disoccupazione l'intervento cui il governo sta pensando riguarda un aumento dall'attuale 50 al 60 per cento dell'ultima retribuzione, a condizione che l'assegno sia legato a iniziative di formazione o reimpiego.

Ritocchi, questi alla legge Biagi, cui andrebbe a unirsi la partita sui contributi. Un innalzamento delle aliquote dei lavoratori parasubordinati è già stata inserita nell'ultima Finanziaria, ma la prospettiva è quella di elevarle ulteriormente fino a raggiungere il tetto del 33 per cento: i contratti a progetto (co. co. pro) quindi resteranno, ma costeranno di più. Sarà consentito il riscatto della laurea a cifre accettabili; ai lavoratori flessibili sarà consentito di unire gratis i vari spezzoni contributivi versati ai diversi enti di previdenza (anche oggi è possibile, ma c'è il limite dei sei anni al di sotto del quale i contributi si perdono). Si tratta della cosiddetta "totalizzazione" cui il ministro del Lavoro Cesare Damiano si è detto tante volte favorevole.

Per coprire i "buchi assicurativi", ovvero i periodi in cui i giovani non lavorano e quindi non versano nulla, verranno poi introdotti i contributi figurativi. E alle aziende piccole, quelle sotto i 15 dipendenti, sarà concessa la possibilità di utilizzare la cassa integrazione purché autofinanziata (comunque sia la cassa integrazione ordinaria e quella straordinaria verranno uniformate).

Il governo insiste nel considerare le modifiche alla legge Biagi dei semplici ritocchi, l'opposizione vede in questi interventi un attacco frontale al suo impianto. "Va bene - ha detto l'ex ministro leghista Roberto Maroni - e mi auguro che non venga cancellata dalla furia ideologica di qualche politico nostalgico di altri sistemi".

Negli ultimi tre anni e mezzo, da quando le nuove norme sono diventate operative, l'occupazione è sicuramente aumentata. Ma se i posti fissi sono cresciuti del 2,8 per cento appena quelli a tempo determinato sono lievitati del 15 per cento.


(6 giugno 2007)