30.11.06

Brescia: assemblea del comitato insegnanti precari

BRESCIA: ASSEMBLEA DEL COMITATO INSEGNANTI PRECARI DM 85
19.11 - 29 Novembre
Continuano le iniziative promosse dal comitato insegnanti precari DM 85 di Brescia. questo pomeriggio si è tenuta un'assemblea all'Istituto Abba contro il blocco. Sentiamo come e' andata
(Scarica il contributo audio, durata: 11'.0'')

Oggi atipici, domani poveri (Panorama)

Per la prima volta emerge un grave rischio sociale: i lavoratori flessibili sono destinati a vivere con stipendi e pensioni irrisori.

Trampolino di lancio verso il mondo del lavoro o trappola a vita? Anticamera per il paradiso di un'occupazione dignitosa e soddisfacente o girone infernale senza uscita e senza speranze? Da almeno 10 anni, da quando cioè cominciarono ad apparire le prime figure di lavoratori cosiddetti atipici ai tempi del governo di Lamberto Dini, economisti e politici si accapigliano sul mondo all'apparenza sfuggente e inafferrabile di flessibili, precari, parasubordinati, cococo, cocopro e simili.
Più che ancorato a statistiche e dati certi, il dibattito finora è apparso orientato dalle appartenenze, dalle ideologie, se non dai pregiudizi. Essere pro o contro flessibilità e lavoro atipico in questo contesto è stato spesso più un atto di fede che una scelta ragionata.

Ora un accurato rapporto dell'Isae (Istituto di studi e analisi economiche) aiuta se non altro a orientarsi meglio. Lo studio effettuato con l'incrocio di una mole notevole di dati Inps e delle 40.386 interviste a base dell'indagine Plus 2005 dell'Isfol, istituto per la formazione del lavoro, non scioglie con un colpo netto il quesito forse irrisolvibile: se il lavoro atipico sia un'opportunità o una condanna. Per la prima volta, però, documenta non a spanne, ma sulla base di un approccio scientifico, la possibile insorgenza di un rischio sociale gravissimo.
Il rischio, cioè, che si stiano creando i presupposti perché in futuro si formino schiere di anziani poverissimi. Una prospettiva sociale preoccupante e per niente scongiurata da quanto stabilito nella Finanzaria 2007 a proposito di regime contributivo per gli atipici, con l'innalzamento della contribuzione dal 20 al 23 per cento, un terzo a carico del lavoratore e due terzi del datore di lavoro.

Il capitolo del rapporto che riguarda le prospettive previdenziali dei flessibili cerca di delineare che cosa succederà a un lavoratore atipico nel momento in cui arriverà in fondo alla sua carriera lavorativa. Il soggetto preso in esame non è un tizio sfortunatissimo, con un salario di ingresso eccezionalmente basso e una vita lavorativa particolarmente negativa e accidentata.
Anzi, il signor X dello studio appare se non tra i più fortunati, almeno al di sopra della media: venticinquenne, ha uno stipendio di ingresso di 14.500 euro lordi all'anno e sulla base delle statistiche Isfol finora disponibili si ipotizza che nell'arco della sua carriera sia perseguitato da una probabilità di disoccupazione pari all'11,3 per cento all'anno.

Cioè si suppone che proprio in quanto flessibile non lavori tutti i 12 mesi, ma il suo impegno sia intervallato da buchi di non lavoro. Si suppone, infine, che per lui l'atipicità sia non una condizione passeggera, ma un vincolo a vita, cioè che non riesca mai a evadere dalla precarietà e a raggiungere un contratto a tempo indeterminato.
Di tutte le ipotesi assunte dai curatori dello studio, questa è l'unica veramente aleatoria, nel senso che dopo un decennio di sperimentazione della flessibilità nessuno è in grado di dire davvero se la società italiana dovrà fare i conti con la figura dei precari a vita oppure se prima o poi anche per ogni atipico ci sarà una qualche redenzione lavorativa.

Dallo studio risulta che in molti casi l'atipicità si configura come una trappola e in moltissimi altri è invece una rapida fase transitoria verso contratti di lavoro migliori. In particolare dal rapporto emerge che «chi è già stato in passato un atipico nel 22 per cento dei casi lo è ancora, mentre nel 45,7 il lavoro atipico è stato seguito da un'assunzione a tempo indeterminato».

Atesia, un caso ancora aperto

"Si legge nell'ordinanza 6365 del Tar del Lazio, pronunciata il 22 novembre: l'esercizio di potere di diffida da parte degli ispettori del lavoro 'appare idoneo ad arrecare una lesione concreta ed attuale all'impresa destinataria dell'accertamento... a fronte dei molteplici rischi paventati dalla ricorrente ed alla luce dell'imminente (ancorchè eventuale) mutamento del quadro giuridico di riferimento appare preminente garantire il mantenimento della situazione in essere'. Ma qual è l'imminente mutamento del quadro giuridico di riferimento' che ha condizionato la sospensiva del Tar del Lazio sui provvedimenti presi dagli ispettori?". Così il coordinamento nazionale Rdb Ministero del Lavoro interviene in merito alla vicenda Atesia. "E' l'articolo 178 della Finanziaria 2007 - si legge nella nota - che, se dovesse passare, modificherebbe in peggio il decreto legislativo 10 settembre 2003, 276 (Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro di cui alla legge 14/2/2003 30). Infatti l'art. 69 del decreto legislativo 276 attuativo della legge 30 (Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto) al primo comma recita: 'i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto'. Gli ispettori del lavoro nel loro rapporto, a seguito dell'accesso ispettivo presso l'Atesia, hanno applicato, tra gli altri, gli artt. 61 e 69 di una legge iper liberista come la Biagi che solo al Capo I (lavoro a progetto e lavoro occasionale), offre alcune garanzie ai lavoratori co.co.co. e co. co.pro proprio negli articoli sopracitati". "Potevano durare quegli articoli? - sottolinea Rdb - Certo che no. E così la Riforma Biagi è stata modificata, ma in peggio. Ci hanno, infatti, pensato Cgil, Cisl, Uil con la loro ormai consolidata tradizione di accordi aziendali peggiorativi della legge 30 e con i loro 'avvisi comuni' (es. quello siglato il 4 ottobre
2006 insieme a Confindustria alla presenza di Damiano), e ci ha pensato il Ministro con la sua circolare salomonica (la n.17 del 14 giugno 2006) a predisporre il 'clima giusto' a cancellare gli unici e imbarazzanti articoli della riforma Biagi potenzialmente a favore dei collaboratori a progetto. Questo a seguito dei risultati ottenuti dagli ispettori che, va ricordato, hanno agito in piena autonomia tanto che, secondo qualche illustre personaggio politico del centrosinistra, non hanno avuto la 'creanza' di avvisare per tempo il Ministro del loro operato, spiazzandolo". "Ecco allora l'inserimento nella legge Finanziaria del 2007 dell'articolo 178 - aggiunge la nota - che prevede che mediante accordi sindacali e con atti di conciliazione individuali sottoscritti dai lavoratori, questi vedranno trasformati i contratti di lavoro autonomo in contratti di lavoro subordinato a condizione però di rinunciare a qualsiasi rivendicazione pregressa". "L'Atesia ringrazia - conclude la nota - continuerà a macinare miliardi sulla pelle di migliaia di precari sottopagati e ricattati e a minacciare la chiusura se costretta a rispettare le leggi. Ci auguriamo che l'Unione al Governo dimostri di non essere del tutto subalterna alla Confindustra e che l'articolo 178 sia quindi cancellato dalla Finanziaria o seriamente emendato. Una cosa è certa: la lotta dei precari, di Atesia e non solo, si farà ancora più incisiva: c'è da giurarlo. Noi continueremo a sostenerla".

29.11.06

"Reinventare il welfare", dvd dell'assessorato regionale al lavoro in distribuzione gratuita

“REINVENTARE IL WELFARE”, di Peppe Rossi

“REINVENTARE IL WELFARE”, DVD DELL’ASSESSORATO REGIONALE AL LAVORO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA

Su iniziativa dell’Assessorato al Lavoro, Pari Opportunità e Politiche Giovanili della Regione Lazio è uscito il DVD “Reinventare il welfare, una prospettiva europea – parte prima Belgio - Olanda”.

La nuova produzione dell’assessorato guidato da Alessandra Tibaldi contiene un video documentario, una pubblicazione, gli atti del convegno “Reddito garantito” e il formato digitale del libro “Reddito garantito e nuovi diritti sociali”.

Si tratta di una proposta all’interno di un percorso che intende mettere al centro del dibattito politico la questione delle nuove garanzie sociali a partire dalle trasformazioni del mondo del lavoro.

Se è vero che flessibilità non deve far rima con precarietà, è necessario trovare nuove forme e nuove garanzie sociali per rompere quella ricattabilità che i lavoratori precari si trovano a subire.

Abbiamo voluto affrontare questo tema a partire dal piano continentale europeo, per conoscere, diffondere e riflettere su quelle che sono le forme di welfare possibili. Siamo andati in Belgio e Olanda, sistemi all’avanguardia negli anni passati per quanto riguarda le forme di protezione sociale e che oggi fanno i conti con le trasformazioni del mondo del lavoro. Uno sguardo che però non si limita a raccogliere le informazioni sui modelli di assistenza e sicurezza sociale, ma che scende ancora più in profondità ascoltando i beneficiari, i sindacalisti, gli economisti, i politici e gli amministratori di questi due paesi. Una presa di parola che coinvolge i diversi soggetti di un sistema complesso e che indaga i ruoli, le criticità, le aspettative, le attuali ed eventuali possibili trasformazioni. Per questo trovano spazio anche i fautori del basic income, del reddito universale garantito, alla ricerca di proposte praticabili per un nuovo modello di redistribuzione e di nuove garanzie sociali.

E’ un lavoro che si inserisce nel quadro più complessivo del contrasto alla precarietà, per determinare pari opportunità, per garantire nuove forme di sostegno sociale che anticipino sul tempo il rischio povertà che la nostra contemporaneità mostra.

Il supporto multimediale, allegato al numero 3 del mensile dell’assessorato “Il Maleppeggio”, può essere anche richiesto gratuitamente al responsabile “Studi ed intervento reddito garantito” dell’assessorato Sandro Gobetti (tel. 06.5168.5152 mail: sgobetti@regione.lazio.it).

28.11.06

28/11 Conferenza nazionale di precarietà. La cronaca.

Stamattina, alle prime luci dell’alba (verso le 9) hanno cominciato ad affluire i partecipanti alla Conferenza nazionale di statistica, al Palazzo dei congressi dell’EUR.
Un gruppo di lavoratori (precari e non) si è dato appuntamento all’entrata, dove ha volantinato fino all’inizio della conferenza.

Iniziata la conferenza nell’aula magna con l’intervento del presidente Biggeri, che ha iniziato lamentandosi dei tagli alla ricerca presenti nella Finanziaria 2007 licenziata alla Camera, i precari hanno cominciato ad entrare, in molti portando addosso cartelli che spiegavano la loro condizione: con data di scadenza e (antica) data di ingresso all’Istat.

L’ingresso è stato rallentato dalle forze dell’ordine, che hanno cercato di bloccare l’entrata dei pericolosi lavoratori Istat con dei cartelli appesi al collo. Dopo una trattativa tutti i lavoratori sono entrati e hanno volantinato nella platea, informando giornalisti, politici e dirigenti pubblici della loro situazione.

E’ così che Franco Marini, il presidente del senato, ha iniziato il suo intervento con il nostro volantino in mano. Promettendo che al senato qualcosa cambierà. “Sicurezza e ricerca sono le priorità” - ha detto Marini, fra gli applausi (per la ricerca, un po’ meno per la sicurezza. Anche se a quel punto abbiamo guardato i carabinieri e per un secondo ci siamo chiesti se non dovessimo tentare di allearci…).

Sciolta la plenaria, molti giornalisti si sono interessati alla problematica dei lavoratori dell’Istat, in particolare per quanto riguarda i rilevatori delle forze lavoro. Sono 320, attualmente co.co.co., e in questo momento senza nessun futuro. A gennaio non hanno più un contratto. Sono arrivate le agenzie di stampa e i TG delle 13 (pare) hanno trasmesso la notizia e le immagini.

Preoccupante uno degli stand della conferenza, dedicato alle ricerche low cost. E’ il nostro futuro?

Indecenze a contratto

L'associazione Precat ha ottenuto dall'ufficio del personale della Sapienza diretto dal Dott. de Angelis i dati relativi ai docenti e ai tutori a contratto presso l'ateneo La Sapienza di Roma aggiornati al 30/6/2006. In realtà si tratta dei dati dell'anno accademico 2004-2005, visto il ritardo con cui vengono normalmente stipulati i contratti. Il dato complessivo e' di 1830 tra docenti e tutor.

I docenti a contratto, oltre a tenere i corsi, si fanno carico delle sessioni di esami, ricevono gli studenti per approfondimenti e domande, seguono le tesi di laurea. Tutte mansioni che non sono limitate nel tempo al periodo in cui viene effettivamente svolto il modulo di insegnamento, ma durano tutto l'anno accademico.

Fino ad ora la trattativa con il rettorato è servita soltanto a fare emergere il numero dei docenti a contratto senza accogliere nessuna proposta di miglioramento dei contratti, di rappresentanza negli organi di ateneo e ripianificazione del reclutamento.

Preso atto della gravissima situazione che traspare da questi dati e della mancanza di risposte alle richieste dei precari, apriamo la campagna 'Indecenze a contratto' per costringere il rettorato e le facoltà a sanare la condizione dei docenti a contratto in questo ateneo."

Civitavecchia: nasce il Comitato dei lavoratori precari del Comune

Nasce il Comitato dei lavoratori precari del Comune
L'obiettivo è il rinnovo dei contratti e la stesura di un protocollo d'intesa per carare un piano di stabilizzazione

CIVITAVECCHIA - Si è costituito nella giornata di ieri, con la adesione di circa 50 persone, il Comitato dei Lavoratori Precari del Comune di Civitavecchia formato da lavoratori Co.Co.Co – Co.Co.Pro – Tempo Determinato e Vigili Urbani coadiuvati dalle sigle sindacali RDB-CUB Enti Locali e DICCAP-SULPM per gli agenti di Polizia Municipale.
Tra le tante motivazioni che hanno spinto i lavoratori a costituirsi in Comitato c’è la immediata scadenza di tutti i contratti di lavoro, rispettivamente 31 dicembre 2006 per i Tecnici e Amministrativi e 30 Aprile 2006 per i Vigili Urbani assunti a concorso Tempo Determinato.
Numerosi gli uffici comunali che si troverebbero in difficoltà per il mancato rinnovo dei contratti o appalti dei circa 90 lavoratori precari comunali con conseguente disagio anche per i cittadini utenti.
Oltre alla nomina dei suoi rappresentanti, Il Comitato ha deciso di chiedere un incontro a breve termine con il Sindaco e l’Assessore Finanze e Personale finalizzato al rinnovo immediato dei contratti di tutti i lavoratori precari e alla stesura di un protocollo d’intesa per un Piano di Stabilizzazione definitiva o eventuale trasformazione di tutti i contratti a tempo determinato con durata triennale.

27.11.06

La libertà di stampa è precaria

di Paola Manduca ad Andrea Rustichelli, responsabile dei Freelance dell'Associazione della Stampa Romana

Qual è la vostra posizione all'interno di questa battaglia?

Questa vertenza è fatta in nome nostro, e questa protesta fatta per mettere in evidenza la fragilità del lavoro autonomo che allo stato attuale va chiamato con il suo vero nome, cioè lavoro parasubordinato. La fragilità di questo lavoro sia durante la ‘norma' sia durante la protesta.

Nel senso che voi siete più deboli anche e soprattutto durante lo sciopero?

Certo, perché il nostro problema non è solo economico. Per molti di noi aderire agli scioperi significa dimezzare o addirittura annullare il proprio introito mensile. Ma è un problema più vasto, che ha a che fare con i ricatti, con le pressioni psicologiche, con l'atteggiamento diffuso che se sgarri poi non ti chiamiamo più.

E cosa ne pensate dello sciopero della firma?

Un'iniziativa che ha funzionato molto bene, c'è stato un lavoro molto buono di coordinamento tra i giornalisti di Repubblica e tutti gli altri redattori delle testate facenti capo al gruppo Repubblica L'Espresso . E soprattutto apprezzo il lavoro di coordinamento che c'è stato tra interni ed esterni, tra gli assunti e i precari.

Riconoscimento dei vostri diritti, a cominciare dall'interno.

Sì, è importante che i cdr si occupino di noi, anche se la nostra situazione è strana, perché è difficile contare i precari, sapere realmente quanti sono, che tipo di collaborazione hanno, qual è il loro trattamento economico, estremamente variabile da collaborazione a collaborazione. Quindi per noi che veniamo trattati come gli extra-comunitari del giornalismo, è decisivo venir presi in considerazione nel prossimo contratto.

Uno scambio di forze. Gli ordinari vi supportano e voi, rischiando un po' di più, sostenete la battaglia generale. Di questi tempi, questo tipo di coesione è quasi un miracolo.

Crediamo molto nel lavoro che sta facendo la FNSI in questa direzione. Non c'è riunione in cui non sia coinvolta anche la consulta dei freepress, ed è insieme che si prendono le decisioni. Il precario che sciopera corre rischi quadrupli rispetto ad un redattore assunto, e a pensarci bene, è anche assurdo che scioperi. Non s'è mai visto un libero professionista che sciopera, è alquanto bizzarro. Ma noi non possiamo far altro che scioperare, perché siamo noi il soggetto trainante dell'intera questione, noi che subiamo i ricatti, noi che lavoriamo in delle condizioni assurde. Su questo il sindacato si gioca la sua unità, e perciò la sua forza.

Sintetizzando, che cosa avete chiesto al Governo?

Che non ci sia alcuna applicazione indiscriminata della legge Biagi alla nostra situazione, perché questo vorrebbe dire non solo disconoscere il nostro lavoro, il nostro ruolo, i nostri diritti, ma dimostrerebbe anche la libertà assoluta di mettere le mani liberamente e indiscriminatamente dentro il mondo del lavoro nella sua accezione più ampia.

Da un punto di vista comunicativo, che cosa pensa dello sciopero della firma?

Lo sciopero della firma di per sé è una iniziativa estetizzante ma collaterale, che si accompagna perciò, e non sostituisce, forme più forti di protesta, come la nuova ondata di scioperi da qui a Natale. Temo che i tempi saranno molto lunghi. La Fieg si è dimostrata molto chiusa anche verso il dialogo con Damiano, e ai vari tavoli che il governo ha aperto su questo.

Perché Scalfari ha firmato oggi il suo editoriale su Repubblica ?

Non lo so, sinceramente. Poteva anche non firmare, tutti sanno qual è la sua collocazione fisica nelle pagine del giornale, si riconoscerebbe ugualmente per come scrive. Ma lo sciopero non era imposto. Deve esserci una motivazione dietro questa firma, come quella di Navarro Vals al secondo giorno della protesta. Ma davvero non saprei dire.

di Paola Manduca

Zipponi: precarietà, contratti e pensioni. Una partita enorme

Intervista a Maurizio Zipponi, deputato del Prc. «Mi auguro il voto sulle piattaforme»
«Su precarietà, contratti e pensioni una partita enorme
da Liberazione

Fabio Sebastiani
Epifani, ieri, l’ha ribadito con nettezza: lunedì sarò al Comitato centrale della Fiom. La notizia era già di dominio pubblico. Ma dopo quello che è accaduto l’altro giorno al direttivo nazionale della Cgil, dove il segretario generale ha attaccato chi, come la Fiom, Lavoro Società, la Rete 28 aprile ha partecipato alla manifestazione contro la precarietà del 4 novembre, la scadenza assume tutto un’altro sapore. La Fiom, intanto, si prepara al confronto, che al momento parte da un netto rifiuto - espresso sia dal segretario generale Gianni Rinaldini che da Giorgio Cremaschi nei rispettivi interventi al direttivo Cgil - dell’equiparazione tra dibattito interno al sindacato e “piazze agitate”. Sul significato della giornata del 4 novembre Liberazione ha intervistato Maurizio Zipponi, deputato del Prc e responsabile nazionale del dipartimento Lavoro e Economia.

Che cosa pensi di questo scontro tra Fiom e Cgil?

Sono convinto che il rapporto tra sindacato e partiti si debba basare sulla reciproca autonoma. Per questo non ho alcuna intenzione di intervenire in una didattica interna che ha le sue sedi e i suoi momenti di confronto, a partire dal prossimo Comitato Centrale della Fiom. Mentre sulle questioni politiche generali che investono sia il movimento che ha promosso la manifestazione del 4 novembre, sia il governo di cui facciamo parte, sia il Partito della Rifondazione Comunista - Sinistra Europea esiste una nostra autonoma posizione che rivendichiamo come parte della sinistra italiana. Per quanto riguarda la manifestazione del 4 novembre, che abbiamo organizzato e massicciamente sostenuto, mi colpisce il fatto che si preferisca mettere in evidenza la presenza di uno striscione offensivo piuttosto che sottolineare la grande partecipazione del popolo di sinistra. Una manifestazione assolutamente pacifica ma determinata sull’obiettivo da raggiungere: il lavoro a tempo indeterminato. Lavoro a tempo indeterminato che sta al centro della nostra proposta, costruita con i migliori giuslavoristi italiani, di riforma complessiva delle norme che regolano il mercato del lavoro a partire dalle leggi Treu per arrivare alla legge 30. Questa proposta verrà sostenuta con forza sia in Parlamento che nell’iniziativa sui territori, caratterizzando così il nostro concreto impegno dei prossimi mesi per rispondere alle domande poste dai partecipanti alla manifestazione del 4 novembre.


Torniamo quindi al 4 novembre, al punto politico posto da quella manifestazione...

Torniamo al “dopo quattro novembre”. Quella che si sta aprendo, infatti, è una fase di conflitto sociale che ruota attorno ai grandi temi del rinnovo dei contratti nazionali di lavoro, delle pensioni, della precarietà. Sui contratti: mentre è evidente che nessuno può più pensare a un aumento salariale legato all’inflazione programmata, sull’orario di lavoro Confindustria persegue nel suo obiettivo della gestione unilaterale mirando a cancellare qualsiasi possibilità di intervento dei rappresentanti dei lavoratori nelle aziende.

Sulle pensioni: il governo ha l’occasione di mantenere la parola data in campagna elettorale e quindi di recuperare credibilità confronti della sua base sociale alla quale ha promesso l’abolizione dello scalone introdotto da Maroni e da Berlusconi (60 anni di età con 35 anni di contributi che devono essere riportati a 57 anni di età). Sul nodo fondamentale della previdenza e dello stato sociale, Rifondazione presenterà a gennaio una propria proposta, che partendo dall’esame dei conti reali si pone l’obiettivo di recuperare il concetto di solidarietà universale e generazionale rotta clamorosamente nel 1995 con la riforma Dini che condanna i giovani, anche dopo 40 anni di lavoro (se sono fortunati) a una rendita pensionistica inferiore del 20% circa rispetto a quella di chi va in pensione oggi. La nostra elaborazione, non solo svelerà che i conti degli enti previdenziali sono truccati, ma dimostrerà la compatibilità economica di una seria riforma che riconosca al lavoratore la fatica e lo stress cui è stato sottoposto. Sulla precarietà: se la sentenza del Tar del Lazio è la risposta alla manifestazione del 4 novembre, allora l’allarme deve suonare per tutti, per i partiti come per i sindacati. Sulla precarietà, infatti, si gioca una partita enorme, perché è proprio sull’incertezza lavorativa e sulla possibilità di mettere al lavoro ed espellere dal lavoro alla bisogna, che gli imprenditori intendono basare la competitività.


Questa vicenda del rapporto tra Fiom e Cgil non interroga in qualche modo anche il partito della Rifondazione comunista?

Sul principio dell’autonomia ho già risposto, aggiungo solo che considero una ricchezza la dialettica all’interno della Cgil tra esperienze e pratiche diverse, a partire da quelle delle categorie. Dialettica che può anche essere aspra, ma che non deve mai essere confusa o equiparata con pratiche violente del recente passato respinte da tutto il movimento operaio. Detto questo, perché nel paese si affermi un reale cambiamento, credo sia indispensabile un sindacato che chiami alle mobilitazioni i lavoratori nel momento in cui i diritti vengono attaccati da Confindustria. Un sindacato democratico, che sottoponga al voto dei lavoratori le piattaforme e gli accordi, sia di categoria che confederali, che li consulti e consideri vincolante il loro volere sui grandi temi. Mi auguro che sulle pensioni il confronto che si aprirà e gennaio tra governo e organizzazioni sindacali avvenga su una piattaforma preventivamente discussa e votata in tutti i luoghi di lavoro.

Atesia, sentenza del Tar del Lazio: nel call center torna la precarietà

Annullati, dopo il ricorso dell’azienda, i verbali degli ispettori del lavoro.

«Appare preminente garantire il mantenimento della situazione in essere», dice l’ordinanza emessa ieri dal Tar del Lazio in merito ai verbali degli ispettori del lavoro dopo le ispezioni del 21 e del 24 agosto al call center romano Atesia. Vengono così sospesi l’assunzione di 3200 collaboratori a progetto, riconosciuti a tutti gli effetti come lavoratori subordinati e il pagamento dei contributi pregressi.
E’ stato accolto, cioè, il ricorso presentato dai legali di Atesia Spa poiché, come dice l’ordinanza, «a fronte dei rischi paventati dalla ricorrente ed alla luce dell’imminente (ancorché eventuale) mutamento del quadro giuridico di riferimento», «il potere di diffida (…) appare idoneo ad arrecare una lesione concreta ed attuale all’impresa destinataria dell’accertamento». Dinanzi alla minaccia di chiusura paventata dai manager di Atesia e alle misure previste in Finanziaria (art. 178), quindi, tutto deve rimanere com’è: migliaia di collaboratori a progetto, erroneamente definiti lavoratori autonomi (e dunque privati del contratto collettivo, di ferie, malattia e maternità) nonostante siano lavoratori subordinati: non solo economicamente dipendenti, ma anche sottoposti all’organizzazione e a rigidi strumenti di controllo. Sembra entrare in crisi, dunque, il percorso avviato la scorsa estate dalla Circolare n. 17 del ministro del Lavoro Damiano, nella quale si distingueva tra l’inbound, definito lavoro subordinato, e l’outbound, nel quale si faceva salva la possibilità di utilizzare lavoro parasubordinato, seppur a condizioni più stringenti. Il verbale degli ispettori sembrava aver scompaginato ancora le carte: molti tra i 3200 cocoprò riconosciuti come lavoratori autonomi, infatti, lavoravano nell’outbound. Ma il ministro, pur difendendo il lavoro degli ispettori, restò fermo sulla sua strada, e il 4 ottobre officiò alla stipula di un primo accordo tra Confindustria e sindacati: un «avviso comune» che, collegato all’art. 178 della finanziaria garantiva alle imprese che avessero assunto con contratti subordinati (non a tempo indeterminato), un forte sostegno pubblico per il pagamento dei contributi pregressi. Inoltre l’avviso comune delegava alla contrattazione aziendale la conciliazione sul pregresso (un via libera ad un vero e proprio condono), e scaglionava le nuove assunzioni in gruppi dal 25% per trimestre, allungando di un anno i tempi di applicazione.

Adesso, com’è evidente, l’ordinanza del Tar cambia l’equilibrio della forze in campo. I primi a notarlo sono i Tripi, padre e figlio: «E’ certamente motivo di soddisfazione apprendere che le conclusioni dell’indagine degli ispettori sono state respinte dalla giustizia amministrativa». Tripi continua con un’apertura: «Ritengo che questa decisione debba essere considerata positiva soprattutto per riprendere il dialogo costruttivo con le organizzazioni sindacali, per attuare il programma che prevede la stabilizzazione di tutti i collaboratori a progetto del gruppo, che altrimenti sarebbero rimasti in una condizione di incertezza». Dove per stabilizzazione certo non si intende l’assunzione a tempo indeterminato, ma l’applicazione dell’intesa-bidone firmata (e poi sconfessata) a maggio anche dalla Cgil: contratti di apprendistato e di inserimento e l’uso, nell’outbound, di nuovi cocoprò. Sembra dunque fondata la preoccupazione di Giorgio Santini, segretario della Cisl, che teme il ritorno «ad una interpretazione più vicina a quella formulata dall’azienda». Tanto è vero che anche il sindacalista torna indietro sui passi dell’avviso comune: «sui cocoprò, più che accapigliarsi per capire se e quando c'è un progetto, che è sempre difficile da dimostrare, si deve invece andare avanti sulla strada della parificazione contributiva». Ovviamente lasciando intatta la legge 30. Anche Enrico Miceli, segretario dell’Slc-Cgil, giudica negativamente l’ordinanza del Tar, mentre per Nicoletta Rocchi, segretaria confederale Cgil «l’ordinanza dimostra che, come sempre, la contrattazione è la strada maestra perché dà certezza ai lavoratori». Ma, aggiunge, «l’azienda fino ad oggi non è stata disponibile». La sottosegretaria al lavoro Rosa Rinaldi, invece, difende degli ispettori e rilancia: «Andremo avanti sulla strada della regolarizzazione di questo settore, anche con le misure contenute in finanziaria». I lavoratori del Collettivo Precari Atesia, dal cui esposto era partita l’ispezione, annunciano un ricorso al Consiglio di Stato, mentre martedì prossimo al Senato è prevista un conferenza stampa organizzata da Prc, Fiom, Rete 28 aprile, Cobas e Snater per chiedere ai parlamentari un emendamento che abroghi l’art 178 della Finanziaria. Una misura che Daniela Cortese, del circolo telecomunicazioni del Prc, definisce «un condono per Tripi».

Da Liberazione

Call center, la «toppa» del direttivo Cgil

Il direttivo Cgil, due giorni fa, ha deciso di mettere una «toppa» all'avviso comune tanto contestato, quello che autorizza il ricorso al lavoro a progetto per gli operatori outbound . L'avviso contraddice in modo lampante le conclusioni del Congresso di marzo, che auspica l'eliminazione della figura del lavoratore parasubordinato per via legislativa e l'estensione dell'intero corpus dei diritti - oggi riservati ai soli subordinati - a tutto il lavoro «economicamente dipendente». Come hanno riferito le cronache di ieri, il documento di Guglielmo Epifani è passato con 87 voti favorevoli, contro i 16 del testo di Dino Greco, che chiedeva il ritiro della firma. Il documento di Epifani rappresenta un compromesso con una parte della sinistra Cgil che aveva espresso contrarietà rispetto all'avviso comune: si è deciso di mantenere in piedi il testo dell'accordo con Cisl, Uil e imprese, indicando però un'interpretazione «restrittiva» per la futura contrattazione. Il direttivo ha dato mandato alla segreteria nazionale di inviare una lettera a Confindustria, «possibilmente di carattere unitario», che utilizzando «i nuovi spazi contrattuali aperti dall'avviso comune, ribadisca con nettezza» alcuni impegni negoziali. Sono dunque elencati i quattro punti su cui si impegna la Cgil (e, se mai accettassero, Cisl e Uil): 1) in situazioni come quella di Atesia, dove ci sia stato un intervento del servizio ispettivo, gli accordi dovranno essere coerenti con le conclusioni ispettive (non a caso Epifani aveva ribadito che «per la Cgil i 3200 lavoratori di Atesia sono subordinati»); 2) il lavoro autonomo non potrà avere costi e diritti inferiori rispetto a quelli previsti dal contratto nazionale, e dovrà avere come riferimento imprescindibile l'effettiva prestazione realizzata (in termini di autonomia, orari) e l'autodeterminazione delle modalità di prestazione rispetto all'organizzazione aziendale; 3) la stabilizzazione deve andare di norma verso il lavoro a tempo indeterminato, negoziando orari tali da garantire una retribuzione equa e il rispetto dei contratti nazionali; eventuali contratti a termine dovranno rispettare causali, tetti e durata dei contratti nazionali; l'apprendistato dovrà avere autentici fini formativi e non usi impropri; 4) i lavoratori che non accetteranno la transazione sindacale sui pregressi salariali, avranno comunque l'assistenza della Cgil. Il punto 2, che fissa un lavoro autonomo pressoché parificato al dipendente, è un generoso tentativo di far rientrare dalla finestra quanto delle tesi congressuali era stato messo alla porta. Come dire: se lavoro autonomo ci sarà (comunque reso più difficile dalla necessità di dimostrare «l'autodeterminazione delle modalità di prestazione rispetto all'organizzazione aziendale»), dovrà costare almeno quanto il lavoro dipendente, e riconoscere ferie, malattia, etc. (ma non, ovviamente, l'articolo 18). Tutto bene: ma Cisl, Uil e Confindustria come la vedono? L'avviso comune è stato firmato e adesso, ai singoli tavoli, sta alla forza contrattuale della sola Cgil difendere l'interpretazione «restrittiva»: fatica improba a cui vengono chiamate le strutture alle prossime trattative, pur di non ritirare una firma diventata pietra dello scandalo.

Intervista del prof. M. Pacifico a "La bomba dei precari"

"22 novembre 2006 - ANIEF
Chi ha conseguito l'abilitazione presso le SSIS è stato truffato dallo Stato perchè rimane un docente specializzato per l'insegnamento, ma disoccupato


Dall'intervento telefonico del prof. Marcello Pacifico al programma "2010.La Bomba dei Precari", trasmesso il 21 novembre 2006 in Repubblica Tv,
(http://tv.repubblica.it/)

Di seguito il testo integrale dell'intervento.
Dal 1999, con nove anni di ritardo rispetto alla legge d'istituzione delle SSIS, partono i primi corsi delle Scuole di Specializzazione per l'Insegnamento nella Scuola Secondaria, nel rispetto degli accordi europei di Lisbona che prevedono un comune percorso di formazione degli insegnanti.

Oggi, si sono abilitati presso le SSIS circa 70.000 docenti (I-VI ciclo SSIS), a cui si uniranno fra due anni altri 20.000 docenti specializzati (VII-VIII ciclo SSIS).
Poiché attualmente il sistema in vigore di reclutamento degli insegnanti è quello del doppio canale, ovvero del 50% dei posti riservato alla graduatoria di merito dove sono inclusi gli idonei dell'ultimo concorso e dell'altro 50% riservato alla graduatoria permanente dove sono inseriti tutti gli abilitati (eccetto quelli del VI ciclo SSIS per l'ingiusta apertura biennale delle stesse GP), e poiché da documenti ufficiali del MPI (gennaio 2006) soltanto il 3% degli immessi in ruolo durante le passate (2005-2006) 35.000 assunzioni risulta abilitato presso le SSIS, non per suo demerito ma per colpa della mancata previsione di una quota di posti riservata e per la rivoluzione dei punteggi nelle GP con la Legge 143/2004 (riduzione dei 2/3 del punteggio di abilitazione e attribuzione di punti sei alle altre procedure abilitanti, tra le altre cose), si può ben dire che i docenti precari abilitati presso le SSIS siano stati ingannati dallo Stato che li ha resi specializzati nella disoccupazione.

Se l'accesso ai corsi di specializzazione all'insegnamento, difatti, è legato a un numero programmato di posti disponibili per l'assunzione, individuato dalle Direzione Scolastiche Regionali in base al turn-over del triennio successivo e comunicato al Ministro della Pubblica Istruzione, e se tali posti poi sono assegnati ad altri insegnanti e non a quelli che nel frattempo si erano specializzati per insegnare in quel posto, è avvenuta una truffa di Stato, a meno che il Ministero o l'Università non rappresentino lo Stato.

Per questa ragione è in atto oggi un ricorso al Tar Lazio, portato avanti dall'ANP, per il riconoscimento di una quota di posti riservata ai docenti abilitati presso le SSIS.
Infine, se il doppio canale così come oggi strutturato esclude la maggior parte dei docenti precari abilitati presso le SSIS dalle immissioni in ruolo, la Finanziaria 2007, come approvata dalla Camera, li caccerà fuori dal 2010 letteralmente dalla Scuola.
Se questa non è una truffa, di certo è una grande beffa. E meno male che dovevamo andare ad insegnare, pardon, ci eravamo soltanto specializzati per insegnare nella nostra Scuola Pubblica.

Vogliamo veramente ancora parlare di merito, di qualità, di professionalità della nostra comunità educante?

21 novembre 2006

ANIEF – Associazione Nazionale Insegnanti ed Educatori in Formazione

Non firmi il contratto? Non firmo il giornale

27-11-06

intervista a Roberto Natale, membro della Giunta Nazionale FNSI ed ex segretario UsigRai

Dopo lo sciopero della redazione, lo sciopero della firma. Ce lo spieghi .

È un'iniziativa che non va letta in contrapposizione con lo sciopero classico ma come forma collaterale di protesta, e va nella direzione di tutte le iniziative fino ad ora perseguite, cioè di ideare qualunque mossa possa servire a sbloccare la Fieg dalle sue posizioni di chiusura.

Secondo lei sta funzionando?

Direi proprio di sì. Abbiamo un riscontro positivo da parte del pubblico. È un'iniziativa che suscita attenzione, curiosità. Anche gli editori sembrerebbero più sensibili, anche il loro fronte interno pare che si stia articolando di più, e in favore di posizioni meno rigide e oltranziste.

Lo sciopero, in quanto tale, non funziona più, è diventato uno strumento debole?

No, perché tutto procede in modo cumulativo. Ci sono forme di protesta classiche, e forme più innovative.

Come la protesta davanti al Lingotto a Torino il giorno delle inaugurazioni delle Olimpiadi, o durante le giornate del festival di Sanremo?

Esattamente. Una ricerca di visibilità e di sensibilizzazione verso l'esterno. Anche lo sciopero della firma va interpretato in questo modo: usare tutti gli espedienti, anche fantasiosi, per far capire all'opinione pubblica che qualcosa non va. E si cerca di farlo parlando all'esterno della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Insieme cerchiamo di utilizzare lo strumento classico, facendo in modo che gli editori non ne neutralizzino gli effetti. Con gli scioperi improvvisi, gli editori non hanno il tempo di spostare la raccolta pubblicitaria da un giorno all'altro e quando provano a farlo, aumentando la filiazione dell'edizione del giorno successivo allo sciopero, talvolta devono subire un'ulteriore giornata di sciopero, come è successo a ottobre a Repubblica . Lo sciopero è uno strumento classico, ma non vetusto.

Quanti sono complessivamente gli scioperi indetti da quando è scaduto il contratto giornalistico?

Da fine febbraio 2005 ad oggi sono state indette 13 giornate di sciopero. Scioperi che non hanno riguardato questo o quel punto della piattaforma ma che sono stati indetti ‘solo' per cominciare ad aprire le trattative. Francamente, la situazione è critica. In passato, fino a quest'ultima vertenza, gli scioperi erano per ottenere questa o quell'altra cosa, indirizzare l'andamento della trattativa nell'uno o nell'altro modo. Oggi si sciopera per poter innanzitutto essere ascoltati, perché gli editori continuano a non voler proprio aprire la trattativa stessa. Non discuterla, aprirla.

Al di là delle testate del gruppo Repubblica L'Espresso, qual è la situazione nelle altre redazioni?

Si segnalano prese di posizione di vari comitati di redazione, la stessa FNSI dà il pieno sostegno al ritiro delle firme e auspica che questa iniziativa si replichi ovunque è possibile. È una situazione generalizzata, che si avverte trasversalmente a diversi livelli. Basti pensare che il cdr de Il Giornale , quotidiano che esce puntualmente in edicola mentre gli altri scioperano, ha diffuso un comunicato in cui c'è scritto che il problema è che gli editori vogliono ottenere maggiori ricavi tagliando il costo del lavoro dei giornalisti. In questo caso, il comunicato vale sia per quello che c'è scritto sia per chi lo ha scritto. L'area della combattività è molto ampia.

Insomma, il consenso si sta allargando.

Sì, anche Europa , Il Manifesto hanno sostenuto l'ultimo sciopero. Ieri (sabato 25 novembre, n.d.r.) Avvenire ha pubblicato un editoriale in cui sollecitava gli editori al dialogo. Anche la Rai , che è l'azienda che stipendia il maggior numero di giornalisti italiani, con un proprio comunicato ci ha tenuto a fare sapere alla Fieg che è contraria alla linea del rifiuto e favorevole all'apertura del dialogo. Ogni redazione sceglie la propria soluzione in base alla propria specifica situazione.

Ma le posizioni degli editori cambiano.

La vertenza si presenta in forma nuova anche perché sono cambiati gli schieramenti all'interno della Fieg. Prima erano editori come Riffeser, che controlla quotidiani nazionali tra cui il Giorno , la Nazione Il Resto del Carlino , a guidare lo schieramento dei ‘falchi', oggi a rifiutare il dialogo c'è Caltagirone (Il Messaggero , Il Mattino , e altro) e Carlo De Benedetti, l'editore ‘democratico' per eccellenza. I giornalisti di Repubblica stanno scioperando proprio per questo, perché vivono sulla propria pelle la contraddizione tra quello che il loro giornale predica sul valore della concertazione e quello che l'editore pratica. Se il dialogo tra le parti nei rapporti industriali è un valore, questo deve poter valere anche dentro le redazioni.

Redazioni che per la prima volta hanno messo la tutela dei lavoratori precari al centro della piattaforma.

Questa è la novità della vertenza. Non c'è alcun spirito corporativo, né alcuna differenza tra garantiti/non garantiti. Si tratta di una vertenza trasversale nel vero senso della parola, sia perché ha come perno della sua battaglia il superamento del precariato, sia perché non si batte solo per i propri diritti di categoria bensì mira ad un quadro di regole chiare per tutto il mondo dell'editoria. Mi riferisco alle risorse per l'editoria, che la Finanziaria nella versione approvata alla Camera ha tagliato (salvo l'annuncio del Governo di ripristinarle al Senato). Mi riferisco al problema sempre più serio di squilibrio nella ripartizione pubblicitaria tra tv e carta stampata. E mi riferisco alla necessità di rivedere le norme del rapporto tra azionisti e giornali. È il problema che pone anche il recente libro di Massimo Mucchetti, “Il baco del Corriere” (edito da Feltrinelli, nd.r. ), che è un testo estendibile anche ad altre realtà. Qui occorre regolare in modo diverso e più serio la situazione diffusa per cui banche e finanzieri acquistano giornali per ragioni tutt'altro che editoriali.

È questo che intende il sindacato quando chiede uno Statuto dell'Impresa Editoriale?

Sì, vogliamo un argine allo strapotere di soggetti che hanno interessi extra-editoriali: perché l'informazione è vitale, è alla base della democrazia, e il conflitto di interessi non ce l'ha solo Berlusconi, ma riguarda tutte le situazioni in cui esistono editori che sostengono giornali per motivi estranei all'informazione. Lo Statuto vuol dire separazione netta tra prodotto informativo e ‘resto'.

Tornando ai precari, la si può definire una lotta dentro la lotta?

I precari stanno lottando insieme alle redazioni, all'interno di questa vertenza più ampia che a sua volta, e per la prima volta, li coinvolge in un discorso corale, collettivo. Se si sbucciasse questa vertenza come un carciofo, l'anima sarebbe proprio la lotta al precariato. Siamo riusciti a saldare la battaglia tra chi vive questa situazione dentro le redazioni e chi le vive ai margini. Ai nostri incontri, i precari sono una presenza fissa, hanno capito che è una scelta contraria ad ogni corporativismo.

Gli editori vi ribattono che il quadro internazionale dell'editoria sta cambiando, anche per via delle nuove tecnologie che renderebbero grigio il futuro della carta stampata, e che pertanto occorre investire sulle nuove forme di informazione che ne deriverebbero.

Non so se sarà profetico quello che scrive in “The vanishing paper” l'autore, Philip Meyer e cioè che entro il 2043 verrà stampata l'ultima copia di un quotidiano. Certo che le nuove tecnologie ridisegneranno gli assetti tradizionali ma è miope la risposta degli editori che individuano come soluzione la sola compressione dei costi, tagliando sul lavoro dei redattori e ignorando i diritti dei lavoratori precari.

Adesso sono previsti altri scioperi di qui a Natale.

Proprio per la questione della raccolta pubblicitaria di cui le parlavo. Il periodo natalizio ha un incremento notevole di pubblicità, e questo è un modo per colpire gli editori in maniera diretta.

Buon Natale.

Grazie, in tutti e due i sensi.

di Paola Manduca

25.11.06

Finanziaria, una beffa colossale per i precari

E’ assolutamente incredibile quello che questo governo si sta apprestando a fare ai docenti precari della scuola. Dopo aver fatto una campagna elettorale il cui “cuore” si basava sulla fine del precariato, dopo aver duramente criticato il precedente governo per aver tentato di cambiare il sistema di reclutamento in modo anticostituzionale per mezzo dell’ormai famigerato articolo 5 della legge 53/03 , l’attuale governo decide di sopprimere le graduatorie permanenti, senza proporre una fase transitoria di reclutamento, ignorando le proteste di coloro che nella scuola lavorano da anni e che rischiano di rimanerne fuori per sempre. L’emendamento che avrebbe dovuto salvaguardare le graduatorie permanenti, richiesto a gran voce da tutte le associazioni di precari, dalle organizzazioni sindacali e presentato dagli esponenti della stessa maggioranza, probabilmente sarà discusso al Senato. Al momento infatti è stato approvato alla Camera il maxiemendamento che addirittura fa decadere la valenza delle graduatorie nel 2010. Forse i ministri di questo governo credono davvero che la promessa di 150.000 immissioni in ruolo possa servire da specchietto per le allodole per coloro che nella scuola vivono e lavorano grazie alle graduatorie permanenti? Siamo consapevoli che il meccanismo di dette graduatorie è difficile e complesso, ma proprio perché da anni siamo inseriti in queste graduatorie, e bene le conosciamo, e proprio perché ne sappiamo individuare la complessità, nutriamo molti dubbi sul fatto che le 150.000 immissioni a tempo indeterminato (in realtà 75.000 perché i contingenti sono ripartiti per il 50 % alle graduatorie permanenti e per il 50 % alle graduatorie di merito), se mai ci saranno, potranno davvero riguardare coloro che sono nelle graduatorie e che da anni vengono “usati” dallo stato italiano benché abbiamo contribuito al buon funzionamento della scuola pubblica per moltissimo tempo. Inoltre ci piacerebbe sapere se il presente Ministro della Pubblica Istruzione sia al corrente del significato pratico della distribuzione del contingente, come del resto del fatto che le graduatorie verranno riaperte fra pochi mesi e di conseguenza probabilmente saranno nuovamente modificate da nuovi inserimenti e da trasferimenti : grazie a queste modifiche le posizioni maturate dai docenti inclusi non saranno forse mantenute e gli stessi rischieranno di perdere anche posizioni e forse anche la possibilità di essere immessi a tempo indeterminato. Il ministro Fioroni ha pubblicamente affermato che, dopo l’immissione in ruolo di 150.000 precari, resteranno fuori solo coloro che insegnano nella scuola pubblica da meno di tre anni. Tale affermazione ci sembra assolutamente semplicistica e gratuita. Il Ministro ha forse fatto un’analisi dei movimenti delle graduatorie negli ultimi sei anni? Si è curato di controllare quanti docenti che effettivamente insegnavano nella scuola pubblica da anni sono passati di ruolo? Si è curato di sapere se tutti coloro che sono inseriti nelle graduatorie permanenti sono veramente docenti precari della scuola pubblica? Ne dubitiamo fortemente. Potremmo anche credere alla buona fede del ministro, ma ci piacerebbe che i signori che ci governano inizino seriamente a pensare che il precario non è una persona priva di capacità di analisi o di critica, infatti noi tutti siamo in grado di valutare e di capire quando veniamo presi in giro. Lo avevamo capito nella precedente legislatura e purtroppo a nostro danno lo abbiamo capito ora.

L’operare di questo governo e l’elaborazione di questa finanziaria rappresentano infatti per i docenti precari una beffa colossale, se non ci saranno degli "aggiustamenti" al Senato. Possiamo capire che i conti pubblici siano in condizioni disastrose, ma non possiamo assolutamente accettare che ancora una volta a farne le spese debbano essere sempre i precari. Governare non è certo un compito facile, ma chi ha scelto di farlo, deve comunque dimostrare di esserne all'altezza.


ASSOCIAZIONE DOCENTI PRECARI MILANO
Lucia IORIO

24.11.06

"Ndrangheta, assumici tu"

Lsu-Lpu/ Provocazione dei lavoratori che non ricevono lo stipendio da agosto. Gli impegni di Loiero

CATANZARO. Da undici anni lavorano come precari nei dipartimenti della Regione Calabria e, stanchi di ritrovarsi senza stipendio e nessuna prospettiva occupazionale certa, hanno deciso di occupare la sede dell’assessorato regionale al lavoro a Catanzaro dove hanno affisso uno striscione sul quale provocatoriamente hanno scritto: “Sos, ‘ndrangheta assumici tu”. I 400 Lsu-Lpu sono riuniti da alcuni giorni in assemblea permanente ed a coloro che chiedono il perché di quello striscione non esitano a rispondere in coro: “perché, credete che ci sia differenza tra la ‘ndrangheta ed alcuni dei nostri politici calabresi?’’. Alcuni dei lavoratori hanno deciso di incatenarsi e di iniziare lo sciopero della fame per sollecitare l’intervento della giunta regionale affinché vengano avviate le procedure per la loro assunzione a tempo indeterminato. “Siamo - dice uno dei lavoratori, Pino Messineo - dei dipendenti della Regione a tutti gli effetti. Quotidianamente, infatti, siamo sottoposti ai controlli per la presenza nei posti di lavoro ma poi però non ci viene riconosciuto nessun diritto. L’attuale maggioranza ha impostato la sua campagna elettorale sui precari ed oggi ci hanno abbandonato. Nessuno degli assessori, infatti, vuole riceverci ed affrontare il nostro problema”. Alla protesta degli Lsu-Lpu della Regione non stanno partecipando i rappresentanti delle organizzazioni sindacali perché, secondo i lavoratori, sono “loro i principali responsabili della situazione in cui ci troviamo”. Per meglio esprimere la gravità della loro situazione i lavoratori hanno affisso anche un lungo striscione sui muri dell’assessorato sul quale, prendendo come spunto il titolo di un film di Roberto Benigni che si è esibito giovedì sera a Catanzaro nello spettacolo “Tutto Dante”. Sullo striscione hanno scritto : “Benigni: la vita è bella...ma non per noi”. L’età media dei 400 Lsu-Lpu è di circa 50 anni ed in passato, dopo aver lavorato con altre aziende, hanno usufruito di periodi di mobilità. Tra loro c’è anche Paolo, di 53 anni, che i colleghi scherzosamente chiamano “il nonno”. “Sono sposato e con due figli - sostiene - e lo stipendio da Lsu è di 495 euro. Vi state chiedendo come facciamo a vivere io e la mia famiglia? la risposta è semplice. Chiedo continuamente aiuto ai miei fratelli che mi prestano i soldi per andare avanti”. Molto simile alla situazione di “nonno” Paolo è anche la situazione di Santo, 48 anni, e padre di sei figli. “Per poter condurre una vita dignitosa - dice - io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a casa di mia madre. Vivendo con lei utilizzo il denaro della sua pensione che ci consente di sopravvivere”. In serata alcuni lavoratori hanno incontrato il presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, a margine della conferenza stampa che ha tenuto con Roberto Benigni prima dello spettacolo “Tutto Dante” a Catanzaro. “Abbiamo - ha detto Loiero - tutta l’intenzione di stabilizzare Lsu ed Lpu. In questa legislatura, anche questo problema che è in piedi da dieci anni sarà risolto. Il primo punto in discussione alla prossima cabina di regia istituita dal presidente del Consiglio, Romano Prodi sulla Calabria, sarà quello della stabilizzazione di Lsu-Lpu di tutta la regione”. Gli Lsu-Lpu regionali hanno incassato anche la solidarietà dell’ex segretario regionale della Cisl, Enzo Damiano, secondo il quale “la regione deve saper ascoltare il grido dei precari, le provocazioni estreme che nascono dall’incertezza”. Per affrontare la situazione complessiva di tutti gli Lsu-Lpu le segreterie regionali di Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto un incontro con l’assessore regionale al lavoro, Nino De Gaetano.

Sardegna: «La mia vita da precario Millemiglia»

La storia di Antonio Ligori, insegnante leccese di 40 anni, che sta tre giorni fuori casa per lavorare in Sardegna

Dalla Puglia a Orgosolo per tre ore di lezione alle Medie
Dal nostro inviato Piera Serusi OrgosoloIl professor Antonio Ligori ha un sogno soltanto: andare a scuola leggero, con un paio di libri sottobraccio e la sua vecchia cartella di plastica. Per ora si arrangia: sistema due cambi di canottiera, calze e slip dentro un trolley, afferra la busta della spesa con due bottiglie d'acqua da litro e un paio di panini, bacia la moglie, dà una carezza ai bambini - e parte. Due giorni di viaggio, andata e ritorno, da Salice Salentino - paese a diciotto chilometri da Lecce - fino a Orgosolo. Quarantotto ore in pullman, in nave e poi di nuovo in postale per poter insegnare tre ore - tutti i giovedì - nella scuola media del paese barbaricino. Stipendio: 256 euro al mese. Spese di viaggio: 600 euro. Antonio Ligori parte il mercoledì mattina, sbarca a Olbia l'indomani con la nave di Civitavecchia, sale sulla freccia che lo porta a Nuoro e da qui sull'autobus che lo accompagna al paese giusto giusto in orario per la lezione. Si rimette in viaggio nel pomeriggio, Orgosolo-Nuoro-Olbia-Civitavecchia-Lecce-Salice Salentino, e quando alle 7 di venerdì sera finalmente arriva a casa i figli lo abbracciano come se stesse tornando dall'America, e la moglie lo saluta come è giusto venga salutato un emigrato che torna. Perché Antonio Ligori, 40 anni, maestro di musica, non è soltanto uno dei 300 mila insegnanti abilitati e senza cattedra fissa: è il precario Millemiglia, l'emigrante lastminute delle graduatorie docenti della scuola italiana. Uno che andando e tornando dalla Puglia si è sbucciato supplenze a Bosa, Tertenia, Aritzo, Arzana, Villagrande, Sindia, Macomer, e ora Orgosolo. Anche ieri mattina è arrivato puntuale per le tre ore di lezione alla scuola media "Sebastiano Satta", accompagnato dalla moglie Maria, 36 anni, maestra elementare di ruolo che insegna a un chilometro da casa. «Non era mai stata in Sardegna. Ci vediamo così poco - spiega lui - per via del mio lavoro, che ha deciso di passare questi tre giorni assieme a me. Un sacrificio, ma anche io lo faccio per la famiglia». Ma chi glielo fa fare? «Il punteggio, e basta. Ci rimetto pure di tasca, e meno male che mia moglie lavora, ma per il punteggio si fa questo e altro. Ho tre ore la settimana, ma per tutto l'anno. Il che mi garantisce dodici punti, che diventano 24, perché insegno in una scuola di montagna. Un sacrificio in più uno in meno: che differenza fa se un giorno potrò finalmente insegnare vicino a casa mia?». Ormai sono sei anni che il prof se la sogna, casa sua. Sei anni dal giorno in cui decise di mollare la vita da musicista a contratto per seguire la sua vera passione. «Da quando mi diplomai, nell'88, ho sempre presentato domande di supplenza, a Campobasso, Cosenza, e pure a Novara: non mi hanno mai chiamato. Sicché per campare facevo le feste patronali con la banda musicale, suonavo il trombone nei locali jazz. Ma il mio sogno è sempre stato quello di insegnare e così, nel 2000, ho voluto seguire il consiglio di alcuni amici che mi dicevano: ma perché non provi in Sardegna?». Lui ci ha provato, ed è precipitato nella lotteria dei punteggi, nel girone infernale delle chiamate dei presidi, nella corsa ai 360 giorni d'insegnamento per poter frequentare un corso e conquistare la tanto sospirata abilitazione per la graduatoria permanente (primo gradino per il passaggio di ruolo) che adesso rischia di essere annullata (la Finanziaria ne prevede l'azzeramento dopo l'assunzione di 150 mila insegnanti entro il 2010). «Capito? La metà di 300 mila precari dovrà ricominciare tutto daccapo, come se i sacrifici e i soldi spesi non avessero più senso». Lui, per dire, è uno che il più delle volte ha fatto supplenze di poche ore: erano nove a Bosa, tre a Tertenia, tre ad Aritzo («ma mica di fila: un paio il martedì e una il sabato»), e le 18 ore - cattedra completa - le ha racimolate, ma solo per un paio di mesi, a Villagrande, nel 2004. «La prima, e finora unica volta, che ho avuto uno stipendio vero: 1200 euro. Orario completo, impossibile viaggiare, avevo preso casa in Ogliastra. Ma non potevo permettermi neanche la macchina e siccome avevo qualche ora anche nella classe di Villanova Strisaili, dovevo arrangiarmi con l'autostop. Un giorno mi chiama la preside: "professore, scusi, lei come arriva fino alla scuola della frazione?". Come vuole la fortuna, le ho risposto. Per quelli come me è sempre così, come vuole la fortuna».

24/11/2006
Il prof ha uno stipendio di 256 euro al mese e ne spende 600 per viaggiare. «Lo faccio per il punteggio: soltanto per poter passare di ruolo, un giorno. E meno male che mia moglie lavora».

22.11.06

Palermo, 13mila precari del pubblico impiego in agitazione

Palermo, 13mila precari del pubblico impiego in agitazione

Protesta a Palermo dei precari Asu (Attività socialmente utili) e Puc (Progetti pubblica utilità) in servizio negli enti locali siciliani, davanti alla presidenza della Regione. La mobilitazione, che interessa 7.593 Asu e 5.412 Puc, è motivata dalla mancata applicazione della legge regionale 16 del 2006 che prevedeva la stipula di contratti a 24 ore per i primi e l'adeguamento dell'orario di lavoro da 18 a 24 ore per i secondi, a partire dallo scorso 1 luglio. Per Orazio Calì, dell'esecutivo nazionale dello Slai Cobas, si tratta «delle solite beffe elettorale ai danni di lavoratori che attendono da 18 anni la stabilizzazione, cui si aggiunge il timore fondato della mancanza di fondi necessari per la copertura finanziaria dei decreti assessoriali».

Pubblicato il: 22.11.06

L'Aquila. Il ministro Mussi trova solo fischi

Contestato dagli studenti e dai precari dell’Università dell’Aquila in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico

L’AQUILA — L’accoglienza non è stata certamente delle più cordiali, ma il ministro dell’Università e Ricerca, Fabio Mussi, non si è sottratto al confronto, rispondendo a critiche e contestazioni nel corso della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico dell’ateneo aquilano. Un avvio di mattinata movimentato, con la presenza in piazza del Teatro dei rappresentanti dei gruppi studenteschi di destra e di sinistra a manifestare sostanzialmente per la stessa causa. Poi la protesta dei precari dell’Università dell’Aquila.

21.11.06

Rapporto Isfol: sempre più precari, il posto fisso è una chimera

E’ la fotografia scattata dall’Isfol nel suo Rapporto 2006. Entro il 2009 i posti di lavoro in Italia dovrebbero crescere di quasi mezzo milione di unità (+0,5%) e di questi quasi il 30% saranno di collaboratori domestici e assimilati. L’Isfol ha fatto un’analisi sulle inserzioni di lavoro di aziende a mezzo stampa: in testa le ricerche per operatore di call center seguita da agenti e venditori • Migliora l'istruzione, ma sono pochi i laureati
ROMA - Aumentano i precari e il posto fisso diventa sempre più una chimera. E’ la fotografia scattata dall’Isfol secondo cui il lavoro dipendente è divenuto, nel periodo compreso tra il 2002 ed il 2005, «più precario, seppur in misura lieve».
Il Rapporto Isfol 2006, sottolinea infatti come «la propensione alla conversione dei contratti a termine in occupazione permanente è diminuita in due anni di oltre 6 punti percentuali, mentre il rischio per i lavoratori a tempo determinmato di rientrare in condizioni non occupazionali è passato dall’11,2% del 2002-2003 al 20,7% del 2005-2005. La componente giovanile della popolazione presenta elementi di criticità sensibilmente superiori alla media: la quota di contratti a termine convertiti in 12 mesi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato è passata per i giovani dal 39% al 25,3, mostrando che il lavoro a termine ha perso in parte la funzione di agevolare l’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani».

L’Isfol poi segnala l’elevata incidenza dell’occupazione a tempo determinato sul totale del lavoro dipendente nella compoiszione degli ingressi al lavoro: oltre il 45% dei nuovi occupati subordinati registrati nel corso del 2005 risulta inquadrato con contratto a termine. Questa quota risulta inoltre cresciuta «dal 2003 al 2005 di 3 punti percentuali. Le prospettive sembrano orientate verso una riduzione degli elementi di criticità osservati: da un lato i segnali di ripresa dell’economia, rilevati fin dai primi mesi del 2006, e il ripristino, seppur parziale, del regime di incentivi all’assunzione dei giovanui, ottenuto con la peina applicazione del nuovo contratto di apprendistato, orientano l e previsioni verso un recupero dei tassi di occupazione giovanili e verso una ripresa dello sviluppo dei contratti a causa mista.
L’auspicio è che il varo definitivo sull’intero territorio nazionale dell’apprendistato contribuisca a riequilibrare il deficit formativo e rilanciare l’investimento in formazione da parte della domanda».

TRA 2006 E 2009 ATTESO AUMENTO 476.000 OCCUPATI
Tra il 2006 e il 2009 i posti di lavoro in Italia dovrebbero crescere di quasi mezzo milione di unità (+0,5%), un aumento significativo ma molto inferiore a quello dello scorso quadriennio (+0,9%). Quasi il 30% dei posti di lavoro aggiuntivi saranno di collaboratori domestici e assimilati (+130.997). Tra il 1995 e il 2005 sono stati creati 2,3 milioni di posti di lavoro e che 1,5 milioni di questi sono stati occupati da donne. Nello scorso quadriennio comunque ha pesato nell’aumento dell’occupazione (+888.000 unità) anche la regolarizzazione della posizione di circa 700.000 immigrati grazie all’applicazione della legge Bossi-Fini.

L’aumento complessivo dell’occupazione nel prossimo quadriennio riguarderà soprattutto l’area dei servizi (+1,1%) mentre subiranno contrazioni l’agricoltura (-3,8%), l’industria (-0,4%) e le costruzioni (-0,1%), quest’ultimo un comparto che ha trainato la crescita degli ultimi anni. Nell’industria, secondo le previsioni dell’Isfol, si registrerà un arretramento soprattutto nel settore del tessile abbigliamento e nelle industrie conciarie con una perdita complessiva di 100.000 posti di lavoro. Perderanno occupati l’energia (-12.000 posti) e il comparto delle macchine elettriche (-23.000 posti) mentre aumenteranno le possibilità di lavoro nell’industria alimentare (+0,9%). Nei servizi la crescita si concentrerà nel settore privato (+1,5%) con 155.000 posti in più, in decelerazione comunque dai 350.000 registrati nel quadriennio 2002-2005, molti dei quali però grazie alla regolarizzazione di persone occupate da molto tempo nelle famiglie nel lavoro di cura.

Anche nel prossimo quadriennio una gran parte dei nuovi posti si troverà nelle professioni non qualificate (+139.550 posti tra collaboratori domestici, addetti a servizi di pulizia, custodia e similari) anche se grande richiesta ci sarà pure per le professioni qualificate nelle attività commerciali e nei servizi (+157.008 posti) e nelle professioni intellettuali e di elevata specializzazione (+96.216 posti). In calo è previsto il settore degli artigiani, operai specializzati ed agricoltori che nel prossimo quadriennio, secondo le previsioni Isfol, dovrebbero perdere 85.779 posti. In calo sono previste anche le Forze armate con 5.058 posti in meno entro il 2009.
Tra le professioni in crescita nel prossimo quadriennio svettano gli agenti immobiliari (+11,4%) ma anche i procuratori legali e gli avvocati (+11,3%) e i collaboratori domestici (+10,3%). Una crescita sostenuta secondo l’Isfol infine è attesa per i fotografi e assimilati (+10,2%), per gli architetti e gli specialisti nel recupero e la conservazione del territorio (+10%) e i baristi e assimilati (+8,6%).

CERCASI COLF E AGENTI IMMOBILIARI, ADDIO A SARTI
Crescita boom per collaboratori domestici, avvocati e agenti immobiliari mentre perdono terreno i braccianti agricoli, i sarti e gli artigiani del settore calzaturiero: la fotografia sulle professioni più richieste tra il 2006 e il 2009 è stata scattata dall’Isfol nel suo Rapporto annuale presentato oggi secondo il quale a fronte di 476.366 nuovi posti di lavoro 130.977 saranno indirizzata ai collaboratori domestici che passeranno dai 5,25% al 5,67% dell’occupazione complessiva.
Secondo le previsioni Isfol saranno gli agenti immobiliari a segnare l’aumento più consistente (+11,4%) passando da 54.896 a 61.154, seguiti a ruota dai procuratori legali e gli avvocati (+11,3%) che dovrebbero passare da 187.625 a 208.877. I collaboratori domestici (+10,3%) dovrebbero passare da 1.273.776 occupati a 1,404.773 mentre gli urbanisti e gli architetti dovrebbero segnare un +10% superando quota 140.000 unità. Un aumento significativo dovrebbe essere registrato dai baristi e assimilati (+8,6%) con 20.095 posti in più e dai contabili e assimilati (22.650 posti in più pari a un +4,3%).
Nel prossimo quadriennio dovrebbero diminuire i braccianti agricoli di 36.685 unità (-13,1%) e gli operai agricoli specializzati in culture in pieno campo (-18.311 posti pari a un -14,2%). Per i sarti è prevista una riduzione di 11.877 posti (-11,7%) mentre per gli operai agricoli specializzati in coltivazioni legnose (vite, olivo, alberi da frutta ecc) è previsto un calo di 11.432 unità (-13,3%). Per gli artigiani e gli operai calzaturieri il calo previsto è di 10.704 posti (-11%).

L’Isfol infine ha fatto un’analisi sulle inserzioni di lavoro da parte delle aziende a mezzo stampa nel 2005 secondo la quale in testa si conferma quella per operatore di call center (19.909 richieste nell’anno) seguita da quelle per agenti e venditori. Per gli agenti nel 2005 comunque la seconda posizione subisce un arretramento (da 9.797 offerte a 7.102 offerte con un calo di quasi il 28% dopo una crescita sostenuta dal 1996 al 2003) mentre per il venditore le richieste sui giornali nel 2005 sono state di 6.237 unità.

21/11/2006

Occupata dai precari Atesia la sede del direttivo CGIL a Corso Italia

Da oltre un ora è in corso l'occupazione della sede nazionale della Cgil a C.so Italia a Roma. Oggi si deve svolgere il direttivo della Cgil con il segret. Epifani che deve affrontare il tema della firma dell'avviso comune cioè l'accordo fra cgil-cisl-uil confindustria ed il ministro Damiano con il quale si applica l'art.178 della finanziaria che condona i padroni illegali come Atesia e costringe i lavoratori a rinunciare ai propri diritti pregressi senza applicazione del contratto a tempo indeterminato. Epifani ha dichiarato di voler incontrare i precari. Di seguito il comunicato stampa.

OCCUPATA DAI PRECARI ATESIA LA SEDE DEL DIRETTIVO CGIL A CORSO ITALIA

Nel pomeriggio di oggi, in occasione del Direttivo nazionale CGIL, il collettivo PrecariAtesia si è recato davanti alla sede della CGIL, per manifestare dissenso e contrarietà nei confronti dell’Avviso Comune, siglato il 4 ottobre scorso da CGIL, CISL e UIL e Confindustria, alla presenza del Ministro del Lavoro Cesare Damiano.
Avviso Comune che, ancora prima dell’approvazione della Finanziaria, ricalca in toto l’art. 178 della stessa e si preoccupa di facilitarne e velocizzarne le procedure.
L’art. 178 e l’Avviso Comune sono il palese tentativo di Governo e confederali di favorire la classe padronale contro gli interessi dei lavoratori, ignorando del tutto il lavoro dell’Ispettorato e tentando di soffocare una lotta, reale e genuina, nata dal basso da e per i lavoratori.
Richiedere ed applicare contratti di subordinazione (contratti a termine di inserimento e apprendistato) e accettare l’inesistente distinzione fra in-bound ed out-bound, non vuol dire realizzare stabilizzazione reale.
Condonare ai padroni i reati passati, presenti e futuri, privare i lavoratori dei diritti pregressi e ricattarli obbligandoli a firmare una liberatoria per poter continuare a lavorare: questo è l’Avviso Comune firmato anche dalla CGIL, il sindacato dei lavoratori.
Oggi il Collettivo PrecariAtesia ha chiesto al sindacato il ritiro della firma dall’ Avviso e dai vergognosi accordi firmati nel maggio del 2004 e nell’aprile del 2006 che altro non sono che un susseguirsi di forme di precarietà, sfruttamento e ricattabilità per chi lavora, mentre sono fonte di sostanziosi fatturati per le aziende.
Di fronte all’occupazione della sede CGIL il segr. Naz. G. Epifani ha dovuto tenere una assemblea con le precarie ed i precari. In tale assemblea il segr. Naz. G. Epifani ha sostenuto, negando l’evidenza, che l’avviso comune non precarizza ed anzi ha affermato che in Atesia “non verrà superato quello che è stato l’esito dell’Ispettorato del lavoro” e dunque verranno tutte e tutti assunti con contratto a tempo indeterminato. Il collettivo precariAtesia ha messo in luce le contraddizioni fra le affermazioni ed il contenuto dell’avviso comune tanto che un esponete della CGIL ha dichiarato “ci potete dire che siamo venduti ma non ignoranti”. Il Collettivo PrecariAtesia ha terminato l’occupazione della sede CGIL evidenziando da un lato gli indubbi risultati che la lotta sta realizzando e dall’altra smascherando i tentativi che sindacati-governo ed azienda mettono in atto per cercare di bloccare le istanze delle lavoratrici e dei lavoratori.
Non possiamo più accettare né riforme, né aggiustamenti, né false promesse; possiamo solo estendere la lotta di Atesia a tutti i call center e più in generale a tutti i precari.

COLLETTIVO PRECARIATESIA

Ricerca, 500mila nei cortei Mussi: condivido la protesta

Francesca Angeli

da Roma

Professori, studenti e ricercatori insieme con i precari. E poi i Cobas della scuola, della sanità e dei trasporti. Un ingorgo di cortei e manifestazioni di protesta contro la Finanziaria ha invaso molte città italiane mandando in tilt il traffico romano, dove si sono concentrati addirittura tre cortei perché allo sciopero del mondo dell'Università e dei Cobas si è aggiunta pure la voce degli studenti che, nella loro giornata nazionale, hanno rivendicato il diritto allo studio.

Insomma evidentemente non era il ministro Letizia Moratti il nemico numero uno della scuola, lo spauracchio dei giovani visto che nelle piazze d'Italia sono andate a protestare complessivamente circa mezzo milione di persone anche se la Moratti non c'è più e il governo è in mano al centrosinistra. Ma la Finanziaria di Prodi fa molta più paura delle precedenti a professori, ricercatori e studenti perché c'è il rischio reale di non poter aprire aule e laboratori per mancanza di fondi. E il fatto che ci sia pure il ministro dell'Università e della Ricerca,
il diessino Fabio Mussi, a condividere le ragioni della protesta non fa che rendere il quadro ancor più desolante. «Si doveva e si deve fare di più per questo settore», ribadisce Mussi che condivide «il richiamo» dei protestatari sottolineando che sono intanto stati trovati «altri 230 milioni di euro».
Promesse che non convincono quei precari che si definiscono «come il latte visto che abbiamo la scadenza» e quei ricercatori che urlano «era meglio se invece di studiare andavo a fare l'idraulico».

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Firenze 24/11 contro la precarietà

Stufo di essere precario?

Al call-center ATESIA, a sud di Roma, oltre 3.000 lavoratori a progetto si sono riuniti in un collettivo per lottare contro sfruttamento e ricattabilità, aprendo una vertenza contro l’Azienda e chiedendo una verifica della legittimità dei loro contratti da parte degli Ispettori del Ministero del Lavoro.
L’esito dell’ispezione è stato il riconoscimento del loro diritto ad essere assunti con il pagamento dei contributi arretrati da parte del padrone.
Una Circolare del Ministro del Lavoro Damiano ha però tentato di sconfessare tale risultato ed l’accordo firmato con l’azienda da CGIL, CISL e UIL ha cercato di scippare ai lavoratori parte di questo successo.
Intanto il Governo, che sul piano generale non intraprende nessuna misura a favore della stabilizzazione del lavoro precario, forte anche di questo accordo, prevede nella Finanziaria l’art.178 che di fatto regala ai padroni la totale sanatoria del pagamento dei contributi arretrati, mentre nella gran parte dei casi trasforma il contratto dei lavoratori a progetto in tempi determinati. Come dire: trasformati da precari in precari.

E’ questa la politica del Governo Prodi contro la precarietà ?
Sono questi i sindacati che dovrebbero tutelare gli interessi dei lavoratori ?

Per discutere di questo ed altro il Coordinamento dei lavoratori precari di Firenze – FIRENZEPRECARIA, nato circa un anno fa dall’unione di lavoratori precari di diversi settori, invita tutti i lavoratori precari e tutte le realtà cittadine che si sono mobilitate il 17 e interessate ad intervenire.

VENERDI’ 24 NOVEMBRE
ore 21.30, presso la Casa del Popolo XXV aprile
in Via Bronzino 117
INCONTRO pubblico con i lavoratori del Collettivo PRECARIATESIA

X info e contatti: firenzeprecaria@inventati.org

Roma - Noi come i precari francesi

Universitari e ricercatori dalla Sapienza in corteo non autorizzato.

Quando il corteo non autorizzato di studenti universitari della Rete per l'Autoformazione e dei precari di alcuni enti di ricerca lascia la Sapienza e passa sotto le finestre della sede romana di Rifondazione comunista in via del Policlinico, di sicuro si rompe più di qualche amicizia. «Questa situazione in cui il governo lotta e la lotta sta al governo a noi sembra un po' paradossale: avete la testa un po' confusa - urla uno dei leader della Rete, Francesco Raparelli, al microfono del sound system e la frase gela i saluti lanciati dalle finestre del partito - avete preso questo Titanic che si chiama governo, che sta distruggendo l'università e la ricerca, e ci avete lasciati su delle zattere molto fragili. Ma prima o poi incontrerete un iceberg, perché stiamo dimostrando che anche quest'anno la conflittualità la facciamo noi». La frase, rivolta a coloro che fino all'anno scorso occupavano le stesse piazze contro la riforma Moratti e contro la precarietà diffusa, racconta molto anche della scelta di questo spezzone (2.000 persone circa) di raggiungere Porta Pia per confluire nel corteo indetto dai sindacati di base.
Ieri si erano dati appuntamento di buon ora davanti ai cancelli della Sapienza e per un paio d'ore - mentre arrivavano gli universitari degli altri atenei romani, gli studenti medi di qualche liceo, Action e le rappresentanze dei centri sociali capitolini, e i ricercatori precari dell'Usi-Rbd di alcuni istituti di ricerca, Iss, Istat, Isfol, Enea e Cnr - ne hanno bloccato una parte degli ingressi. Il fine è quello di «generalizzare lo sciopero» e «dislocarlo nel tessuto cittadino attraverso i blocchi di università, stazioni e autostrade», come nella protesta universitaria di Parigi che «ha indicato una nuova pratica vincente di lotta: lo sciopero metropolitano». Per questo durante la notte avevano occupato simbolicamente la facoltà di Scienze politiche e, forse anche per questo, in piazza Barberini a fine manifestazione hanno tentato di raggiungere palazzo Chigi forzando il cordone di polizia che ha risposto con qualche colpo di manganello.
«A questo governo manca la progettualità per un superamento totale della precarietà - spiega Cristiano, 39 anni, che è stato per 10 anni uno degli 800 lavoratori temporanei dell'Iss - ci sono solo toppe qua e là, come l'emendamento sulla stabilizzazione dei precari. Noi manifestiamo con gli studenti che non vedono altro futuro possibile». «Hanno perso di vista l'obiettivo principale che è l'abrogazione della legge Biagi. Sei mesi sono abbastanza, se in tre giorni sono riusciti a trovare un accordo con Montezemolo», aggiunge l'ex consigliere municipale Rino Fabiano.
«Per noi non ci sono governi amici e quello di Prodi è solo il male minore, ma deve avere il coraggio di farci percepire il cambiamento. Il mondo dell'autorganizzazione precaria vuole rappresentare gli insindacalizzabili, quelli che non sono visibili perché non sono rappresentati da nessuno», argomenta l'ex consigliere capitolino Nunzio D'Erme, appena giunto dalla manifestazione organizzata da Action-Diritti davanti alla Pirelli Re per dire «che la speculazione immobiliare è una delle principali cause della precarietà nel nostro paese» e che sul disagio abitativo c'è «una categoria di sciacalli che si arricchisce».

I sindacati di base fanno il pieno di consensi

I sindacati di base fanno il pieno di consensi.

«Un milione e mezzo di scioperanti e 300.000 in piazza» secondo Cub-RdB, Cobas, Sult e tante altre sigle
Decisamente più vivaci, le manifestazioni organizzate dai sindacati di base in 24 città italiane. D'altro canto, non avevano imbarazzi nel chiamare le cose col proprio nome: «contro questa finanziaria, tutta orientata alla soddisfazione dei bisogni delle imprese» e che «non dà nulla ai lavoratori». Era la prima volta che tutte le sigle di questo universo si ritrovavano per una iniziativa di sciopero comune. Ma evidentemente hanno lasciato una buona traccia «unitaria» gli anni di mobilitazioni no global e anche la grandissima manifestazione del 4 novembre scorso contro la precarietà. Cub-RdB, Cobas, Sult, Cnl, Unicobas, SinCobas, Usi e altre sigle che spesso vantano un buon radicamento in situazioni aziendali, ma che difficilmente riescono a muovere grandi numeri su temi di politica generale. Questa volta, nonostante i timori della vigilia e l'azzardo di spargere le iniziative un po' dappertutto, l'operazione è riuscita. «Hanno scioperato con noi anche molti lavoratori di Cgil, Cisl e Uil», spiega Piero Bernocchi, coordinatore dei Cobas della scuola. I numeri che danno sono difficili da verificare nell'insieme («un milione e mezzo di adesioni allo sciopero e 350mila nelle piazze»), ma qui a Roma hanno dato la cifra di 25.000 al corteo, non troppo lontana dalla realtà, dopo un inizio faticoso in una piazza impraticabile come quella di Porta Pia. Parla di «berlusconismo senza Berlusconi», di una «finanziaria che aumenta solo i soldi per Confindustria e le spese militari, che per la prima volta pareggiano quella sociale». Pierpaolo Leonardi, coordinatore dei Cub, invita «il governo a riflettere sulla grande partecipazione al nostro sciopero e alle manifestazioni regionali». Anche perché «questo per noi è un passaggio; le mobilitazioni proseguiranno in maniera articolata, sul diritto a veri rinnovi contrattuali, contro l'ennesima riforma previdenziale, per far naufragare i fondi pensione e risolvere la piaga della precarietà». Una folla di striscioni, a Roma, segnalava la presenza delle categorie più diverse. Oltre agli «storici» comitati del pubblico impiego e della scuola, oltre la sanità e il trasporto pubblico locale, si facevano notare i cento volti del precariato industriale e dei servizi: ragazzi dei call center, addetti alla grande distribuzione commerciale, impiegati dele agenzie fiscali, dipendenti degli enti locali, della giustizia e persino della presidenza del consiglio («col nuovo governo non è cambiato nulla; solo i carichi di lavoro, aumentati»). E figure inconsuete nei cortei di una volta, come i dipendenti dell'Associazione nazionale combattenti e reduci, ossia le guardie giurate dell'Istituto di vigilanza dell'Urbe. E poi i vigili del fuoco, personale paramedico della Croce Rossa, i ricercatori e i decenti precari dell'università, una frotta di studenti medi che andavano via insieme, stretti stretti, ballando al ritmo del reggae. E molti universitari, naturalmente. Tra i tanti, il deputato del Prc, Salvatore Cannavò, che promette «non voterò la finanziaria».
Scene simili a Milano, dove una manifestazione forse anche più grande, in cui erano presenti gli operai dell'Alfa Romeo, ha attraversato le vie del centro per concludersi in piazza Duomo. Dal palco Corrado Delledonne Pippo Fiorito e Carmelo Calabrese hanno ricordato tutti i punti della piattaforma dello sciopero, ma soprattutto il fatto che «i soldi sono andati solo alle imprese», uniche beneficiarie del «taglio al cuneo fiscale».
Resta, forte, la sensazione che questa galassia riesca a intercettare, magari in modo ancora non molto coerente e organizzato, una vasta area del malcontento sociale, inquadrandolo in una linea di contestazione politico-sindacale non qualunquista e non corporativa. «E' una mobilitazione che ormai marcia con le sue gambe», spiega ancora Bernocchi. «Il 4 novembre ha fatto vedere a tutti che si può criticare questo governo sui contenuti». E tutti insistono sul sondaggio pubblicato da Repubblica, che dà il ministro del lavoro Cesare Damiano all'ultimo posto nella classifica del gradimento; un modo per stemperare nell'ironia il ricordo delle polemiche prima della manifestazione del 4 novembre.

Palazzo Vecchio: la protesta di lavoratori continua

Palazzo Vecchio: la protesta di lavoratori continua

Firenze 20 Novembre 2006- Questo pomeriggio un centinaio di lavoratori fissi e precari hanno occupato il Consiglio Comunale di Firenze interrompendone i lavori, per ribadire il loro no a tutti i progetti di esternalizzazione voluti dall’Amministrazione Comunale, e per rivendicare la stabilizzazione di tutti i posti attualmente occupati dai lavoratori precari. Per oltre mezzora sono stati scanditi slogan contro le privatizzazioni e contro la precarietà del lavoro, fino a quando il Presidente del Consiglio Comunale ha ordinato alla Polizia Municipale di sgomberare il pubblico presente in Consiglio, sgombero che è avvenuto pacificamente e spontaneamente, in quanto i lavoratori presenti non hanno voluto mettere in difficoltà i lavoratori della Polizia Municipale anche loro in agitazione contro la Giunta Comunale. La lotta dei lavoratori continuerà lunedì prossimo nuovamente in Consiglio.
Quali sono le intenzioni dell'assessore Nencini sul tema della riorganizzazione del personale e del precariato? Il quesito lo ha rivolto al sindaco, con una domanda di attualità, la capogruppo di Rifondazione Comunista Anna Nocentini. «L'assessore Nencini - scrive la capogruppo di Rifindazione - ha comunicato in un recente consiglio comunale che il 16 novembre avrebbe portato in commissione bilancio il tema della riorganizzazione del personale e del precariato. Tale comunicazione, però, non ha avuto luogo. Inoltre, durante l'incontro tra i capigruppo e le rappresentanze sindacali di base, è emersa l'esigenza di affrontare in tempi brevi la questione».
Toscana Pubblica - a6.11.20.18.51

Precari, ritorna la grande paura addio alle graduatorie permanenti

Nuova emergenza nel mondo della scuola dopo l'approvazione della Finanziara. Cancellate
(dal 2010-2011) le liste utilizzate per l'impiego dei supplenti e delle immissioni in ruolo

Panini (Cgil): "Avevamo ricevuto precise assicurazioni. Ma ora non ci fidiamo più..."

di SALVO INTRAVAIA

Precari, ritorna la grande paura
addio alle graduatorie permanenti

In queste ore decine di migliaia di precari della scuola sono col fiato sospeso. E ad allarmare ancora di più i supplenti ha contribuito il testo del maxiemendamento alla Finanziaria presentato dall'esecutivo."Viviamo ore di ansie ed incertezza nella paura che l'articolo 66 della Finanziaria, che abroga le graduatorie permanenti, cancelli le nostre legittime aspettative di un futuro stabile e sereno", spiega Monica da Napoli che aggiunge: "Se ci toccano pure i sogni,.... beh, allora è troppo tardi per poter credere alla favoletta di una vita migliore".

Nel tentativo di risolvere il problema del precariato della scuola, il governo ha messo a punto due mosse. L'immissione in ruolo nel prossimo triennio di 150 mila supplenti e, a partire dal 2010/2011, la cancellazione delle cosiddette 'graduatorie permanenti': le liste dei precari che vengono utilizzate per la nomina dei supplenti e per il reclutamento del 50 per cento degli immessi in ruolo. Ed è proprio quest'ultima decisione a mettere in guardia tantissimi supplenti che si chiedono che fine faranno se non acciufferanno un posto fisso.

Il precariato della scuola. Attualmente, in Italia, sono 304 mila i supplenti iscritti nelle graduatorie provinciali permanenti. Una consistente fetta (il 42 per cento circa) ogni anno riesce a conquistare una delle 130 mila supplenze per l'intero anno scolastico. Coloro che si trovano in fondo alle graduatorie vivacchiano con le supplenze brevi e temporanee saltellando da una scuola all'altra cercando di mettere assieme 'più punti possibilè per scalare le fatidiche graduatorie. Ma se qualcuno pensa che si tratta sempre di ragazzini alle prime armi sbaglia. Spesso si presentano a scuola ultraquarantenni che hanno iniziato la carriera in ritardo, o hanno tentato altre strade prima di 'convertirsi' alla scuola, che non hanno nessuna voglia di vedersi cambiare le regole del gioco a partita iniziata.

Il retroscena e la speranza. Qualche giorno fa, il problema delle graduatorie permanenti sembrava decisamente superato. Il governo aveva annunciato il proprio parere favorevole all'emendamento presentato dalle deputate Alba Sasso (Ulivo) e Titti De Simone (Rifondazione Comunista) che prevede il mantenimento degli elenchi provinciali dei precari della scuola o, in alternativa, sufficienti elementi di garanzia per quelle migliaia di precari che non rientreranno nelle 150 mila assunzioni previste dalla stessa Finanziaria disegnata dal ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa.

Emendamento che alla Camera non è stato possibile prendere in considerazione per effetto della fiducia che il governo ha deciso di porre sul disegno di legge della Finanziaria. A questo punto, tutti pensavano di ritrovare nel maxiemendamento la modifica che scongiurava la soppressione delle Permanenti. Ma nel documento predisposto dal governo, in sostanza, la soppressione delle liste dei precari è confermata. Pare che su questa questione si siano dati un gran da fare i sindacati e parecchie forze politiche dello stesso centro sinistra e sembra che lo stesso Padoa-Schioppa avesse rassicurato tutti. Ma quando è stato possibile leggere il testo poi approvato dalla Camera è subentrata la delusione.

"Sulle graduatorie permanenti avevamo ricevuto precise assicurazioni. A questo punto non mi fido più e credo che si debba manifestare per evitare di deludere chi nella scuola ha investito di persona", dichiara Enrico Panini segretario generale della Flc Cgil. Ora, l'unica speranza per decine di migliaia di precari della scuola resta l'emendamento Sasso-De Simone che potrebbe essere accolto al Senato.

(20 novembre 2006)

14.11.06

14/11 Bloccato il CDA della Sapienza

IL COORDINAMENTO DEI COLLETTIVI DELLA SAPIENZA BLOCCA IL CONSIGLIO D'AMMINISTRAZIONE. IL 17 NOVEMBRE CORTEO DA P.ZZA DELLA REPUBBLICA CONTRO I TAGLI A SCUOLA ED UNIVERSITA' PREVISTI IN FINANZIARIA

L'ultima finanziaria ha tagliato drasticamente i fondi ad enti locali, università, ricerca e scuola. Per non parlare del Decreto Bersani di luglio che taglia il 20% dei consumi intermedi.
Di contro aumentano i soldi per le spese militari, con l’ingente aumento dei finanziamenti sia per il mantenimento delle truppe italiane su molti scenari di guerra che con l’aumento dei finanziamenti all’industria bellica.

Oggi studenti e studentesse de La Sapienza hanno interrotto il Consiglio d'Amministrazione dell'università per chiedere:

- una presa di posizione chiara contro i tagli a ricerca e università contenuti nella finanziaria 2007 e nel Decreto Bersani
- il blocco della didattica per il giorno 17 movembre 2006 per permettere agli studenti e alle studentesse di partecipare alle mobilitazioni

La risposta del Rettore, Renato Guarini, è stata vaga ed incomprensibile. L'anno scorso, in occasione del corteo del 25 ottobre, bloccò la didattica per favorire la partecipazione degli studenti e delle studentesse al corteo contro l'approvazione della riforma Moratti. Quest'anno, evidentemente colpito da "sindrome da governo amico", non prende posizione se non riferendosi al timido ammonimento della CRUI.

Chiediamo che le istituzioni universitarie prendano una posizione precisa contro i tagli ad università e ricerca previsti dalla finanziaria di centrosinistra.

Da parte nostra, il 17 novembre, giornata Europea di mobilitazione studentesca lanciata al Social forum europeo di Atene, saremo nuovamente in piazza per ribadire che le lotte studentesche non hanno governi amici.

CONTRO LA FINANZIARIA DEI TAGLI
PER UN ACCESSO LIBERO AL SAPERE
PER UNA NUOVA LEGGE SUL DIRITTO ALLO STUDIO
PER UN'UNIVERSITA' PUBBLICA, PARTECIPATA, DI MASSA


coordinamento dei collettivi universitari "la sapienza"

Comunicato 14/11. Sempre più precaria la statistica pubblica

Continua la lotta dei lavoratori dell'Istat in assemblea permanente.
Stamattina è stato bloccato per 2 ore il comunicato stampa sul Pil, poi fornito da Eurostat.
In questi giorni si sta chiarendo la drammaticità del momento e del futuro per tutti i lavoratori della ricerca e in particolare per i precari, a seguito della manovra finanziaria in via di attuazione.
Le assunzioni rimangono bloccate e si propongono da un mese le stesse cifre rimescolate cercando di buttare fumo negli occhi.
I precari non solo non vedono una futura possibilità di stabilizzazione, ma rischiano di essere cacciati dall'Istat per mancanza di fondi e per norme troppo stringenti.
I tagli previsti dall'art. 53 della Finanziaria inoltre costringeranno a un dimagrimento generale l'istituto, che dovrà smettere di fornire alcune delle statistiche fondamentali dello stato.
Infine la rete di rilevazione delle Forze lavoro, composta da più di 300 co.co.co., attualmente non vede nessun futuro, se non la chiusura.
Domani sarà una giornata decisiva: invitiamo tutti i precari Istat a convergere dalle prime ore della mattina in sede Centrale e tutti i precari della ricerca a dare nella giornata di domani un segnale forte di rifiuto dei provvedimenti contenuti per il nostro comparto in Finanziaria

(Anziani) precari Istat, 14 novembre
http://www.precari.tk

Firenze: Dal tribunale ai precari: il mondo del lavoro in protesta

14/11/2006 - Sono la carenza di organico e la disorganizzazione i motivi all'origine della protesta che questa mattina hanno portato in piazza San Firenze i dipendenti del tribunale.

Un'ora di sit-in per portare all'attenzione dell'opinione pubblica lo stato comatoso della giustizia fiorentina e la difficolta' di lavorare all'interno di un tribunale come quello fiorentino con una carenza di personale che si aggira sul 30%. I manifestanti che hanno aderito alla protesta, indetta da Cgil, Cisl e Uil, Rdb e Unsa/Sag, ci tengono a sottolineare che il problema non e' di natura economica, come a dire che non chiedono piu' soldi, ma lamentano, oltre alla disorganizzazione, anche il critico stato dei rapporti con la dirigenza e il consistente aumento dei carichi di lavoro. I dipendenti de tribunale l'8 novembre scorso hanno inviato una lettera al Ministro di grazia e giustizia per metterlo al corrente dei problemi. Mattinata di protesta anche per i precari del comune di Firenze che numerosissimi hanno affollato questa mattina le sale del Teatro Puccini. Al governo chiedono piu' attenzione e rivendicano uno spazio nella Finanziaria.

Scuola: Quale sorte per i precari in servizio

Si allontana la prospettiva di una sistemazione
Torna a far discutere l’annosa, per per molti versi penosa, situazione dei precari della scuola, tutti nessuno escluso, dal dirigente scolastico al bidello. Il Governo continua a promettere che immetterà in ruolo 170.000 precari, un quantitativo che comunque non basterebbe se non in minima parte a sopperire alle grandi difficoltà in cui versa la scuola italiana, anche in considerazione del fatto che in questa cifra sono previsti anche i posti del personale Ata(una miseria!).

I 150.000 posti per i docenti devono essere reali, e non solo sulla carta. E’ pertanto necessario riconsiderare la questione, partendo dalla conversione dei contratti dal 30/06 al 31/08. I corsi, ammesso che effettivamente inizino, come è stato recentemente annunciato, sono ancora una volta un chiaro esempio di come vadano, male peraltro, le cose in Italia.
Dopo aver subito tre screening volti ad accertare la reale possibilità da parte dei docenti di poter effettivamente fequentare i corsi per averne i requisiti, una nota dell’Ufficio Regionale della Lombardia annuncia che potrebbero esserci ulteriori verifiche, soprattutto per le classi 43/A e 50/A, materie letterarie e materie lettarie negli istituti tecnici e professionali, fatta salva la precedenza a chi non ha ancora un’abilitazione. Già, perché a maggio incombe la spada di Damocle delle graduatorie permanenti, che verranno aggiornate ufficialmente dopo due anni.
Ed è proprio qui che il groviglio dei problemi si fa sempre più stretto: nelle GP ci sono docenti che si devono accontentare delle nomine annuali ed altri che non aspettano altro se non il ruolo, motivo per cui ad esempio a Milano quest’anno per la prima volta sono sate esaurite le graduatorie di lettere, sia delle medie inferiori che della 50/A, per la prima volta dopo anni, in quanto molti preferiscono rimanere nella scuola paritaria dove sono da anni o accettare incarichi di supplenza (anche brevi) nella provincia di residenza perché aspettano solo l’immissione in ruolo.
In Lombardia il 40% dei precari non è in possesso di alcuna abilitazione, e sa che da una parte non è ancora ben chiaro se e quando i corsi abilitanti inizieranno, dall’altra si hanno ancor meno certezze sulla loro conclusione, prevedibile in non meno di due anni. Ed a quel punto una schiera di docenti precari verrebbe soppiantata da quanti hanno già concluso i corsi nelle proprie città, dove sono iniziati prima, e che per mancanza di posti si sono iscritti al Csa più conveniente.

Ecco che allora Iuniscuola ribadisce la necessità di approntare un albo regionale dei docenti per la piena e prioritaria sistemazione dei docenti già selezionati, in modo da evitare il caos burocratico, con i tragici balletti di inizio anno scolastico.
Pur comprendendo dunque i diritti da parte degli aspiranti docenti in graduatoria si insiste sulla necessità di un intervento radicale volto a risolvere la situazione creatasi, per poi riformare urgentemente il sistema di reclutamento dei precari, altrimenti non si risolve nulla, la scuola non funziona e tutto resta sempre come prima.

Basta con le offese e col negare diritti a chi ha già dato.

Leonardo Donofrio

Presidente IUniScuola

Lavoro sì, precari no. Invito al Comune e alla Provincia di Arezzo

La questione del lavoro attraversa tutta la nostra società e in particolare colpisce le giovani generazioni, toccando anche quell’età di mezzo che diviene sempre più a rischio.
Le amministrazioni di centrosinistra non possono mostrarsi insensibili a quella instabilità sociale che va sotto il nome di precariato e che alberga nelle stesse. A ridosso del 4 novembre, DEMOS rivolge un appello al Sindaco di Arezzo e al Presidente della Provincia perché si pongano in atto politiche del lavoro strutturali tali da stabilizzare i lavoratori precari dei loro enti.

Sarebbe un bel segnale di centrosinistra, un segno di novità ridare la speranza a tanti lavoratori, una scelta di campo come amano sottolineare i cattolici democratici.
La nostra scelta di campo è, a iniziare dal Comune e dalla Provincia di Arezzo, accanto a tutti i lavoratori precari, a tutti coloro che faticano maggiormente ad inserirsi nel nostro tessuto economico produttivo. Iniziamo dal Comune e dalla Provincia una coraggiosa politica del lavoro per dare risposte positive al precariato, cominciando a risparmiare su sovrastrutture onerose di cui questi enti possono fare a meno, austerità in consulenze ed esternalizzazioni, utilizzando con efficienza le alte professionalità interne di cui godono.

Il personale precario delle amministrazioni, come ad esempio le circa 60 unità lavorative della Provincia, hanno ormai una qualificata esperienza lavorativa, si sono conquistate il diritto al lavoro dopo severe selezioni pubbliche, svolgono mansioni indispensabili ai vari Servizi e ora anche la Finanziaria consente, in via amministrativa, non ledendo il patto di stabilità, piani per la stabilizzazione del personale precario da collegarsi a una decisa strategia del rilancio del lavoro pubblico e di un netto contenimento delle esternalizzazioni negli EE.LL..

L’Osservatorio dei cattolici democratici aretini invita le due amministrazioni principali del territorio a dare un segnale di politica attiva nei confronti di decine di lavoratori che non possono soggiacere alla spada di Damocle del precariato: non è accettabile pensare di “ sbattere fuori “ persone che sono, alla scadenza dei loro contratti, alle soglie dei quarant’anni e spesso con una famiglia da mantenere.

DEMOS richiama alla memoria degli amministratori la lettera che, mesi fa, il Vescovo Bassetti ha indirizzato a tutti gli aretini e in cui menzionava il precariato come male da sconfiggere perché forma di sudditanza al lavoro da parte dell’uomo.
Molti hanno lavorato perché amministrazioni di centrosinistra fossero al governo dei maggiori enti locali aretini, molti ora chiedono comportamenti eticamente credibili, in linea con vere politiche di centrosinistra. Giustamente le RSU, tempo fa, chiesero negli EE.LL. una mirata politica di risparmio, in direzione anche di quelle consulenze sovrastrutturali che oggi, francamente, appaiono non in linea con una oculata amministrazione.

Ora DEMOS chiede al Sindaco di Arezzo e al Presidente della Provincia un impegno chiaro e decisivo per risolvere in senso positivo la questione del precariato dei due enti, risparmiando dove è possibile, dando lavoro sicuro, creando futuro lavorativo vero, stabilizzando definitivamente il lavoro dei precari.

DEMOS
Osservatorio cattolici democratici

13.11.06

Precari a quota cinquantamila. In 5 anni quasi raddoppiati

Precari a quota cinquantamila. In 5 anni quasi raddoppiati
Gianluca Codognato
Sempre più ampio in provincia di Venezia l’esercito di chi non ha il posto fisso. Le paghe medie? Mille euro circa

Il loro numero, in provincia di Venezia come nel resto d’Italia, aumenta in modo esponenziale, di anno in anno. E non si tratta soltanto di giovani o di giovanissimi alla prima occupazione, ma anche e soprattutto di persone in piena età «da famiglia», fra i 30 e i 50 anni.
Crescono in provincia di Venezia gli iscritti nella gestione separata Inps, i cosiddetti lavoratori atipici. Sono oltre 50 mila al 31 dicembre del 2005, contro i 29 mila di cinque anni prima. Fra questi, la maggioranza assoluta è composta da collaboratori. In piccola parte ci sono anche collaboratori-professionisti (1.178) e professionisti veri e propri (2.968). I quali, naturale, vivono di redditi elevati e non temono la precarietà.
Per gli altri la situazione è ben diversa. Secondo uno studio nazionale dell’Inps, il reddito medio di chi vive di una sola collaborazione è di 12.900 euro all’anno: poco più di mille euro al mese. Non solo. Se non si considerano i superstipendi, quelli ad esempio degli amministratori di società (anch’essi collaboratori, ma collaboratori d’oro), oltre il 40% di questi lavoratori percepisce un guadagno non superiore ai 5 mila euro. Il 18%, invece, porta a casa una paga compresa fra i 5 e i 10 mila euro.
In questo contesto, si assottiglia il confine fra flessibilità e precarietà. Tra gli iscritti alla gestione separata veneziana, infatti, sono quasi 16 mila quelli che hanno una età compresa fra i 30 e i 39 anni; 11 mila, invece, stanno fra i 40 e i 49 anni. Una fascia ampia e delicata, che comprende padri e madri di famiglia, o persone costrette a vivere ancora in casa, con i propri genitori. Anche gli over 50 e 60 sono molti. 7600 i primi (quelli compresi fra i 50 e i 59 anni), oltre 6 mila i secondi. I giovani, gli under 25, infine, sono «appena» 2500. Strano: proprio loro che dovevano essere maggiormente coinvolti dalla cosiddetta legge Biagi, entrata in vigore nel 2003 con il decreto attuativo 276. Nella gestione separata, inoltre, sono iscritti più uomini che donne. I maschi, in effetti, sono quasi 29 mila; ma la componente femminile è di tutto rispetto: oltre 20 mila soggetti.
Ma cosa fanno questi lavoratori atipici, chiamati anche parasubordinati? Cosa fanno queste figure a metà fra un lavoratore dipendente e un autonomo? La maggior parte delle collaborazione viene impiegata nel settore del commercio, dell’industria e in quello dei servizi alle imprese. Poi le collocazioni possono essere le più disparate. Dall’istruzione ai trasporti, dall’edilizia all’informatica. Anche nei soli uffici comunali di Venezia vi sono 500 contratti di questo tipo. Così, il popolo dei mille euro (ma anche meno) si infittisce. E il grido d’allarme dei sindacati si fa ogni giorno più pressante. «Ci troviamo di fronte a dati che parlano chiaro - spiega per esempio Italia Scattolin, della Cgil veneziana -. I numeri degli iscritti alla gestione separata Inps crescono di anno in anno. Stiamo parlando per lo più di persone senza tutele, che guadagnano meno di mille euro al mese e che non possono programmare alcun futuro, trovandosi costantemente in una situazione di precarietà».
A questo punto, dunque, la questione sulla legge 30 (legge Biagi) diventa ogni giorno più attuale. Cosa fare di questa riforma? Abolirla, come chiede qualcuno, oppure solo modificarla, comprendendo adeguati ammortizzatori sociali? Il dibattito si infiamma.
(13 novembre 2006)