31.10.06

Roma 31/10 Assemblea al canile di casa luca

UNA GIORNATA DI DIBATTITTO SULLA SICUREZZA SUL LAVORO e SULLE LIBERTA’ SINDACALI
31 OTTOBRE 2006

“UN LAVORATORE NON E’ UN GIOCATTOLO”

Questa giornata nasce dal licenziamento di Simona, una delegata sindacale dei canili comunali aderente all’Usi-ait, che dopo le vertenze per la stabilizzazione del lavoro ha continuato a condurre con tutti noi una battaglia forte per il rispetto della leggi sulla sicurezza sul lavoro.
Sono anni che denunciamo il mancato rispetto delle legge (L.626/94) all’interno dei canili comunali; i lavoratori mandano avanti il servizio di assistenza e cura agli animali al di fuori di ogni condizione igenico-sanitaria: assenza di acqua potabile, mancanza di bagni, spogliatoi e impianti elettrici non a norma.
Ad aggravare le condizioni strutturali del canile di Casa Luca, già da principio fatiscente, c’è la presenza di migliaia di metri quadrati di fibrocemento di amianto. Con il passare del tempo, nonostante le ripetute promesse del Comune di Roma e dell’ A.V.C.P.P. (associazione volontari canile di porta portese, la onlus che gestisce il servizio), riguardante lo smaltimento dell’ amianto, il canile si è andato deteriorando ulteriormente mettendo in serio pericolo la salute dei lavoratori e degli animali.

Nell’ultimo mese come lavoratori e lavoratrici dei canili comunali siamo in stato di agitazione sindacale perché pensiamo che la sicurezza e la salute sul lavoro sia uno dei principali ed inalienabili diritti di ogni persona. Tanto più quando il lavoro si svolge a contatto con altri esseri viventi, cani nel nostro caso, e le gravissime mancanze ricadono, quindi, su più soggetti. Il nostro percorso di mobilitazione ci ha portato allo sciopero del 20 ottobre, inteso come momento forte di comunicazione sociale alla città, ai lavoratori dei canile, agli utenti del servizio e alle forze politiche e sindacali. Lunedì 23 Ottobre arriva una ritorsione gravissima alla nostra attività sindacale, viene recapitata a Simona la lettera di licenziamento

Simona è stata licenziata perché denunciava tutto questo. Licenziata perchè secondo l' A.V.C.P.P. “la lavoratrice portando il proprio cane sul posto di lavoro svolgeva attività di proprio conto durante l'orario di lavoro creando un profitto personale”; quello che non viene detto è che il suo cane, era stato adottato in un altro canile comunale e attualmente è gravemente malato di epilessia idiomatica. Simona è stata licenziata da una associazione animalista (A.V.C.P.P.) che gestisce MILIONI DI EURO per il servizio dei canili comunali.

In un contesto metropolitano come quello romano ci sembra opportuno fare una riflessione sul tema della sicurezza sul lavoro, con i delegati sindacali di diversi settori, partendo dalla nostra assurda condizione, per allargare il dibattito a nuove forme di tutela che riguardano tanto i nuovi lavori precari, quanto i lavori cosiddetti garantiti.
E’ nelle nostre intenzione aumentare il livello di attenzione pubblica sia in quei settori tradizionalmente più colpiti da incidenti sul lavoro e morti bianche (edilizia, industria, agricoltura e trasporti) ma anche nelle nuove figure lavorative come informatici, servizi all’impresa (ad esempio i call-center), servizi alla persona e servizi sociali in genere.

Infine vorremmo aprire un confronto sul tema delle libertà sindacali che spesso vengono negate da datori di lavori (privati e/o pubblici) a quei lavoratori e a quelle lavoratrici che si attivano in prima persona per il rispetto dei diritti sul lavoro.



Per tutto questo pensiamo che UN LAVORATORE NON E’ UN GIOCATTOLO ed approfittiamo della campagna “SAFE START”( Inizio Sicuro), che culminerà nella “Settimana europea per la sicurezza sul lavoro” promosso dall’agenzia europea sulla sicurezza e la salute sul lavoro, per incontrarci il giorno 31 OTTOBRE DALLE ORE 15 PRESSO IL CANILE DI CASA LUCA VIA MONTE DEL FINOCCHIO snc .

MARTEDI 31 OTTOBRE 2006
ORE 15:00
VIA MONTE DEL FINOCCHIO (ZONA OSTIENSE-TORRINO) SNC
CANILE CASA LUCA

Prime adesioni: Confederazione Cobas, Rdb-cub, Usi-Ait, Sult, Loa Acrobax, Esc...

Network Antagonista Torinese: per un 4/11 autorganizzato

Il 4 Novembre si svolgerà a Roma una manifestazione nazionale indetta da alcune realtà legate al sindacalismo confederale e di base attorno alla parola d’ordine “stop precarietà”, la cui piattaforma chiede l’abrogazione di alcune delle norme varate dal governo Berlusconi in tema di contratti lavorativi a tempo determinato.
Le rivendicazioni ufficiali di questo corteo restano del tutto insoddisfacenti, come ancora una volta insoddisfacenti sono state le modalità del percorso organizzativo e gli obiettivi politici di parte delle sigle coinvolte. Questo corteo vedrà la partecipazione dei soggetti più disparati, attorno agli obiettivi più disparati, mossi dalle intenzioni e dalle finalità più diverse. I settori legati alla CGIL, in particolare, tentano con questo corteo un’operazione che comunque non riuscirà: rappresentarsi di fronte alle generazioni precarie come paladini di una filosofia del lavoro che risulterebbe adeguata a farsi interprete delle loro esigenze, dopo che per anni le tre maggiori organizzazioni sindacali italiane hanno firmato compromessi e accettato provvedimenti – particolarmente durante la legislatura 1996-2001, ma non solo – che hanno inciso duramente sulle nostre condizioni vita.

Il 4 Novembre scenderemo a Roma, e invitiamo tutte le realtà di movimento a manifestare con noi nell’ambito dello spezzone autorganizzato presentato dall'appello che segue.
Il nostro posto è nelle strade, insieme alle migliaia di precarie e precari che vedranno in questa scadenza un’occasione per far sentire la loro voce, che non può che essere in netto contrasto, sotto ogni aspetto, con quella delle tradizionali burocrazie sindacali. I settori giovanili e precari hanno spesso inondato della loro presenza cortei altrimenti privi di interesse, trasformandoli in opportunità per la riconquista attiva degli spazi metropolitani, quella riconquista che milioni di giovani francesi di ogni colore hanno splendidamente attuato negli scorsi mesi. Scopo dei movimenti non è sostituirsi al ceto politico integrato per riprodurlo fedelmente con scadenze alternative, e spesso speculari, ma essere fattivamente l’eccedenza politica e sociale indesiderata, il soggetto imprevedibile, l’uscita dagli argini di ciò che in queste occasioni è imposto o previsto. Le precarie e i precari che saranno negli spezzoni sindacali saranno di per sé quest’eccedenza; lo spezzone autorganizzato contribuisce ad organizzare la rabbia di questa eccedenza.

Lo spezzone autorganizzato non sarà uno spezzone per il lavoro, ma uno spezzone contro il lavoro.
Non ci interessa l’ideologia disciplinare di chi ci vorrebbe ognuno al suo posto nella grande catena di montaggio del capitalismo avanzato: noi guardiamo oltre l’irregimentazione capitalista della produzione e della vita, siamo per esprimere la rottura, il conflitto sociale e l’antagonismo.
Se la precarietà è un problema, noi siamo il problema. Con questo problema, con il problema dei soggetti che rifiutano ogni giorno il lavoro in un miliardo di luoghi e istanti, di coloro che si assentano, che rallentano, che si rifiutano, che in mille forme e modi si riappropriano del reddito, il sindacato deve fare i conti da un pezzo: nessuno può dire dove questa storia sia iniziata, né dove finirà. Il 4 Novembre noi saremo ancora una volta parte di questa storia.

NETWORK ANTAGONISTA TORINESE
CSOA ASKATASUNA CSA MURAZZI COLLETTIVO UNIVERSITARIO AUTONOMO

4/11 treni e autobus per la manifestazione

TRENI A AUTOBUS VERSO ROMA

Pubblichiamo qui tutte le iniziative organizzate sui territori in vista del corteo nazionale del 4 novembre. Di seguito tutti i riferimenti per treni e gli autobus per la manifestazione. Se volete informazioni oppure vi state organizzando per partecipare dateci comunicazione attraverso questo sito scriveteci a: infostoprecarietagc@libero.it

TRENI
Dal Nord-est: Treni da Conegliano Veneto (05:30), Venezia (06:30), Padova Rovigo Bologna (08:30)
Prezzi: 10 euro Precari – Migranti – Studenti; 20 euro tutti gli altri
Per info e prenotazioni da Conegliano/Venezia/Padova/Rovigo: Pasquale 347-6618992 Per info e prenotazioni da Bologna: Luca 333-8531734

Treni dal Friuli: Partenza 3 Novembre, ICN 772 Marco Polo
Da Trieste: Trieste Centrale 21:25, Monfalcone 21:51, Cervignano-Aquileia-Grado 22:04, S. Giorgio Di Nogaro 22:13, Latisana-Lignano-Bibione 22:27
Da Udine: Udine 21:50, Codroipo 22:06, Casarsa 22:15, Pordenone 22:28, Sacile 22:39 - Arrivo a Tiburtina ore 6.56
Ritorno: Partenza da ROMA TIBURTINA ore 22:50 di sabato 4 novembre
Per info e prenotazioni: Monfalcone: 333-2045138 - Gorizia:: 328-9527151 - Trieste: 328-2767591 Pordenone:328-3717137 - Udine: 3470439234
Dal Nord-Ovest:
Treni da Torino (23:00 del 03/11/06) - Genova ( 00:30 - 01:00 )
Prezzi: 10 euro Precari - Migranti - Studenti; 30 euro tutti gli altri
Per info e prenotazioni da Torino: Roberto 328-6367748
Per info e prenotazioni da Genova: Andrea 349-5730464

Treni da Milano
Partenza da Milano (05:30) Fermate a Lodi e Bologna (orario da definire)
Prezzi: 30 euro
Per info e prenotazioni Luca 338-2308255

Dal Sud:
Da Palermo – Messina - Reggio Calabria da definire
Palermo - Per info e prenotazione Costanza 328-0826056
Messina – Per info e prenotazioni Francesca 347-7030772
Da Reggio Calabria Per info e prenotazioni Gianluca 347-4057817
http://www.prcsicilia.it

AUTOBUS
Dalla Liguria:
La Spezia - Per info e prenotazioni 347-9252586
Dalla Lombardia:
Bergamo - Per info e prenotazioni: Espo 340-2737537 - 035-225034 Crema e Cremona - Per info e prenotazioni: Federazione di Crema 0373 83037 - Federazione di Cremona 0372 452702
Dall’Emilia-Romagna:
Modena - Per info e prenotazioni: Antonio 328-3223487
Piacenza - Per info e prenotazioni Carlo 338-6744416
Cesena - Per info e prenotazioni Claudio 348-0983050 Ferrara - Per info e prenotazioni Elisa 0532-761147 347-1340481
Dal Veneto:
Verona - Per info e prenotazioni Marco 347/2592560 – Andrea 380/7282254
Rovigo - Per info e prenotazioni Matteo Montagnolo 329-9772103
Dalla Toscana:
Arezzo - Per info e prenotazioni 348-8231047 333-2526451
Firenze - Per info e prenotazioni 055-2345771
Grosseto - (treno del piemonte, in alternativa bus) Per info e prenotazioni 328-0153683 Livorno - (treno del piemonte, in alternativa bus) Per info e prenotazioni 0586.807035
Pisa - (treno del piemonte, in alternativa bus) Per info e prenotazioni 050.9711526
Lucca - Per info e prenotazioni 0583-316162
Massa - Per info e prenotazioni Sebastiano 333-8624205
Pistoia - Per info e prenotazioni 0573.975556
Prato - Per info e prenotazioni Ilaria 348-3389355
Siena - Per info e prenotazioni 0577-270389
Viareggio - Per info e prenotazioni 0584-31887
Dall’Umbria:
Perugia - Per info e prenotazioni Amedeo 333-2588135 – 075-5055874
Foligno - Per info e prenotazioni Stefano 329-6504934
Nocera Umbra - Per info e prenotazioni Marta 328-7288103
Terni - Per info e prenotazioni Francesco 347-2618519 Michele 328-2318679
Valerio 339-5092825
Dalle Marche:
Ancona - Per info e prenotazioni Lorenzo 347-9794320
Dall’Abruzzo:
Teramo - Per info e prenotazioni Luca 0861.241511 - 334.6976125 – 334.6976122 e.mail:prc.teramo@virgilio.it
Pescara - Per info e prenotazioni Corrado 085.66788 – 334.6976124
Chieti - Per info e prenotazione Roberto 339-5852959 0871.401151
e-mail:rifondazionechieti@hotmail.it
L'aquila - Per info e prenotazioni Tel. 334.6976126 e-mail: rifondazione.laquila@virgilio.it Dalla Campania:
Napoli - Per info e prenotazioni Arnaldo Maurino 3471865868
Imma Panico 3357564997
Salerno - Per info e prenotazioni Giuseppe Trapani 320-7528463
Avellino - Per info e prenotazioni Francesco Pennella 347-7810076
Caserta - Per info e prenotazioni Carmela De Lucia 333-9463180
Dalla Puglia:
Bari - Per info e prenotazioni Anna 333-4945462 Nicola 349-3469464
Taranto - Per info e prenotazioni Francesco 320-5709373 prcicciobrigati@tiscali.it
Dalla Basilicata:
Potenza - Per info e prenotazioni Mira 333-8035908
Matera - Per info e prenotazione Raffaele 339-5092825

http://www.giovanicomunisti.it

4 novembre: reddito per tutti

Il 4/11 oltre il 4/11

Serve una metrica precaria per aver una misura
concreta del presente

Se noi, precari e precarie, potessimo prendere le distanze lo faremmo innanzi tutto dalla condizione di vita che ci impongono, non solo dai governi più o meno 'amici'.
Il nostro metro di giudizio sono le paghe da fame, i diritti negati, sul posto di lavoro come nel sociale,
i ricatti che vengono camuffati come nuove forme di opportunità e flessuosa libertà.

Il 4 Novembre è stata convocata una manifestazione nazionale contro la precarietà che non parla la lingua dei precari ma si esprime con l'insistenza rumorosa di chi alza la voce per far dimenticare le proprie responsabilità nella creazione e nel consolidamento della precarietà.

In un' epoca triste non è sufficiente un cambiamento di rotta per determinare una meta differente ed accade sempre più spesso che la buona volontà dell'equipaggio sociale si confonda con la lingua biforcuta del suo co/mandante istituzionale.
Ma non sono solo la rotta e la meta a distanziarci; abbiamo anche ritmi diversi! C'è un ritmo lento, ambiguo ed opportunista che non ci rappresenta ed uno veloce, impaziente e desideroso di novità che ci appartiene intimamente perchè parla della nostra vita.

Il ritmo lento di 'Stop precarietà ora' parla dell'abrogazione delle tre leggi simbolo del Governo
Berlusconi, come se non fossero passati ormai i centogiorni del governo Prodi e la sua finanziaria, come se non fossero già emersi da tempo chiari segnali di siderale distanza tra le promesse della campagna elettorale e le scelte di governo di queste ultime settimane.

Insomma, l'obiettivo sembra essere quello di agitare (all'interno di una partecipazione plurale - ci sono i movimenti! - e dietro il paravento di una scelta a
prima vista plausibile - tempo indeterminato per tutti!) proposte e rivendicazioni che a ben vedere, tolti i paroloni a progetto, non solo sono compatibili con la logica dell'attuale governo, ma risultano anzi determinanti per la costruzione di un orizzonte poco praticabile sul piano contrattuale e vertenziale -vedi Accordo Atesia-.

Un ritmo lento ma che soprattutto si rifà al passato, restauratore di una realtà che non esiste più e che, in verità, ci piaceva comunque poco.
La precarietà infatti, è la normalità della nostra vita, un elemento che ci accompagna 24 ore su ventiquattro, nel tragitto da casa al lavoro e viceversa, da quando bisogna pagare le bollette a quando si va a fare la spesa, da ogni dannata mattina fino alla più sofferta speranza in un lavoro di merda qualsiasi, nel tentativo testardo e certosino di determinare una propria idea di futuro.

La precarietà non è solo una questione contrattuale ed è anche per questo che una nuova civiltà fondata sui diritti indeterminati del contratto stabile non è più possibile.
Questa lettura non ci fa distratti, lontani o meno convinti della necessità di puntare alla stabilizzazione là dove è possibile, ci fa rivendicare però la necessità di cogliere altre esigenze e un'altra realtà.

Vogliamo parlare dell'estensione dei diritti a tutte quelle figure escluse dalle tutele del lavoro tradizionale, per definire un ambito di cittadinanza oltre la sfera lavorativa, per contrastare il ricatto
senza la paura di confrontarsi con le trasformazioni reali del mercato del lavoro e delle imprese, e quindi anche di essere in grado di dotarsi di nuovi strumenti come il reddito garantito per tutt*.

La metrica dei precari è l'unica unità di riferimento e il suo ritmo parla con i nostri linguaggi.

Questa metrica narra la nostra vita e la determinazione di cambiarla e, con naturalezza, marca la distanza con chi pensa di spacciarci il passato come possibile futuro.

La nostra immaginazione costruirà uno spazio in quel corteo che farà della comunicazione sociale il suo punto di forza.

Il 4/11 è un giorno ma non è 'Il giorno', noi staremo dove stanno i nostri compagni e le nostre compagne, le nostre sorelle e i nostri fratelli, migranti o nativi.

Il mondo è cambiato. Il mondo, momentaneamente in mano all'impresa, è invece dei precari e delle precarie.

Serve una metrica precaria per definire un'idea av/vincente del futuro

Precari e precarie per il reddito garantito

cena a sostegno degli operai GENIA di S.Giuliano Milanese

Martedì 31 ottobre 2006

dalle ore 20 al csoa garibaldi .- c.so Garibaldi 89/b ang. Via Cazzaniga - Milano

cena benefit a sostegno degli operai in lotta della Genia di S.Giuliano Milanese .

Il ricavato della cena andrà a sostenere la CASSA di RESISTENZA per gli operai licenziati.

dopo la cena seguirà un momento di incontro con alcuni operai che illustreranno lo stato della vertenza dopo le recenti mobilitazioni culminate con la forte contestazione attuata al Consiglio Comunale di S.Giuliano giovedì 26 ottobre.

Vercelli: miracolo! miracolo! è arrivato San Precario!

MIRACOLO!MIRACOLO! è apparso San Precario!

L’avevamo predetto, l’avevamo annunciato “arriverà San precario” e così in una notte nebbiosa di fine ottobre i fedeli e i devoti al santo si sono riuniti nella “preghiera ribelle” facendo materializzare il santo in città.

Il protettore del precariato sociale è intervenuto nella nostra cittadina sanzionando tutti i luoghi dell’equilibrio precario, dalle agenzie di lavoro interinale, passando per le sedi dei partiti che hanno voluto la legge 30, estendendosi ai grandi centri commerciali dove i modelli di assunzione sono con contratti a tempo determinato, fino nel luogo della cultura gestita in maniera privata come la siae.

Non facciamo fatica ad ammettere che il nostro santo è molto creativo, come noi, e così è piombato in città scaricando alcuni chili di concime nei luoghi sanzionati.

Il nostro santo prima di scomparire nel nulla ci ha lasciato detto che lo rivedremo in p.za della Repubblica a Roma alla manifestazione nazionale contro la precarietà il 4 novembre, quindi a noi non spetta altro che seguirlo, annunciando a tutte le devote e a tutti i devoti di partecipare al miracolo che si paleserà nuovamente in quella data.

Non ci stancheremo mai di unirci nella preghiera ribelle e disobbediente che reclama trasporti pubblici gratuiti, casa, reddito, accessibilità alla cultura, vita e divertimento.
Continueremo ad invocare il nostro santo finché non ci sarà la costruzione di un nuovo welfare, non ci stancheremo mai di usare le nostre preghiere sovversive fatte di vivacità colorata ed insubordinazione, non ci stancheremo mai di usare i nostri corpi e le nostre menti come strumento di azione politica capaci di attraversare un immaginario collettivo che mira alla alternativa di società. Esigiamo la nostra vita e la rivogliamo qui e ora!

Il futuro è nostro e comincia adesso! Rivoltiamo la precarietà!

Giovani comuniste/i

Milano 31/10 Assemblea pubblica per carrozza autorganizzata il 4/11

Martedi 31/10 vi invitiamo in Statale.
Un'assemblea pubblica, un invito a singoli e collettivi, un momento di discussione e confronto per organizzare una carrozza autorganizzata e "critica" al corteo contro la precarietà indetto per il 4 novembre a Roma.

seguirà un invito più completo.

link all'appello dei precari/e per il reddito garantito

martedi 31 ottobre, ore 17.30 atrio aula magna
Università Statale, via Festa del Perdono 7

fate girare pure.

Vita da precari: Sospesa la protesta al Campidoglio

30/10/2006

Si era incatenata questa mattina insieme alla zia disabile all’ingresso del Campidoglio per chiedere l’intervento urgente del Sindaco Veltroni: lavoro precario e sfratto esecutivo alla base della protesta. In serata ha sospeso la sua protesta ottenendo l'impegno del Consigliere Galloro, Delegato del Sindaco per l’emergenza abitativa, a fissare per mercoledì 8 novembre un incontro finalizzato a trovare soluzioni adeguate.

COMUNICATO STAMPA



L’ASIA RdB-CUB, denuncia la doppia grave ingiustizia a cui questa famiglia romana viene sottoposta: precarietà del lavoro e precarietà abitativa. Manifestando il suo sostegno alla protesta in corso, L’ASIA RdB-CUB chiede con forza che il Comune di Roma attui delle politiche abitative che consentano alle fasce più disagiate della cittadinanza di veder riconosciuto il diritto costituzionale alla casa.

Le RdB-CUB denunciano inoltre il ricorso costante al lavoro precario in tutti i settori produttivi della capitale - la cui tanto decantata crescita economica è andata pesantemente a poggiarsi proprio sulle spalle del precariato - e ribadiscono la necessità e l’urgenza del programma di stabilizzazione e reinternalizzazione di lavoratori e servizi che è alla base del Disegno di Legge “Assunti davvero”, depositato sia alla Camera che al Senato.

Un libro che parla di noi: "La rivoluzione precaria"

Un libro che parla di noi

Alessandro Genovesi, 30 ottobre 2006
Ex libris "La rivoluzione precaria", ultimo lavoro di Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo, raccontando il movimento francese anti Cpe, parla anche della nostra realtà italiana, sempre più determinata dalla precarizzazione del lavoro


Parafrasando uno dei più noti aforismi marxisti, oggi "uno spettro si aggira per l'Europa... la precarietà". Così si potrebbe riassumere l'essenza del libro "La rivoluzione precaria" (Ediesse, Novembre 2006), scritto da due penne del Manifesto - Antonio Sciotto e Anna Maria Merlo - rispettivamente giornalista economico e corrispondente da Parigi del "quotidiano comunista".

Il libro è interamento dedicato al movimento francese contro il CPE (contratto di primo impiego), quello che Supiot ha definito come "la più grande e recente protesta di una giovane generazione contro lo svilimento del lavoro e dei suoi diritti".

"La Rivoluzione precaria" si presenta quindi come una classica produzione da "movimento", raccogliendo interviste, riflessioni, analisi statistiche, documenti e manifesti prodotti in quella breve ma intensa (e non esaurita) stagione di lotte. Una stagione particolare, perché per la prima volta le generazioni più giovani sono riuscite a dare una dimensione collettiva e politica a frustrazioni e paure per troppo tempo celate nella mera sfera individuale.

Il movimento dei giovani francesi ha rappresentato e rappresenta, infatti, un qualcosa che travalica le Alpi e, come ha scritto Ramonet nella prefazione del libro, ci parla dell'incapacità della sinistra nel saper leggere le trasformazioni avvenute, con gli occhi dei novelli sfruttati da organizzare e difendere. In una trama che va oltre i singoli provvedimenti del Governo di centrodestra e che evidenzia la portata gigantesca di una crisi. Quella di un modello di sviluppo che non riesce più a garantire mobilità sociale, redistribuzione di occasioni e potere (anche indipendentemente dal successo scolastico e universitario dei più giovani). Nel libro "La rivoluzione precaria" si mette a nudo la crisi degli ultimi assiomi positivisti sopravvissuti alla caduta del muro di Berlino: non è più vero che basta studiare e laurearsi per godere di condizioni sociali migliori di quelle di partenza; non è più vero che "flessibile è bello", che l'individuo solo sul mercato (sul mercato di oggi, nell'economia riorganizzata di oggi) sia più libero e consapevole. Sotto accusa è certo la precarietà, la mano invisibile del mercato, la sistematica mercificazione del lavoro: ma più in generale sotto accusa è un modello che svilisce le energie migliori del continente, che crea tappi generazionali, che impedisce la messa in moto dei circuiti creativi, intellettuali, immaginifici di cui le generazioni più giovani sono portatrici. Ed allora questo libro non parla solo della Francia, ma dell'intera Europa, dell'incapacità di rinnovare quel compromesso tra ragioni del mercato e ragioni del lavoro che ha dato vita al welfare state, che ha responsabilizzato l'impresa, che ne ha ancorato le pulsioni più animali al rispetto dei confini della cittadinanza. E quindi il libro parla anche dell'Italia.

Non a caso gli autori hanno voluto a tutti i costi uscire in libreria prima del 4 novembre, data della manifestazione indetta dal cartello "stop precarietà ora", in questi ultimi giorni però divisosi in seguito alle esternazioni dei Cobas che hanno convinto la Cgil e altri partecipanti a disertare l'appuntamento.

"La rivoluzione precaria" esprime una denuncia che inchioda la politica alle proprie responsabilità, alla propria funzione regolatrice e che, in fin dei conti, investe anche un'idea di democrazia e di libertà. Come retoricamente si interroga uno degli studenti francesi nei giorni dell'occupazione della Sorbona: "che libertà è quella che si basa sull'insicurezza? Che democrazia sarà mai possibile se molti di noi saranno lavoratori precari per tutta la vita, con la sistematica paura anche solo di parlare, organizzarsi, denunciare le ingiustizie che subiscono?".

Un libro, quindi, che bisogna leggere, perché raccoglie voci simili a quelle che potremmo ascoltare in un call center di Roma o in un centro di ricerca di Napoli; che parla di noi, dei nostri problemi, delle nostre sconfitte, ma soprattutto delle nostre possibili vittorie.

A proposito di Mussi (Aprile on line)

30 ottobre 2006

Nel corso dell'ultimo week-end l'apertura del nostro giornale è stata dedicata all'incontro avuto dal ministro Mussi con varie rappresentanze del mondo universitario e della ricerca, tenutosi presso l'Auditorium della Cgil di Roma in Via Rieti, e non della facoltà di Scienze della Comunicazione, come da noi erroneamente riportato.

Ce ne scusiamo con i nostri lettori, come ci scusiamo per aver dato l'impressione di essere stati eccessivamente prodighi di elogi nei confronti del ministro, in virtù di una ricostruzione dei fatti da molti giudicata non veritiera e di parte. Non era nelle nostre intenzioni: considerando le molte cose accadute nel pomeriggio di venerdì e lo spazio a disposizione per offrirne un resoconto, probabilmente non è stato dato sufficiente rilievo ai numerosi interventi della cosiddetta "base", rappresentata nell'occasione da ricercatori in attesa di contratto, precari di vario genere che ruotano intorno al mondo accademico, e gruppi d studenti che hanno protestato con calore e vivacità, in particolare nei confronti del sottosegretario Modica, rispolverando slogan che rendevano omaggio all'imminente trentennale del movimento del 1977.

Confondere tutto questo con un asservimento del nostro giornale alla causa di governo ci sembra però accusa francamente eccessiva, così come il mettere di conseguenza in discussione la generale credibilità dei nostri articoli.


Scorrendo soltanto alcuni dei numeri più recenti di "Aprileonline", si possono infatti annotare il contributo di Paolo Saracco della segreteria nazionale della Cgil-Flc, fortemente critico con l'operato di questi primi sei mesi del dicastero in questione ("Italia, davvero uno strano paese", 17 ottobre); quello di Domenico Jervolino, responsabile nazionale università e ricerca di Prc ("Università: le ragioni di Mussi", 23 ottobre); infine un articolo di Marina Montacutelli, ricercatrice presso il Cnr di Roma ("Ricerca, una finanziaria placebo", 26 ottobre).

Come si può intuire, la discussione tenuta viva dalle colonne di questo giornale è stata caratterizzata da una notevole varietà di opinioni, fortemente arricchita dal dibattito aperto dai nostri lettori in questi ultimi giorni, in verità spesso tra loro in contraddizione. Tutto questo non perché siamo un quotidiano "vicino" alle corde politiche di Fabio Mussi, ma perché riteniamo che il problema di una riorganizzazione del mondo universitario e un investimento mirato e concreto nelle attività di ricerca, siano una delle questioni fondamentali per tentare una vera e vitale "resurrezione" delle penose condizioni sociali ed economiche in cui verte oggi il nostro paese.


Ciò non significa però affossare dopo neanche sei mesi l'attività di un ministero, seppure le sue prime azioni possano legittimamente apparire a molti inadeguate e insufficienti: per università e ricerca di certo questa finanziaria non sorride affatto (è stato lo stesso Mussi a ricordare il 30% destinato alla ricerca nell'ultima finanziaria a firma Zapatero), ma paragonare il nuovo corso a quello che lo ha preceduto, anzi addirittura sciorinare numeri e dati che certificherebbero la bontà del progetto-Moratti rispetto al programma proposto da Mussi, ci sembra sinceramente un salto azzardato verso un horror vacui dal quale sarebbe terribilmente complicato riemergere.


Ben vengano le critiche, dunque, sia al nostro operato che a quello del governo. Saremo qui, pronti ad ospitarle e a confrontarci con esse, come oramai accade da oltre due anni.

L'importante è non perdere mai il contatto con la nuda realtà, cercando di trovare soluzioni plausibili e percorribili all'attualità di una situazione che, lo si voglia o no, se non altro fisiologicamente risente di un lustro di governo, che definire tale è un insulto all'intelligenza di ogni cittadino italiano, senza con questo voler cercare delle giustificazioni. Per nessuno.

27/10 Contestato il ministro Mussi

Venerdì pomeriggio all'auditorium di via Rieti i DS presentavano al ministro di università e ricerca (Fabio Mussi) i loro emendamenti alla finanziaria: nessun blocco degli scatti di anzianità per gli strutturati e altre modifiche contro lo strapotere dei direttori generali.
Dopo il lungo discorso del senatore DS Ranieri un gruppo di studenti e precari dell'università e della ricerca si è impossessato del palco innalzando uno striscione con su scritto: "Mussi: o con il governo o con l'università". Accompagnato dal coro "Mussi libero!" è stato letto un comunicato in cui si invitava il ministro a liberarsi dal suo governo, che non gli permette più di lottare contro la precarietà, come faceva fino a qualche mese fa, e a dimettersi, come pù volte minacciato.

Quindi ha parlato il sottosegretario Modica, per altri tre quarti d'ora, interrotto qua e là da contestazioni. Quindi si sono aperti gli interventi (5 minuti l'uno). Hanno parlato precari di vari enti (tra cui l'istat), sindacalisti e strutturati e le lamentele sono state tante e diverse.

Alle 18, troncando gli ultimi interventi, ha preso la parola Mussi.
Continuamente contestato quando diceva evidenti falsità (si sbloccano le assunzioni, almeno c'è qualcosa, che è meglio dello zero di prima, ecc.) si è inalberato e ha battuto i pugni sul tavolo, rivendicando i passi fatti sulle staminali e la chiusura delle università finte.

L'assemblea è finita nel caos totale, con capannelli di baroni e professoroni diessini in difesa di Mussi, contro precari e studenti delusi.

27/10 Gli untorelli rovinano la festa al ministro

Gli untorelli rovinano la festa al ministro
sabato 28 ottobre 2006

Venerdì 27 ottobre: gli studenti e i precari (meglio: gli studenti o i precari, visto sono tutti l´uno e l´altro) della Sapienza hanno prima partecipato alla fantomatica assemblea nazionale, a cui non hanno partecipato nemmeno i numerosi e fantomatici promotori, i sindacati dei docenti, dimostrando quale sia i reale corpo vivo dell´Università; poi hanno contestato il ministro Mussi al comizio organizzato dai Ds nel pomeriggio. Il tema è sempre lo stesso: la Finanziaria di un governo nemico dell´università.

La contestazione (ironica: lo striscione che ha coperto gli oratori chiedeva la ¨liberazione di Mussi¨) ha trasformato il comizio in assemblea: da una parte chi vuole difendere il governo che continua la guerra all´intelligenza, dall´altra chi sta con l´università e con la ricerca: nelle prime file si è quasi venuti alle mani. La parata del ministro è così andata a monte. Il verboso Mussi è in netta difficoltà, tanto che i media amici hanno preferito silenziare la notizia. Ogni sua affermazione è stata punteggiata dalle risposte della platea: chi nell´università e negli enti di ricerca lavora tutti i giorni non poteva riascoltare senza reagire la propaganda sbandierata in questi giorni: i tagli ai finanziamenti trasformata in ¨serietà¨, le assunzioni persino inferiori all´infausto ministero Moratti, le dimissioni minacciate e per la terza volta rientrate. E cresce la distanza tra governanti e governati, a così poco tempo dalle promesse elettorali. Era la prima tappa di un nuovo gioco: l´¨acchiappa-Mussi¨. Le iscrizioni alla competizione sono ancora aperte ;-)

Sata: per 318 ragazzi niente più lavoro

30.10.2006
Svanito il sogno di un lavoro in Fiat Sata e indotto.

Per 318 ragazzi e ragazze il sogno di un lavoro in Fiat Sata e indotto è praticamente finito sabato 28 novembre alle ore 20.00. Il quinto rinnovo del contratto per 318 precari, i senza diritti del mondo del lavoro di oggi, non c’è stato e di fatto si materializza l’incubo della disoccupazione e la frustrazione cocente di ritrovarsi in mezzo ad una strada. Tutto questo nel silenzio assordante della politica e delle istituzioni. Per la Regione Basilicata l’unica cosa da fare per questi ragazzi è un corso di formazione professionale a 4, 50 euro all’ora per un periodo presumibile di alcuni mesi. Per 318 ragazzi, in buona percentuale residenti nei Piccoli Comuni di Rocchetta Sant’Antonio, Candela, Deliceto, Accadia, Sant’Agata di Puglia e nella piana di Cerignola, Ascoli, Stornara, OrtaNova e Ordona in Puglia, non ci sono santi in paradiso, perché le regole sono chiare e le aziende sono rispettosissime delle regole, tant’è vero che il precariato è diventato di fatto il nuovo orizzonte valoriale del fare impresa nel nostro Paese.
Al Presidente della Camera Fausto Bertinotti che, proprio a Rocchetta Sant’Antonio nell’incontro del 30 settembre scorso con i Piccoli Comuni, parlò di nuova stagione dei diritti e di un Mezzogiorno da rilanciare, poniamo con forza la richiesta di un doveroso dibattito parlamentare sull’intera vicenda.
Come mai, è l’interrogativo inquietante che si pone il Coordinamento nazionale dei Piccoli Comuni, una grande azienda che tutte le riviste economiche specializzate d’Europa danno in forte crescita soprattutto nel settore auto, può mandare a casa, sia pure nel rispetto delle leggi sul precariato, 318 lavoratori senza una doverosa e credibile giustificazione?
La sensazione è che la condizione del precariato sia utile anche alla politica ed al Governo che in questo modo non ha nessun dovere se non morale di intervenire nelle situazione di crisi delle aziende.
Nel 1994 una grande marcia per il lavoro con oltre 20.000 persone diede il via ad una grande stagione di assunzioni definitive e diritti veri al mondo del lavoro come la possibilità per gli ultra trentaduenni di venire assunti. Oggi, a distanza di 12 anni, il tempo pare tornare indietro, ma i diretti interessati si dicono pronti ad una nuova stagione di lotta per rinnovare l’antico bisogno di libertà e di civiltà nel mondo del lavoro.

Ascoli: «Basta con lo sfruttamento dei lavoratori della Start»

I sindacati provinciali di categoria accusano l'azienda di trasporti: «Autisti con poca esperienza fanno turni di 10 ore con contratti che invece sono part-time. E dopo 11 mesi si ricomincia da capo sostituendoli con altri, buttando via senza scrupoli le professionalità acquisite».

ASCOLI PICENO - «Basta con lo sfruttamento dei lavoratori alla Start. Basta con l’utilizzo dissennato e illegittimo di gruppi interi di persone presenti nelle liste di mobilità, impiegate come autisti in turni di 10 ore con contratti che invece sono part-time, e che dopo 11 mesi, quando si è maturata l’esperienza e le capacità necessarie vengono buttate via senza scrupoli, per riassumerne altre sempre attingendo dalle stesse liste. Basta con questi comportamenti che vengono attuati solo per scopi finanziari e contribuitivi, senza avere cura ne delle esigenze primarie e della dignità delle persone, già espulse da altre attività aziendali, ne del cittadino-utente, che ha diritto alla sicurezza, alla qualità e all’efficienza del servizio».

L’accusa molto forte nei confronti dei vertici dell’azienda pubblica territoriale dei tasporti, di cui sono azionisti principali la Provincia, il Comune di Ascoli e quello di San Benedetto, è mossa dai sindacati di base Sincobas, Sult-Trasporti e CNL. Una situazione difficile per i precari-assunti a tempo parziale - che però devono stare a disposizione 10 ore, ma lavorano solo in alcune fascie del giorno, in violazione del contratto nazionale di categoria - e che riguarda soprattutto l’area di San Benedetto del Tronto, con casi in cui l’incompetenza del personale neo-assunto si è palesata in maniera chiara, con i potenziali rischi per i passeggeri, conseguenti.

«L’azienda chiede da un lato di tenere in ordine la divisa, e la cravatta a posto… e simili – dichiara Daniela Ceccarelli, responsabile del settore Trasporti per il Sincobas provinciale – e poi dall’altro sfrutta i malcapitati- mobilitati, che spesso hanno solo i requisiti minimi (patente per il mezzo) ma scarsa esperienza di lavoro, fino a quando ci sono gli sgravi contributivi statali: e poi li licenzia. Dal 2004 ad oggi, da quando cioè si è svolto l’ultimo e limitatissimo concorso, due interi gruppi di lavoratori, 20 persone, hanno subito questo trattamento, questo turn-over indegno, con la sola eccezione di 3 di essi, che per motivi oscuri sono stati confermati. E’ ora di chiudere questa politica dell’usa e getta in un azienda a capitale pubblico e che fa servizio pubblico, come la START – denuncia ancora Ceccarelli – e che per sovramercato viene attuata quando contemporaneamente il suo presidente in carica è accusato di conflitto d’interessi per la sua attività precedente alla nomina.

Come si fa a non intervenire in maniera seria sulla vicenda?».

Il caso Atesia continua a dividere la sinistra

Le polemiche dei Cobas contro il Ministro Damiano sul caso Atesia dividono il fonte-antiprecarietà che manifesterà il 4 Novembre.

[ZEUS News - www.zeusnews.it - 30-10-2006]

I call center, in particolare la vicenda Atesia, hanno richiamato l'attenzione di opinione pubblica, partiti, sindacati e governo sul problema della precarietà del lavoro giovanile e sulla necessità di porvi limite. Ma rischiano anche di dividere duramente il fronte antiprecarietà.

Il 4 Novembre a Roma, infatti, è prevista una grande manifestazione nazionale promossa da un vasto fronte di forze politiche e sociali per chiedere l'abolizione della legge 30, detta anche "legge Biagi", sul mercato del lavoro, o almeno una sua profonda riforma: non quella superficiale che il Ministro del Lavoro Cesare Damiano vorrebbe mettere in atto.

Alla manifestazione aderiscono oltre a Rifondazione, Pdci, Cobas e Flmu, la Fiom-Cgil, cioè l'organizzazione di categoria più importante della Cgil, la sinistra della stessa Cgil, categorie come i lavoratori della ricerca della Cgil stessa e altre.

La corrente di sinistra della Cgil, oltre ad aderire alla manifestazione, chiede alla Cgil di ritirare la firma apposta, insieme a Cisl e Uil, al cosidetto "avviso comune" sul lavoro nei Call Center.

Si tratta di un accordo in cui imprenditori e sindacati accettano la cosidetta "circolare Damiano" che stabilisce che il lavoro cosidetto "outbound" nei call center (cioè chiamare gli utenti per proposte commerciali) sia lavoro autonomo come quello "a progetto", mentre il lavoro "inbound", cioè il ricevere le chiamate, sia invece lavoro subordinato.

Per la sinistra Cgil questo accordo è un passo indietro rispetto ai risultati dell' ispezione ad Atesia condotta dall'Ispettorato del Lavoro che obbliga Atesia a trasformare in contratti di lavoro dipendente tutti i precari che lavorano in quell'azienda e a pagare i contributi previdenziali arretrati.

Anche i Cobas la pensano così e con un'inserzione a pagamento sul Manifesto danno appuntamento alla manifestazione del 4 Novembre dicendo che dovrà essere una manifestazione anche contro il ministro del lavoro che definiscono a titoli cubitali "amico dei padroni".

Per i Cobas, Damiano ha esagerato nell'andare incontro alle esigenze di Atesia e del suo titolare Tripi, inserendo nell'art.178 della legge Finanziaria, in approvazione al parlamento, un condono per i contributi previdenziali che Atesia avrebbe dovuto pagare.

Questo attacco dei Cobas al Ministro provoca una presa di distanza da parte degli altri soggetti organizzatori della manifestazione che accusano i Cobas di volerla strumentalizzare per finalità diverse da quelle decise insieme ma, soprattutto un invito ufficiale della Cgil a disertare la manifestazione, perché caratterizzata da estremismo e settarismo e perché è noto che il Ministro Damiano è un ex importante dirigente della Cgil.

Anche lo stesso Manifesto, con l'Unità e Liberazione, prendono le distanze dai Cobas e rifiutano di pubblicare altre inserzioni a pagamento in cui i Cobas replicano alle accuse e critiche e, ovviamente, a questo punto i Cobas gridano alla censura.

Insomma finora la vicenda Atesia e il precariato nei call center è stata fonte di gravi divisioni intestine a sindacati e sinistra e gli strascichi di queste non si fermeranno certo il 4 novembre.

Pier Luigi Tolardo - Quelli di Zeus

30/10 Piacenza: Cortometraggi contro la precarietà

Lunedì 30 ottobre, alle ore 21, la Camera del Lavoro di Piacenza organizza una serata dedicata alla settimana di mobilitazione contro la precarietà, in coincidenza con l’anniversario dell’entrata in vigore della Legge 30.
NIdiL Cgil, la categoria che si occupa delle nuove identità di lavoro (i parasubordinati o atipici in generale) in collaborazione con l’ARCI vuole offrire un ulteriore momento di riflessione sulle preoccupanti conseguenze sociali indotte dalla precarietà del lavoro, attraverso la presentazione di cortometraggi e video-inchieste giornalistiche dedicati al tema, che hanno partecipato e vinto il concorso cinematografico “Obiettivi sul lavoro” indetto dalla Cgil e il Premio Giornalistico dedicato a Ilaria Alpi, nella sessione dedicato al “lavoro che non si vede”. Verranno proiettati il cortometraggio “Investimento garantito” di Sara Ristori e “I am calabrese” di Antonio Malfitano, vincitori del Premio Speciale Giovani Mario Moderni; il cortometraggio di finzione “Contromano” di Meneghetti e Pandimiglio; il servizio giornalistico “Quattro amici” di Alessandro Poggi, prodotto da Ballarò – Rai Tre e vincitore del premio Ilaria Alpi; la video-inchiesta “Cristalli flessibili” vincitrice del concorso “Obiettivi sul lavoro”.
Durante la serata saranno inoltre raccolte testimonianze di giovani precari e distribuito il cd “A questa fragilità mi dedico” del gruppo “le foto mosse” con la prefazione del Segretario Generale della Cgil Guglielmo Epifani ai sottoscrittore del progetto sviluppo dedicato ad Angelo Frammartino, il giovane volontario della Cgil, vittima di un attentato a Gerusalemme la scorsa estate. La proiezione si terrà nel salone Nelson Mandela della Camera del Lavoro di Piacenza, in via XXIV Maggio 18, l’ingresso gratuito.

(30 10 2006 )

Lettera di una precaria qualunque al ministro Fioroni

LETTERA DI UNA PRECARIA QUALUNQUE AL MINISTRO FIORONI
Opinioni
Egregio sig.Ministro;
mi chiamo Monica e sono un'insegnante precaria qualunque nell'affollatissima provincia di Napoli.Anzi,mi definisco precaria dei precari,perchè in realtà lavoro come supplente temporanea.Quando squilla il telefono,io corro.
Mi definisco precaria qualunque perchè Lei signor Ministro mi ha fatto sentire così quando ho letto nella nuova legge finanziaria l'articolo 66 che al comma 1 abolisce le graduatorie permanenti.Ci ha trattato così,come se fossimo nomi e numeri qualunque,senza senso che con un colpo di spugna vanno lavati via.
E' come se per legge,si cancellasse una parte di me,della mia vita privata e professionale,rimettendola in discussione, facendomi sentire umiliata.Umiliata perchè mi sento sfruttata,tradita nelle aspettative,nelle speranze,nei sogni,nei progetti per un futuro più sereno da offrire a mia figlia.Un castello costruito sulla sabbia,portato via da un'onda anomala.
Per anni ho nutrito la speranza che il mio iter professionale,sebbene lento,sarebbe sfociato nell'incarico annuale e poi nel ruolo.Le graduatorie permanenti garantiscono ciò.Una certezza nella precarietà. E' così da anni ,è vero,quindi si può capire la necessità di un cambiamento,ma quale altro percorso permette di accumulare un patrimonio di esperienza, umanità, competenza che nessun libro ti potrà MAI insegnare?
Che cosa faremo se saremo esclusi dalle immissioni in ruolo?
Il vice-ministro Bastico ha affermato,in contraddizione con l'on.Folena che recentemente aveva affermato che le graduatorie non sarebbero state abolite,che ci sarà un accompagnamento nel nuovo sistema dei precari esclusi.Ma cosa si intende per accompagnamento?Una lista- parcheggio?Un nuovo concorso?Onestamente mi sembra che ci sia notevole confusione e dunque si può immaginare anche in che confusione versiamo noi precari,che oscilliamo tra speranze e paure.Come ci reinventeremo un'altra professione a 40-50 anni?Ma poi ,chi vuole intraprendere una nuova professione?IO SONO INSEGNANTE.Ho studiato,vinto concorsi e questo nessuno me lo potrà mai cancellare.
Non mi dò pace,non trovo risposte rassicuranti. Tremo.Tremo all'idea del futuro, all'idea di non poter più esercitare più un lavoro che adoro e che tanto mi ha tanto gratificato.Tremo all' idea di essere sacrificata alla legge dell'economia e del risparmio.Tremo all'idea che fra qualche anno sarò una ex- maestra .Ex per legge.
Auspico che Lei prenda atto di tutto ciò che le viene indirizzato e che dia delle risposte chiare sul nostro futuro.

Monica - Napoli

Un precario fortunato!

(29 ottobre 2006)

Ebbene si, sono un lavoratore precario fortunato perchè nel 2006 ho guadagnato 9500 lorde e forse con altri tre o quattro lavori precari a fine anno arrivo a 13.500 euro lordi: sono fortunato e ringrazio riconoscente questa Italia perchè guadagno quasi come un ristoratore italiano, più di un taxista italiano, e se prendessi altri 20 lavori precari arriverò a guadagnare quanto un gioielliere italiano.

Esattamente dal quel giorno di novembre del 2001 in cui mi sono laureato in Scienze Biologiche con 110 e lode (laurea quinquennale, vecchio ordinamento con alcuni esami Erasmus sostenuti in lingua all'estero ) sono un precario.

Ho 30 anni, conosco due lingue, francese e inglese con conoscenza Word, Excel, Access, Explorer, Front Page, Power Point, M.V.S.P. (Multi-Variate Statistical Package v.3.12e ed ESRI ArcView-GIS e discreta conoscenza del linguaggio HTML e delle tecniche di realizzazione di siti web.

Non parliamo dell’ università italiana: mi limito a dire che è una università gerontofila e dedita a coltivare la genealogia delle “baronie”.

In questi anni non ho aspettato che il lavoro mi venisse incontro: non ho fatto il calciatore, né il muratore, né il portaborse, ho fatto l’impiegato co.coc.co in un ente del parastato, ho fatto l’autista-operaio come co.co.co., ho fatto il servizio civile in un comune, ho fatto tre anni esatti di contratto a tempo determinato in un ente pubblico regionale in quanto primo in graduatoria di un concorso pubblico, ho fatto consulenze scientifiche per il Ministero dell'Ambiente e enti vari e lavori informatici.
Ho delle pubblicazioni in campo scientifico.

Scaduto il contratto a tempo determinato e non più rinnovabile mi sono iscritto nelle liste dei disoccupati.
Ho fatto lavori vari definiti "prestazioni occasionali di lavoro autonomo" e adesso per lavorare all'interno di una pubblica amministrazione sono obbligato ad aprire la partita iva all'Agenzia delle entrate optando per l'assistenza fiscale.

Ma che cosa vuole da me questa Italia?!.
E’ da cinque anni che sto facendo un “percorso di guerra”di cui non vedo ancora la fine.
Qui in Italia noi precari siamo come i dannati della terra senza futuro e dobbiamo in alcuni casi persino nascondere la laurea perché la stessa infastidisce alcuni e ostacola mentre si regalano e si facilitano esami universitari ai dipendenti di certe amministrazioni convenzionate con certe università.
Qui in Italia essere flessibile vuol dire essere disponibile a tutti gli sfruttamenti, a tutti i ricatti di orario, vuol dire adattabile, essere utilizzato da operaio, da impiegato a laureato.

Questa è la flessibilità inaugurata da Treu, accentuata dal governo di Berlusconi e incancrenitasi con le finanziarie berlusconiane e la legge 30.

La mia ragazza è laureata anche lei in Scienze Biologiche con 110 e lode e stampa nel 2001, laurea scientifica 2001 menzionata dall'Unione Industriale, master in bioinformatica, postdoc, conoscenza di inglese e francese, pubblicazioni varie e attualmente con borsa di ricerca per un anno ancora presso l’università: sei anni di ricerche sul DNA.
Risultato? precaria anche lei.
Non riusciamo a programmare il nostro futuro.
Non siamo calciatori, non siamo idraulici o fabbri, non siamo taxisti e non siamo extracomunitari e purtroppo siamo cresciuti in Italia colpevolmente studiando fisica, matematica, chimica organica, biologia ovvero insegnamenti dai quali in Italia, considerando le inesistenti opportunità di lavoro, giustamente si scappa.

Noi precari siamo veramente tanti ma siamo invisibili: pare che nella pubblica amministrazione (ricerca, università, scuola, enti territoriali ecc.) sono 350.000 i precari e ovviamente molti di noi non sono figli di parlamentari o di giornalisti o di industriali, di dirigenti industriali o di docenti universitari..

Non siamo rappresentati a livello sindacale fatta eccezione per quei precari delle grosse amministrazioni.
Vi sono precari co.co.co. (adesso co.co.pro) da oltre 10 anni.

Adesso basta! Le testimonianze, i dibattiti, i fiumi di parole sul lavoro precario non sono serviti a invertire l'aumento dei lavoratori precari.

O cambia qualcosa oppure tolgo al sistema-Italia il fastidio di vivere in Italia emigrando e lasciando così spazio a quei poveri extracomunitari cinesi, indiani, marocchini e rumeni tanto richiesti dal mercato e agli autonomi poveri.

Questo nuovo governo deve porre all’ordine del giorno il lavoro precario e dare un segnale di cambiamento anche graduale viceversa la protesta assumerà forme più incisive o in caso di ricorso alle urne il centrosinistra avrà un notevole assenteismo non solo da parte dei giovani precari delusi ma anche dei loro genitori e se ci pensate sono tanti, ma tanti voti.

E oggi su "Repubblica" leggo l'articolo a pag.4 sull'evasione e mi scopro improvvisamente più ricco di certi affiliati a corporazioni medievali che minacciano manifestazioni contro la finanziaria: noi precari dobbiamo essere flessibili al mercato globale, noi precari dobbiamo essere "moderni" , loro, gli "apolitici", manifestano contro la finanziaria ma in realtà manifestano contro qualsiasi concezione di Stato.
Viva l'Italia!

Enrico, uno dei tanti precari fortunati

A proposito della manifestazione del 4 novembre (Cobas)

Un osceno linciaggio
(28 ottobre 2006)

Un osceno linciaggio è in atto da parte degli “amici del governo amico” nei confronti dei COBAS a proposito della manifestazione del 4 novembre contro la precarietà e per l’abrogazione delle leggi Moratti, 30 e Bossi-Fini. Pretesto dell’aggressione, sostenuta con una “potenza di fuoco” senza precedenti dai tre quotidiani “amici del governo amico” Liberazione, Manifesto e Unità, una nostra manchette in vista della manifestazione del 4 novembre che ci vede tra i promotori.

Ad essa viene addebitata la rottura del “cartello” unitario e del ritiro di Cgil Funzione pubblica, Cgil scuola (FLC) e sinistra DS. Ma cosa abbiamo scritto di tanto terribile da provocare la fuga di sindacati e partiti così potenti, una valanga di insultanti ed aggressivi articoli contro di noi (il record al Manifesto con ben 7 articoli in due giorni, in cui, come un mantra, si ripete “COBAS cattivi o stupidi o irresponsabili”) e un profluvio di scomuniche provenienti dall’intera galassia degli “amici del governo amico”? E perché non ci viene data nemmeno la possibilità di replicare a “pagamento”, visto il blocco delle nostre manchette deciso dai direttori?

Perché abbiamo detto forte quello che, nonostante la copertura dei massmedia di governo, oramai è sotto gli occhi di tutti. Che la Finanziaria, invece di “far piangere i ricchi”, è la più pesante di tutta la storia della Repubblica (dopo quella del primo governo Amato), che aumenta i ticket sanitari ed elimina servizi pubblici fondamentali, taglia 50 mila posti di lavoro nella scuola pubblica ed aumenta i finanziamenti a quella privata, rinvia di fatto il rinnovo dei contratti pubblici (scaduti da dieci mesi) al 2008, sottrae più di 2 miliardi ai Comuni, che ora aumenteranno le tasse locali, e ulteriori fondi ad Università e ricerca, stabilizza solo 8 mila dei 350 mila precari della Pubblica Amministrazione e regala con il cuneo fiscale miliardi ai padroni della Confindustria, i veri beneficiari della Finanziaria, mentre si preparano tagli alle pensioni e il furto del TFR.

Poi – ed è la cosa che più ha agitato gli amici del governo – segnaliamo come il ministro del Lavoro Damiano si sia rivelato un “amico dei padroni”, salvando tutti i boss dei paraschiavistici callcenter italiani (e tanti altri in analoghe condizioni) le cui schifezze (l’uso del precariato più indifeso e sottopagato per anni, o per decenni, senza che esso venga mai stabilizzato) erano state scoperchiate da un ispettore del Lavoro che aveva imposto, dopo una coraggiosa lotta dei precari, ad Atesia (il più grande callcenter d’Italia) assunzioni stabili e pagamento degli arretrati. Damiano ha regalato a Tripi, padrone di Atesia, e a tutti i boss che super-sfruttano i precari, la sanatoria con l’art.178 della Finanziaria che colpisce ulteriormente i precari.

La nostra denuncia è stata considerata da Cgil e DS “una intollerabile criminalizzazione” del ministro. Chi avrebbe parlato di “criminalizzazione” se il ministro fosse stato Maroni? Gli “amici del governo amico”, che hanno smesso di lottare contro la guerra appena le missioni militari (Afghanistan, Libano) sono state promosse da Prodi, vorrebbero manifestare il 4 come se fossimo nel 2005, ignorando le malefatte anti-precari del governo e l’inaccettabilità della Finanziaria.

Addebitare a noi la fuga della Cgil e dei DS è grottesco: si erano già defilati perchè oggi essi sono impegnati a puntellare il traballante governo Prodi. In particolare la Cgil scuola (FLC) è dedita a reprimere i COBAS, a impedire che il ministro Fioroni o i capi di istituto restituiscano nella scuola il diritto di parola che i sindacati di governo hanno sottratto ai lavoratori fin dal 1999 e a rendere del tutto truffaldina la campagna elettorale RSU in corso. Nulla hanno fatto, esattamente come la Cgil FP, per preparare la manifestazione del 4, di cui non sono mai stati promotori e alla quale non hanno mai aderito, se non tramite la presenza puramente individuale dei due segretari Podda e Panini che ora annunciano il ritiro di “truppe” mai messe in campo.

Quindi, tutto ciò non leva alcuna forza alla manifestazione, anzi. Il ritiro di qualche amico del governo favorirà la presenza di tanti/e che non volevano stare in piazza con chi con una mano sostiene Prodi e con l’altra finge di agitare le ragioni dei precari. E noi ci saremo per manifestare la più decisa opposizione, che sarà maggioritaria in piazza, non solo alla precarizzazione e alle tre leggi-vergogna ma anche alla Finanziaria, alle politiche del ministro “padronale” Damiano e al furto di democrazia perpetrato nei posti di lavoro dal monopolio dittatoriale Cgil-Cisl-Uil sui diritti sindacali.

CONFEDERAZIONE COBAS

28/10 Benevento contro la precarietà

Sabato 4 novembre a Roma si terrà una manifestazione nazionale contro la precarietà e la nuova finanziaria per l'abolizione della legge 30 (pacchetto Treu), della Bossi-Fini, della riforma Moratti
per il reddito di cittadinanza, per la gratuità dei servizi, per la chiusura dei cpt e per i diritti sociali.

All'iniziativa parteciperà anche il Centro Sociale Depistaggio che si schiera a difesa dei diritti dei precari: "Lavorano nei centri commerciali, nei call center, nelle imprese di pulizie, nelle università, nelle scuole, negli scantinati, nelle fabrichette, ai margini del benessere di pochi. Sono spesso invisibili, sono i precari che non hanno diritti, che firmano 8 contratti di lavoro nello stesso anno, che vengono licenziati ed assunti con una tale rapidità che non riescono a sapere nemmeno che tipo di contratto hanno.

Lavorano part-time, con contratti di formazione lavoro, apprendistato, contratto a progetto, collaborazione, a tempo sempre troppo determinato, senza la possibilità di pianificare la propria vita, senza poter sapere dove e quando e per quanto tempo ancora potranno ricevere uno stipendio. Lavorano sempre, perché lavorano con il proprio cervello e col cervello si pensa sempre. Producono sempre, perché qualsiasi cosa fanno, lo fanno per arricchire qualcun altro. Sono un numerino nelle statistiche che dicono che la disoccupazione cala, perché ognuno di loro conta 10 nuovi posti di lavoro in un anno, anche se a lavorare è sempre la stessa persona.

Costruiscono palazzi, asfaltano le strade, si prendono cura dei nostri anziani, raccolgono pomodori nei nostri campi, fanno i lavori più umili, che nessuno più vuole fare, sotto la costante minaccia di ritrovarsi in un campo di concentramento chiamato cpt. Non hanno una casa propria, occupano da sempre le ultime posizioni nelle graduatorie iacp, perché vengono scavalcati dagli amici degli amici degli amici. Ricevono costantemente le ingiunzioni di sfratto, sono in perenne ritardo col pagamento del fitto, vivono in 8 in un appartamento di 30 metri quadri, vengono raggirati dalle agenzie immobiliari che succhiano il loro sangue.

Reclamano una casa, reclamano un reddito fisso, un salario sociale indiretto che significa trasporti gratuiti, libri di testo gratuiti, incentivi al fitto, equo canone, reclamano diritti, reclamano esistenza, reclamano dignità. I mille volti della precarietà iniziano a farsi sentire, vogliono che la società si accorga di loro, sono stanchi di essere invisibili".

Mussi contestato: ti devi dimettere (il Giornale)

Mussi contestato: ti devi dimettere

Roma. Il ministro dell'Università Fabio Mussi è stato contestato da alcuni studenti universitari dell'Università «La Sapienza» di Roma. I giovani del gruppo «Studenti precari» hanno interrotto con un blitz l'assemblea organizzata dai Ds per parlare di Finanziaria e università. Gli studenti hanno esposto uno striscione con la scritta «Mussi: o col governo o con l'università» e hanno letto un lungo comunicato con il quale hanno chiesto le dimissioni del ministro:
«Ti devi dimettere perché non ti danno nessuno spazio di manovra, sei ostaggio dei tuoi sottosegretari e del corpo baronale che è il primo avversario di noi studenti». Ma contro il ministro e i tagli all'Università sono scesi sul piede di guerra anche gli insegnanti universitari. Il 17 novembre è in programma lo sciopero nazionale dei sindacati e delle associazioni della docenza, che sarà preceduto da una settimana di mobilitazione e blocchi decisi a livello locale.
La protesta riguarda soprattutto i tagli ai cosiddetti «consumi intermedi» degli atenei come elettricità, telefoni e manutenzione.

L'orgoglio di Mussi (Aprile on line)

Emiliano Sbaraglia, 27 ottobre 2006
Infuocato incontro all'Auditorium della Facoltà di Scienze della Comunicazione di Roma. Ma dopo tre ore di un dibattito fortemente critico con i contenuti della finanziaria in materia di fondi alla ricerca e alla università, l'atteso intervento del ministro ha sorpreso la platea per incisività e passione


"Ministro, se verrà confermato che i tagli del 10% previsti a danno di università e ricerca saranno ritirati, possiamo parlare di una sua vittoria personale?". "Non mi sbilancerei ancora, vediamo come prosegue il confronto. Diciamo che ci sono buone possibilità che il provvedimento venga rivisto".


"Se così sarà, quanto sarà pesato l'intervento in merito del Presidente della Repubblica?"
"Non posso nascondere l'enorme piacere nell'aver riscontrato la sensibilità dimostrata dal Capo dello Stato su questioni come il precariato e la condizione dei ricercatori nel nostro paese".
"Si aspettava oggi un'accoglienza tanto calda, in tutti i sensi?" "Sono stato contento di essermi confrontato a viso aperto con le persone che ho il compito di rappresentare e tutelare al governo".

Sono state queste le dichiarazioni a caldo di Fabio Mussi, ministro dell'Università e della Ricerca, che oggi (venerdì) ha affrontato a viso aperto le varie componenti (docenti, ricercatori, aspiranti tali, precari e studenti), che si erano dati appuntamento all'Auditorium di via Rieti a Roma per discutere dei provvedimenti contenuti nella Finanziaria, alcuni dei quali particolarmente criticati, e per fare il punto sull'attività del dicastero in questi suoi primi mesi di attività.
Il clima si è acceso subito dopo l'inizio, previsto per le 15, quando un gruppo di studenti ha tentato di appendere sotto il palco un grande striscione che recitava "Mussi, o con il Governo o con l'Università", mentre altri ragazzi distribuivano un volantino dal titolo "Mussi libero!", provocatorio e ironico nei confronti del ministro, il quale scaldava i motori rispondendo prontamente: "Non posso far altro che aderire a un appello per la libertà di Mussi..."

Malgrado i numeri attraverso i quali il sottosegretario Luciano Modica cercava di spiegare l'attività svolta dal governo, il susseguirsi di interventi da parte di vari rappresentanti del mondo dell'università e della ricerca erano tutti rivolti a mettere in evidenza incomprensioni e ritardi, promesse fatte e non mantenute, speranze iniziali presto trasformate in delusioni. Mussi ha ascoltato per tre ore tutti gli interlocutori con attenzione e interesse, ed ha poi preso la parola quando oramai fuori faceva buio, ma nessuno all'interno della sala si era sognato di lasciare il suo posto.

"Sono stato accolto da uno striscione che mi invita a stare o col governo o con l'Università: beh, io vorrei stare al Governo per l'Università". Primi applausi.
Il seguito è stato un crescendo di passione ed energia da parte del ministro, che ha visibilmente sorpreso il suo uditorio, rivendicando quello fatto sinora ("sarà poco, ma lo abbiamo fatto. E se lo avesse fatto la Moratti in cinque anni, a quest'ora starebbe preparando un messaggio alla nazione a reti unificate"), dalla coraggiosa posizione assunta in Europa sulle cellule staminali, che gli è costata una dura battaglia politica in Italia, ai vari progetti già in corso per modernizzare e rinnovare i meccanismi di funzionamento di ricerca e università nel nostro paese, senza risparmiare stoccate pesanti agli avversari politici, rei di aver lasciato una situazione economica e culturale disastrosa, dediti come erano alla beatificazione di "miracoli italiani" che hanno portato il deficit della spesa pubblica, per dirne una, a livelli mai raggiunti. I "nipotini della P2" -come ha ribattezzato a un certo punto Mussi i rappresentanti dell'opposizione riferendosi alle ultime rivelazioni sulle "spiate" nei confronti di Prodi e signora- "hanno fatto vedere di cosa sono capaci in questi cinque anni: ecco perché voglio qui ribadire con forza, che malgrado ci sia una finanziaria che deve essere corretta dove si può, e malgrado le difficoltà che a volte io stesso mi trovo ad affrontare con i miei colleghi di governo per tentare di difendere le priorità del mio dicastero, dico che difendo e continuerò a difendere con le unghie e con i denti il governo Prodi e la maggioranza di centrosinistra".

E anche le battute finali, che ribadivano il programma futuro per agevolare la condizione di giovani precari e insicuri del proprio domani, assumevano il tono di una partecipazione poco consueta per una carica istituzionale, che alla sparuta voce di dissenso ha risposto così: "Il giorno che troverai un altro ministro disposto a venire qui e ad ascoltare tutte le voci che ho ascoltato io oggi, mettendosi alla pari e in assoluto confronto con loro, allora ne riparleremo con calma". Gli applausi si trasformano quasi in ovazione, e a casa tutti sembrano tornare con qualche piccola speranza in più.

Precarietà: ci saranno infiniti altri appuntamenti di lotta

Carlo Podda*, 27 ottobre 2006

La rottura che si è determinata nel Comitato "Stop precarietà" è conseguente alla scelta dei Cobas e la decisione di non partecipare alla manifestazione del 4 novembre è l'effetto, non la causa di questa rottura. La Cgil deve assumere con chiarezza l'impegno a promuovere, se necessario anche da sola, una grande manifestazione per il superamento della Legge 30

Il venir meno del patto di rispetto reciproco e delle finalizzazioni del movimento proposto dal Comitato Stop precarietà ai temi votati dall'assemblea dell'8 luglio scorso non riduce certo la necessità che vengano aggredite le cause che determinano la dimensione e la gravità di questo fenomeno.

Vorrei dire con chiarezza che quel che ho inteso sottolineare con la rinuncia, per me dolorosissima, a restare nel Comitato e a partecipare alla manifestazione del 4 novembre, è la mia assoluta incompatibilità con la scelta operata dai Cobas.

Quella scelta è sbagliata per due ordini di ragioni: il primo, che consiste nella volontà di piegare le ragioni e la forza del movimento - creatosi sulle questioni poste dall'appello sottoscritto dai componenti del Comitato - alle ragioni e alle convenienze di una singola organizzazione, oscurando in questo modo la complessità per i temi al centro della nostra azione. Temi che non possono certo essere risolti nella Legge finanziaria o nel giudizio sull'azione di un singolo ministro o delle organizzazioni sindacali confederali.

Il secondo ordine che, se possibile sovrasta il primo, riguarda il tono ed il linguaggio utilizzato dai Cobas. Più ancora che le aspre critiche mosse, mi ha impressionato la facilità con la quale si indica al giudizio delle persone un ministro piuttosto che un sindacato, non come avversario ma come nemico e - come anche sulle e-mail delle quali sono stato fatto oggetto - riecheggino le categorie della subalternità al governo (presunto amico) e del tradimento.

Categorie queste ultime che una sinistra che voglia definitivamente superare gli errori del secolo scorso dovrebbe finalmente abbandonare. La rottura che si è determinata è dunque conseguente alla scelta dei Cobas e la decisione di non partecipare alla manifestazione del 4 novembre è l'effetto, e non la causa di questa rottura.

Vorrei infine sottolineare che la manifestazione prevista per il 4 novembre non era - e non lo è oggi nelle valutazioni dello stesso Comitato promotore - l'appuntamento finale e risolutivo della precarietà.

Siamo usciti dal Comitato, ma non viene meno il nostro impegno a sostenere in tutte le sedi e in tutte le forme possibili una vertenza generale sulla precarietà.

Penso in particolare che, per quanto riguarda il contributo che più propriamente il sindacato è chiamato a dare sulla precarietà, e cioè sul superamento di tutti i rapporti di lavoro precari sia nel pubblico che nel privato, la Cgil debba rivendicare con fermezza dal governo misure realmente efficaci, almeno quanto quelle previste per contrastare il lavoro nero.

Penso infine che nei prossimi giorni la Cgil debba assumere con chiarezza l'impegno a promuovere, se necessario anche da sola, una grande manifestazione contro la precarietà e il superamento della Legge 30.

*Segretario generale Cgil, Funzione Pubblica

San Precario e i suoi devoti

[ 27-10-2006 ]
Che il mondo del lavoro sia sempre più precario è, purtroppo, un’ovvietà con cui si è costretti a confrontarsi quotidianamente. Oggi, in Italia, perdere il posto significa rimanere per strada. Ma la maggioranza dei lavoratori italiani un posto di lavoro vero, a tempo indeterminato, non l’ha mai conosciuto. E, forse, non lo conoscerà mai. E’ una situazione sempre più allarmante che ha convinto il Presidente della Repubblica ad intervenire, ancora una volta, su questo fronte. Lo ha fatto sollecitando con forza il Parlamento a perdersi meno in chiacchiere affrontando con determinazione, una volta per tutte, quella che sta diventando la prima emergenza nazionale al pari solo della devastazione dei conti sociali: la precarietà del lavoro.

Parlando davanti ad un folto numero di studenti e docenti universitari che lo sollecitavano sulle speranze tradite e sull’inutilità di proseguire nella valorizzazione della loro cultura e della qualificazione professionale, visti gli sbocchi del mercato, Napolitano non ha usato mezze parole: "E’ un problema molto serio, mi auguro che possa essere affrontato al più presto nelle sedi giuste, cioè in Parlamento".

Ma la politica, in questo momento, sembra impegnata a pensare ad altro come del resto il governo e gli imprenditori. Il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, principe degli industriali senza aver mai prodotto niente, si dimena contro la finanziaria per proteggere le rendite di quelli che una volta erano gli imprenditori del Paese e oggi solo finanzieri pieni di debiti. I dirigenti dei partiti e le loro diramazioni all’interno del governo spendono le giornate a studiare alchimie e travasi astrusi di ceti politici nello spasmodico tentativo di allargare sulla carta il bacino elettorale, ma senza che il minimo pensiero corra alle reali esigenze di quell’elettorato che vorrebbero blandire. E che di questo passo, li rinnegherà senza appello. Almeno si spera.

L’Italia ha fame di lavoro . E i cittadini italiani sono stanchi di farsi vampirizzare da imprenditori incapaci di concepire il rischio d’impresa e abili, invece, solo a far pesare i rischi sui lavoratori. Il senso del messaggio di Napolitano sta infatti tutto qui, nella necessità oggettiva di creare una legge di sistema che obblighi gli imprenditori italiani alle loro responsabilità sociale ed alla severa applicazione almeno di quelle norme che già esistono, a partire da quello Statuto dei Lavoratori di cui gente come Berlusconi farebbe volentieri carta straccia. La legge Biagi, d’altra parte, ne è stato un esempio illuminante. Ma la politica, anche a sinistra, sembra assente, proclami del momento e di convenienza a parte. Eppure i dati dell’emergenza parlano chiaro. Il popolo dei precari, in Italia, è un mare che si ingrossa. E che va a sfiorare la cifra di 1 milione e 690.000 unità.

Un esercito di lavoratori, con scarsi diritti e pochissime certezze, di cui ora, grazie ad una duplice indagine condotta dalla Cgil in collaborazione con l'Università la Sapienza di Roma, é possibile, finalmente, tracciare un profilo più preciso. Secondo i dati, in Italia sono 1.475.111 i lavoratori parasubordinati attivi iscritti, nel 2005, alla gestione separata Inps . A questi, vanno aggiunti 209.960 lavoratori con partita Iva individuale; un esercito, pure questo, in crescita. Il totale parla chiaro: 1.685.071 lavoratori sono sostanzialmente precari, seppure con le dovute differenze. Il vero zoccolo duro degli atipici, infatti, é costituito da 964.436 lavoratori, il 65% del totale dei parasubordinati, che ha un reddito che non supera i 9mila euro l'anno e, dunque, vive ai limiti della soglia di povertà. E in un affresco così ignobile non poteva mancare una ulteriore discriminazione: quella di genere. Le donne guadagnano infatti la metà degli uomini.

Il mondo del precariato è quindi un piccolo esercito, composto da soggetti che vanno dagli arcinoti co.co.co e co.co.pro. (che sono il 77,38%) fino ai venditori porta a porta, passando per i collaboratori free-lance dei giornali. Di questo zoccolo duro, sono 803.588 le persone a rischio precarietà, cioè l'80%. Sono lavoratori monoreddito, legati ad un solo committente, che vengono reclutati dalle aziende con contratti flessibili dietro cui, però, tenuto conto degli orari di lavoro e delle mansioni svolte, si nasconde une vero e proprio popolo di dipendenti, mascherati da collaboratori.

Lo zoccolo duro del precariato é composto per lo più da donne, nel 57% dei casi, che, peraltro, guadagnano la metà degli uomini. La maggior parte di questi soggetti hanno una media di 35 anni e sono, anche in questo caso, per lo più co.co.co e co.co.pro. (78,49%). Il guadagno medio oscilla tra i 7mila e i 9mila euro. E, per zone di residenza, i precari sono concentrati soprattutto al Centro-Sud. Con picchi di presenze in Calabria, Lazio e Molise, dove si supera abbondantemente la soglia del 70%, mentre la situazione migliora al Nord-Est. I settori di maggior impiego? Poste e telecomunicazioni (83,62%), servizi alle imprese (77,46%), ricerca (74,06%) e sanità (73,48). Un mondo fatto di lavoratori privi di diritti elementari; un mondo che perde, con il passare del tempo, la fiducia in sé e nella possibilità di migliorare. Forse anche per questo un mondo senza figli (82%). E senza speranza. Nemmeno quella di una politica diversa dall’osceno spettacolo dell’indifferenza.

Ritratto del lavoratore precario

Guadagna meno di 1.000 euro al mese, lavora da due anni nello stesso posto e non ha figli

Ritratto - Il lavoratore precario percepisce uno stipendio mensile inferiore ai 1000 euro, lavora da circa due anni per lo stesso committente, nell'82% dei casi non ha figli e la sua età si aggira in media attorno ai 41,2 anni.
Il 50% lavora per più di 38 ore a settimana con punte di oltre 45 ore. Sono soprattutto i tirocinanti e gli stagisti a trattenersi per più tempo in ufficio.
L'80% opera all'interno del posto di lavoro, il 77% con una presenza quotidiana e il 71% è tenuto a rispettare un orario fisso. Insomma, i precari "si sentono" dipendenti. Ma non lo sono. Sono anche sfiduciati e scoraggiati e non nutrono alcuna speranza di poter mantenere il proprio impiego. Poco meno del 50% ritiene che non continuerà ancora a lungo a lavorare con il proprio committente.

L'indagine - Un ritratto amaro questo che emerge dal rapporto dell'Osservatorio permanente sul lavoro atipico, presentato dalla Cgil e coordinato dall'Ires (Istituto di ricerche Economiche e Sociali) e dalla Facoltà di Scienze della Comunicazione Università La Sapienza di Roma.
I dati del rapporto riguardante la situazione del lavoro parasubordinato in Italia sono il risultato di un'indagine realizzata tramite interviste a 560 lavoratori atipici; co.co.co, co.co.pro, collaboratori occasionali, lavoratori con partita iva, stagisti e tirocinanti.
Oltre il 31% degli intervistati guadagna meno di 800 euro netti al mese, mentre il 26% percepisce tra gli 800 e i 1000 euro. In ambito scientifico sale leggermente il livello di retribuzione che si aggira tra gli 800 e i 1200 euro.
Nel settore privato, inoltre, i redditi sono più bassi che nel settore pubblico. Per il 34% lo stipendio percepito "consente a stento di vivere e di mantenere persone a carico", mentre per il 31% è "del tutto insufficiente".
Le ripercussioni di questa situazione sui modelli familiari sono immediate: l'89,4% di lavoratori tra i 28 e i 35 anni non ha figli; lo stesso vale per il 51,2% degli atipici oltre i 35 anni.
Inoltre, il 20% del campione intervistato che ha già superato i 28 anni dichiara di vivere ancora in famiglia.

Previsioni - "Nel 2006 i contratti dei lavoratori precari supereranno quelli dei lavoratori a tempo indeterminato" dichiara il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni, sottolinenando come questo dato confermi "la tendenza all'uso del precariato da parte delle imprese". Secondo la Cgil per superare il fenomeno occorre intervenire sul costo del lavoro al fine di "giungere al risultato che il lavoro flessibile non costi meno di quello stabile".

Scuola: Fioroni, "Stabilizzare precari e' investimento"

30 ottobre
CAMPOBASSO - Il Ministro dell'istruzione, Giuseppe Fioroni, ha dichiarato che stabilizzare i precari ''e' un investimento per il futuro''. ''Uno dei problemi piu' seri del nostro Paese - ha detto Fioroni - e' quello di non conoscere come funzionano comparti importanti come quello della scuola e avere la superbia di pensare di poterli riformare senza averli conosciuti". "I precari - ha aggiunto il ministro parlando a Campobasso - sono insegnanti che lavorano da anni nelle nostre scuole e che per ritardi colpevoli non sono stati inseriti in ruolo a tempo indeterminato". (Agr)

Lo sciopero dei precari di Atesia

(28 ottobre 2006)

Le lavoratrici ed i lavoratori di Atesia hanno aderito allo sciopero, indetto nella giornata di oggi dal Collettivo Precariatesia, per protestare contro le condizioni di assoluta precarietà in cui ancora oggi sono costretti a vivere. Lo sciopero ha avuto piena adesione da parte dei lavoratori e delle lavoratrici.

Ancora una volta i motivi dello sciopero erano quelli di rivendicare il diritto al contratto a tempo indeterminato come indicato dall’Ispettorato del Lavoro; di protestare contro una Finanziaria (art. 178) scritta pensando solo agli interessi delle aziende, calpestando i più elementari diritti dei lavoratori; contro chi a parole si dice contro la precarietà ma nei fatti concerta con Confindustria e azienda senza tutelare gli interessi dei lavoratori e riproponendo situazioni già ampiamente rigettate da chi, poi, certi accordi li deve subire; contro l’arroganza dell’azienda che, pur negando l’evidenza dei rapporti di lavoro subordinati, tratta i lavoratori come tali imponendo loro illegali test di verifica, continuando a sfruttare i collaboratori delle outbound pretendendo lettere di dimissioni, modificando unilateralmente i compensi ed imponendo un ambiente di lavoro malsano, in barba alla L. 626 sulla sicurezza sul lavoro; per richiedere il reintegro dei 5 licenziati politici e dei 400 mancati rinnovi di maggio.

Per tutta la giornata i lavoratori e le lavoratrici di Atesia hanno dato vita ad una assemblea permanente davanti la sede di via Lamaro. L'assemblea ha visto la partecipazione di lavoratori/trici di diversi settori e aziende e di realtà sociali.

Con questa iniziativa i precari di Atesia hanno ancora una volta dimostrato la propria determinazione a perseguire l'obiettivo della stabilizzazione attraverso il contratto a tempo indeterminato per tutti e tutte.

Comitato PrecariAtesia

Appello al Ministro Fioroni affinché fermi l’espulsione dei doc. prec. e spec.

In riferimento all’intervista pubblicata il 23 ottobre 2006 sul Messaggero titolata:
‘In tre anni azzero il precariato, poi i concorsi’,

e in particolare alla risposta del Ministro Fioroni in merito all’assunzione del precariato:

“Gli stipendi già glieli diamo, perciò non ha senso che non siano assunti. Tra l’altro, con la regolarizzazione, a conti fatti ci sarà un risparmio. I primi 50 mila avranno il contratto nel 2007. Il piano triennale prevede che le uscite per il turn-over, circa 30 mila l’anno, vengano rimpiazzate con i precari. Abbiamo già calcolato che alla fine del triennio, quando avremo inserito in ruolo i 150 mila, fuori ci saranno soltanto quelli che hanno meno di tre anni di anzianità di insegnamento. Così, per la prima volta, sparirà la piaga del precariato. Sì, sparirà nel 2010 anche la graduatoria permanente ma proprio perché quelli in attesa saranno stati tutti sistemati. In futuro? Torneranno i concorsi per coprire il turn-over”

pur apprezzando il tentativo del Ministro Fioroni di voler risolvere il problema del precariato,

denuncia, nel confronto con i dati in possesso, inesattezze nelle premesse dell’analisi proposta e conseguentemente ipotizza una clamorosa e disastrosa espulsione dalla Scuola (dal 2010) dei docenti precari, e in particolare di quelli specializzati.

Tali ipotesi nascono da due considerazioni

In primo luogo, il legame tra copertura del turn-over e nuove assunzioni, previa modifica della Finanziaria, è ancora legata alla disponibilità dei fondi da reperire d’intesa con il Ministro dell’Economia. Un emendamento in tal senso presentato da alcuni deputati della maggioranza e dell’opposizione è stato o bocciato o ritirato nella VII Commissione Cultura della Camera. Dunque, si spera che il Ministro già abbia provveduto come proposta di emendamento del Governo a recepirlo.

In secondo luogo, la situazione del precariato oggi appare molto complessa e di difficile individuazione pure nei suoi numeri reali (quasi 450.000 iscritti nelle Graduatorie permanenti per una stima approssimativa di 250.000 docenti), tanto che un discorso concreto può esser fatto soltanto tenendo conto di quello che a livello provinciale avviene ogni anno nelle immissioni in ruolo e nelle supplenze annuali.

Se prendiamo la Graduatoria permanente del CSA di Palermo, classe AO43 (Lettere-Scuola Media), ad esempio, per citare uno di contenitori più grossi di precari per il numero di cattedre disponibili, vi sono
- 1.000 docenti iscritti per 300 cattedre annuali, di cui meno della metà come cattedre orarie;
- almeno fino al candidato inserito alla posizione n. 500, docenti con due anni di servizio pregresso;
- nel numero globale delle immissioni in ruolo (35.000+20.000) negli aa. ss. 2005-2006, 2006-2007 soltanto in poco più di 60 immessi in ruolo.

In base a questi dati, risulta credibile, pur nel piano dei 150.000 previsti, la mancata immissione nel prossimi triennio di almeno quei docenti, inseriti dopo la posizione n. 150, che già oggi hanno 4 o 5 anni di servizio alle spalle e che nel 2010 ne avranno 7 o 8 di anni di servizio.
Dovranno veramente fare un nuovo concorso? E per quale ragione visto che la maggiorparte di essi, tra l’altro proviene dalle Scuole di Specializzazione per l’Insegnamento, dove si è abilitato ed è entrato dopo aver superato un numero programmato su una cattedra che per Lui doveva essere disponibile nel triennio successivo e che ancora dopo 10 anni non sarà disponibile?

Il quadro appena fornito, d’altronde trova conferma nelle stime elaborate dal suo Ministero secondo le quali sulle 35.000 immissioni dell’a.s. 2005-2006 soltanto in 1.000 a livello nazionale sono stati assunti come docenti specializzati.

Il prossimo anno, inoltre, è previsto l’inserimento di 70.000 nuovi docenti che si abiliteranno con i corsi ‘sanatoria’ e che avevano maturato il servizio di 360 giorni tra il 1999 e il 2004. L’Università di Palermo già ha ricevuto più di 2.200 domande di immatricolazione per tali corsi abilitanti. Questi docenti già hanno il servizio maturato, si inseriranno nelle graduatorie permamenti ed entraranno nel favoloso mondo di Amelie, ovvero del precariato felice fino al 2010, e della disoccupazione permanente dopo quella data.

Gentile Ministro, bisogna in realtà attuare una serie campagna d’informazione sul precariato prima di pensare di risolvere una situazione così complessa e di ipotizzare futuri concorsi per 150.000 docenti precari che nel 2010 avranno diversi anni di insegnamento alle spalle e nella maggiorparte dei casi anche diversi concorsi superati (in entrata presso le SSIS e in uscita).

Per questa ragione, oggi, di giorno in giorno la protesta aumenta contro i numeri di questa finanziaria per la Scuola. Per questa ragione le chiediamo di recepire a nome del Governo gli emendamenti provenienti dal mondo della Scuola e in particolare quelli da noi presentati.

Assumiamo nei fatti e con conti alla mano i docenti precari fin da subito, senza creare malintesi o nuove illusioni. E visto che ci siamo, perché no, assumiamo pure i docenti precari specializzati, formati dallo Stato per insegnare nelle Scuole, invece che mandarli a casa, o trasformarli in insegnanti precari a tempo indeterminato.

24 ottobre 2006

Da Cuffaro un regalo ai call center

Otello Piccoli, 27 ottobre 2006
La modifica alla legge 30, che i cinici del centrodestra, con l'avallo di troppa parte dell'opposizione continuano a chiamare legge Biagi, approvata dalla giunta scatena subito le polemiche

C'è chi grida allo scandalo paventando il ritorno delle gabbie salariali, chi annuncia tristemente la morte, in culla, della concertazione e chi parla di "regalo ai call center".
La modifica alla legge 30, che i cinici del centrodestra, con l'avallo di troppa parte dell'opposizione continuano a chiamare legge Biagi (non hanno rispetto neanche dei morti... il messaggio implicito è: se la legge non ti piace sei un terrorista), approvata dalla giunta Cuffaro scatena subito le polemiche.

"Questa legge è un regalo ai call center"- afferma in una nota il deputato diessino Francesco Cantafia- e quando lo abbiamo raggiunto al telefono ha aggiunto "la situazione di schiavitù in cui sono ridotti i lavoratori precari oggi non potrà che peggiorare...chi paga il costo del lavoro è sempre il lavoratore".
Ed in effetti il vecchio Vasavasa ne ha combinata un'altra delle sue.
Tra le altre cose, infatti, il progetto prevede contratti collettivi regionali, ma, soprattutto, salari più bassi per i lavoratori siciliani rispetto a quelli del resto del Paese. Il tutto con i contributi della Regione, ponendo ancora una volta la politica, quella con la p minuscola, come intermediario tra i lavoratori e le imprese, con buona pace dei sindacati.

Insomma, invece di incentivare le assunzioni si incentiva lo sfruttamento, ed i diritti dei lavorsatori, le battaglie del passato, le conquiste degli anni novanta ( appunto l'abolizione delle gabbie salariali) finiscono in un tritacarne in nome del lavoro.
Le condizioni difficili dei lavoratori precari e dei disoccupati in questa terra rendono fertile il terreno per questo tipo di proposte: quando manca il pane e te ne lanciano un pezzetto, non stai certo lì a guardare se è fresco o meno, mangi quello che arriva.
Siamo nel 2006 e sembra di tornare indietro al 1800. Già, perchè il mercato del lavoro ha ormai preso una strada, tutta in discesa, verso l'appiattimento sulle regole neoliberiste:criticano la Cina ma ci vogliono ridurre tutti come i lavoratori cinesi.
D'altra parte li vediamo tutti i nostri grandi industriali con le fabbriche in oriente, i soldi alle Caiman, i figli negli Sates, farci ogni giorno la morale sul valore del made in Italy, su quanto poco si aiutino le imprese, su quanto costa il lavoro, mentre il potere d'acquisto dei salari è pari allo zero, ed i loro stipendi lievitano del 100-150 a volte anche del 300%.

Allora, per risollevare le sorti dei tanti giovani e meno giovani, dei lavoratori salariati, dei precari, non si devono operare modifiche alla legge 30. Bisogna cancellare quel mostro legislativo e ricominciare da capo, con una riforma del lavoro che metta al centro la giustizia sociale, i diritti del lavoratore, gli individui. Si smetta di considerarli numeri, risorse umane, o peggio, semplicemente consumatori che bisogna solo rimettere in grado di acquistare.
Il lavoro deve trovare di nuovo una sua dignità. Mentre tutti danno per morta da 20 anni la lotta di classe la società si sta nuovamente dividendo in troppi strati. E, rischiando di usare termini ormai arcaici, possiamo affermare che ormai esiste una condizione di sottoproletariato, di povertà, di insicurezza, di precarietà come condizione di vita, non soltanto di lavoro, che rischia di alimentare negli anni uno scontro sociale di proporzioni mai viste.
In Francia é successo quello che sappiamo per molto meno.Gli italiani sonnecchiano ancora, ma prima o poi il problema verrà a galla.

Se tra qualche anno vedremo periferie come lo Zen di Palermo andare in fiamme, se vedremo i suoi abitanti invadere il centro lanciando pietre, dando fuoco ai cassonetti, ribaltando le auto della polizia non ci sarà da stupirsi.
Anzi, la cosa assurda è che non sia ancora successo. Perché il degrado, la povertà, l'umiliazione scatenano gli istinti primordiali dell'uomo.E la precarietà porta degrado povertà e umiliazione.
E questa riforma in salsa siciliana va in una sola direzione e lancia il solito messaggio: in Sicilia bisogna accontentarsi e ringraziare. Soprattutto ringraziare.

27.10.06

Precari della ricerca: un venerdì da leoni

Un venerdì da leoni
giovedì 26 ottobre 2006

L'agenda di venerdì 27 ottobre è piena, per i precari dell'università. La mattina , alle 11 al Dip. di Chimica della Sapienza, sindacati confederali e associazioni dei docenti hanno convocato un'assemblea nazionale per parlare (male) della finanziaria e delle sue ricadute sull'università. Alle tre del pomeriggio , all'auditorium della CGIL a v. Rieti, l'assemblea la convoca lo stesso ministro Mussi, che in questi giorni ha promesso le dimissioni (per la terza volta da luglio...)

C'è un rischio: rettori, sindacati e lo stesso ministro potrebbero apparire di nuovo come strenui ed esclusivi difensori dell'Università. Certo, la loro credibilità non è elevatissima: i sindacati si svegliano una volta l'anno per grandi parate in Aula Magna, ma poi tollerano che il lavoro nell'università sia sempre più precario, e che addirittura proliferi il lavoro nero: migliaia di docenti a contratto, infatti, devono ancora firmare il contratto per l'attività svolta (in nero) uno o due anni fa. Rettori e docenti monopolizzarono la mobilitazione anti-Moratti l'anno scorso, ma poi nessuno si dimise come promesso, nessuno di loro ha più parlato di abrogazione di quella riforma, né i precari dell'università hanno ricevuto maggiore rispetto. Ugualmente il ministro, che né si è dimesso quando lo ha minacciato, né ha mai pronunciato la parola "abrogazione", nonostante le promesse elettorali.

Molti studenti e molti precari cercheranno di impedire che, anche questa volta, siano i soliti sepolcri imbiancati a parlare di "riforma dell'università" o di altre amenità. Molti andranno sia all'assemblea del mattino sia a quella del pomeriggio per raccontare i reali problemi e le reali esigenzedell'università e per evitare che si ripeta il solo gioco delle parti tra sindacati, docenti e ministri, tutti così "amici".

Gli appuntamenti di venerdi 27 ottobre:

ore 11, aula Ginestra (Dip.to di Chimica dell'Università "La Sapienza" ): Assemblea Nazionale dei docenti e degli studenti dell'Università

ore 15, auditorium di v. Rieti 13: "Ricerca e Università: come migliorare la finanziaria" alla presenza del ministro Fabio Mussi

Lavoratori precari con poche prospettive di carriera. Indagine Ires-Cgil

26/10/2006 - 16:57

Due collaboratori su tre lavorano nella stessa azienda da oltre due anni, hanno orari settimanali «lunghi» ma sono scoraggiati sulla possibilità di fare carriera restando nella stessa impresa: in una ricerca sul lavoro parasubordinato in Italia commissionata dal Nidil-Cgil e realizzata dall'Ires emerge un quadro di precarietà e scarse prospettive.

Dalle 560 interviste ai lavoratori cosiddetti atipici emerge una situazione prevalente di dipendenza, almeno economica, dal proprio committente visto che le persone che lavorano per una sola azienda sono l'80% del campione. La maggior parte lavora all'interno dell'impresa, per lo più con una presenza quotidiana, con un orario di lavoro fisso e con margini di autonomia decisionale scarsi (solo il 26,3% del campione dichiara di averne mentre il 40,3% ha margini di scelta solo operativi, il 18,4% lavora in completa autonomia e il 15,1% dichiara di non avere nessuna autonomia).

Il 50% del campione lavora più di 38 ore a settimana. Il 31% del totale prende meno di 800 euro al mese e se si aggiungono a questi il 26% che guadagna tra 800 e 1.000 euro si vede che oltre la metà dei collaboratori sta stabilmente sotto i 1.000 euro al mese. Tra i lavoratori part time, spiega la ricerca, spesso ci sono i lavoratori come quelli delle pulizie, del commercio e dei call center dove l'orario ridotto più che scelto è imposto dal mercato. L'indagine dell'Ires sottolinea come i collaboratori intervistati siano per lo più trentenni che svolgono da tempo la loro professione. Solo il 34,6% del campione lavora nella stessa azienda da meno di un anno mentre il 65,4% lavora nello stesso posto da più di due anni (il 31,9% da più di quattro).

Spesso questi lavoratori hanno a che fare con più rinnovi contrattuali e circa la metà degli intervistati ha dichiarato di essere alla ricerca di un nuovo lavoro mentre solo una piccola parte è convinta di avere prospettive di carriera nell'azienda attuale. Solo il 17% del campione pensa di avere buone prospettive nell'attuale luogo di lavoro mentre il 44,3% ritiene di avere buone prospettive ma solo cambiando azienda. Il 38,7% è totalmente scoraggiato e non pensa di avere nessuna possibilità di carriera. Questa sfiducia è abbastanza indipendente dal livello di istruzione: il 39% degli intervistati con la laurea ha dichiarato di pensare di non avere alcuna prospettiva di carriera. La percentuale scende al 27,6% solo con la specializzazione post laurea. Solo il 15% del campione si considera un libero professionista vero e proprio, mentre il resto degli intervistati pensa che il proprio lavoro sia da considerare a tutti gli effetti lavoro dipendente. L'atteggiamento prevalente è quello di chi vorrebbe prima di ogni altra cosa essere assunto anche a costo di rinunciare a ogni aspetto della condizione attuale (37%). Dall'altra parte c'è il 28% degli intervistati che non cambierebbe professione pur di essere assunto. Infine la maggioranza dei collaboratori non scambierebbe la temporaneità del rapporto di lavoro con salari più alti: il 66% infatti dichiara di aspirare prima di tutto a una maggiore sicurezza per il futuro (il 70% tra le donne, il 76% tra chi ha più di 35 anni).

2006 - redattore: VC

26.10.06

Nidil: 1 precario su 2 guadagna meno di 1000 euro

LAVORO: NIDIL-CGIL, 1 SU 2 PRECARI GUADAGNA MENO DI MILLE EURO
(AGI) - Roma, 26 ott. - Si sentono dipendenti ma non lo sono, guadagnano meno di mille euro al mese - almeno nel 50% dei casi - e non hanno figli. E' questo l'identikit dei lavoratori atipici italiani tracciato da un'indagine della Nidil - Cgil.
Un esercito, quello dei parasubordinati, di 1.475.111 persone, cifra che si ricava dal numero degli iscritti nel 2005 alla gestione separata dell'Inps, cui vanno aggiunti 209.960 lavoratori con partita Iva individuale. Secondo i risultati dell'indagine il 90% degli atipici ha un unico committente, e l'85% si "sente" lavoratore dipendente. L'eta' media e' pari a 41,2 anni ma le donne sono piu' giovani, 37,4 anni contro i 44 degli uomini).
Se poi si va a guardare al portafoglio, secondo la Nidil " i livelli di reddito dei collaboratori sono generalmente molto bassi - soprattutto al sud - nonostante l'elevata qualificazione professionale, i titoli di studio e gli orari di lavoro lunghi. Ben il 31% degli intervistati guadagna infatti meno di 800 euro netti al mese. Se a questi si aggiunge il 26% di coloro che hanno una retribuzione mensile tra gli 800 e i 1.000 euro, si arriva a dire che un collaboratore su due guadagna meno di 1.000 euro al mese, spesso lavorando anche piu' di 38 ore a settimana". Anche con competenze e cultura di livello alto le cosa non migliorano: "anche tra chi svolge le professioni piu' qualificate - spiega l'indagine - in ambito scientifico circa il 52% guadagna tra gli 800 e i 1.200 euro al mese".
"L'indagine per interviste - spiega Filomena Trizio, segretaria nazionale Nidil-Cgil - racconta di un mondo dove la caratteristica dominante (80%) e' la dipendenza economica dall'unico committente e in cui ci si 'sente' (85%) lavoratori dipendenti accomunato, pur nei diversi livelli di professionalita', dal basso rendimento economico (1 su 2 guadagna meno di 1.000 Euro) specie fra le donne. Un mondo - prosegue la Trizio - fatto di lavoratori privi di diritti elementari; un mondo che perde, con il passare del tempo, la fiducia in se' e nella possibilita' di migliorare: forse anche per questo un mondo senza figli (82%)". (AGI) -
261721 OTT 06

Napolitano incontra gli studenti "Il Parlamento si occupi dei precari"

Dal Politecnico di Torino il capo dello Stato richiama l'attenzione
sul disagio degli atenei dopo i tagli previsti dalla Finanziaria

TORINO - Il capo dello Stato richiama l'attenzione del Parlamento sul problema del precariato tra i giovani. L'intervento del presidente della Repubblica arriva nel momento in cui dal mondo della scuola si leva un coro di proteste per i tagli inseriti nella Finanziaria. Giorgio Napolitano è intervenuto questa mattina all'inaugurazione dell'anno accademico al Politecnico di Torino e quando è uscito ha trovato ad attenderlo un gruppo di precari che protestava per i tagli delle spese.
Il capo dello Stato ha ricevuto un rappresentante dei manifestanti e poi ha detto: "E' un problema molto serio. Mi auguro possa essere affrontato nella sede giusta, cioè in Parlamento".

Poco prima era stato il rettore di Torino, nel discorso inaugurale, a chiedere al capo dello Stato di farsi portavoce del disagio nelle università e "contribuire a rappresentare la gravità di una crisi che minaccia i pilastri su cui si fonda il progetto di rilancio del nostro paese: il sistema formativo ed il sistema della ricerca".

Nei giorni scorsi sono state inviate al presidente del Consiglio, Romano Prodi e al ministro dell'Università e della Ricerca, Fabio Mussi, due petizioni firmate da oltre 4mila docenti che chiedono al governo di modificare quegli articoli della Finanziaria che prevedono un taglio alle risorse per la ricerca e l'università e che decurtano gli stipendi di ricercatori, associati e ordinari, rimandando a un secondo tempo i provvedimenti di riforma del settore. Restano confermati inoltre per il 17 novembre lo sciopero del personale dell'università e il 20 novembre del comparto della ricerca, con due manifestazioni davanti a Parlamento e Palazzo Chigi.
Un altro fronte aperto è quello della minaccia di dimissioni del ministro Mussi, che ha manifestanto l'intenzione di dimettersi se il governo non rivedrà il programma di tagli.

[...]
(26 ottobre 2006)

San Giuliano: Oggi manifestanti in piazza Italia

Un piccolo tentativo di vertenza locale sulla precarietà di vita.
A dimostrazione che privatizzazione dei beni comuni e precarietà sono due facce della stessa medaglia; che chiedere l'assunzione senza ricercare soluzioni comuni (reddito di cittadinanza o quant'altro)al di là delle singole condizioni di lavoro significa ancora una volta condannarci a lavorare e pre alla misera cifra di 1000 euro al mese.

Vuoi vedere che... rifondazione predica bene e razzola male anche nei governi locali anche quando si tratta di infortunio, licenziamento, privatizzazioni e precarietà? Stasera, dopo la manifestazione, in consiglio comunale avremo la risposta.

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[Da "Il Cittadino" del 26/10/06]

San Giuliano
Oggi manifestanti in piazza Italia
Il sostegno dei sindacati ai 5 dipendenti di Genia

I 5 lavoratori aderenti ai Cobas sollecitano in coro col gruppo di Eterotopia, a cui si sono sommati altri alleati, il rinnovo del contratto ai dipendenti Manpower da parte della società di servizi Genia. In particolare le istanze manifestate nel corso di un presidio in piazza Italia hanno ricevuto il sostegno da un elenco di una decina di Rsu di aziende locali legate rispettivamente a Cgil, Cisl e Cobas. Nella giornata di ieri è stata infatti diramata una nota in cui i referenti sindacali affermano: «Ci appelliamo al consiglio comunale di San Giuliano Milanese affinché la qualità del servizio offerto ai cittadini venga garantito al meglio, senza tagli alle attività, al personale e senza aumenti indiscriminati delle tariffe». Proprio al fine di portare alta questa richiesta, oggi alle 18.30 è prevista una manifestazione che partirà da piazza Italia. Intanto i 5 netturbini in protesta arrivano a lanciare l’iniziativa di un servizio di igiene ambientale autogestito. «Ci opponiamo a tutto questo - dicono - e proponiamo che il servizio di raccolta rifiuti sia nelle mani della collettività, con una gestione totalmente pubblica, sotto il controllo diretto dei cittadini in collaborazione con i netturbini». Mentre un’altra nota stampa è uscita dal centro sociale Eterotopia in cui viene affermato: «A tutti è negato un reddito che garantisca una vita dignitosa, che non ci costringa a competere e ad accettare qualsiasi condizione di lavoro pur di avere di che vivere. Per tutti è sempre più difficile accedere ai servizi sociali, la cui qualità va oltre tutto peggiorando». Con lo slogan “nemici della precarietà, amici della città”, lanciano la sfida: «Perché non rivendicare, per tutti, un reddito che ci restituisca tempo per occuparci della città e non solo dei soldi?». Con i fermi obiettivi annunciati, oggi pomeriggio i manifestanti copriranno il tragitto da piazza Italia fino al comune, in attesa del dibattito sulla mozione presentata dai gruppi “Muoversi insieme” e “Verdi Sinistra di San Giuliano” tesa a portare la vicenda sui banchi del consiglio comunale.

per ulteriori info: www.eterotopia.org